Economia e Lavoro

Anche in Italia è boom di fughe dal posto fisso, Great Resignation per 2 milioni e 45mila persone

Lo chiamano grandi dimissioni, in inglese Great Resignation. È un fenomeno nuovo, registrato negli Stati Uniti dopo la pandemia, che consiste in un aumento anomalo di dipendenti che decidono volontariamente di licenziarsi. Una tendenza iniziata oltreoceano nella primavera 2021, che adesso è arrivata anche in Italia anche se in misura ridotta. Secondo i dati di uno studio della School of management del Politecnico di Milano, 25 milioni di persone nel mondo negli ultimi sei mesi del 2021 hanno deciso di lasciare il posto, 4,5 solo a novembre scorso.

In Italia, stando alle rilevazioni del ministero del Lavoro (sistema informativo statistico delle comunicazioni obbligatorie) le cessazioni richieste dal lavoratore sono state 2 milioni 45mila nel 2021, contro il milione e mezzo registrato dell’anno precedente, con un incremento del 30,6 per cento (più 479 mila), una cifra che ha rappresentato il 19,3 per cento di tutti i rapporti di lavoro interrotti. Più uomini (35,1 per cento) che donne (24,6 per cento). Dati che si riferiscono naturalmente ai contratti a tempo indeterminato, quelli che senza le dimissioni del lavoratore avrebbero potuto tranquillamente proseguire. In cima alla classifica delle regioni, Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna.

Alcuni hanno letto questi numeri come una risposta ai mesi di pandemia, altri teorizzano un mutamento sostanziale e ormai inarrestabile dei paradigmi lavorativi. Una fuga dal posto fisso che non rappresenta più il grande sogno, per cercare un’occupazione più appagante e con maggiori soddisfazioni. Siamo a una svolta epocale? “Il fenomeno non ha un’unica lettura, ma credo che gli effetti della pandemia abbiano determinato modifiche nelle aspettative e nelle scelte di vita: una parte di quelle dimissioni è anche figlio della volontà di provare a cambiare percorsi – spiega Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil -. C’è stato un fattore smart working, di ritorno a una dimensione territoriale. Non a caso una parte delle persone rientrate al Sud per il lockdown oggi non hanno intenzione di tornare e non vogliono dare continuità al progetto migratorio, per una valutazione del bilanciamento tra costi e benefici delle proprie condizioni anche economiche. A leggere bene i dati e le interpretazioni, comunque, si tratta di un fenomeno che accompagna di più chi ha già prospettive di ulteriore occupazione o nuovi dì progetti di vita, e quindi livelli di sicurezza e buone condizioni di spendibilità sul mercato”. “Le grandi dimissioni fotografano una condizione del nostro sistema produttivo che tendenzialmente è meno capace di altri Paesi di investire nell’innovazione e nelle competenze – conclude la segretaria Cgil Scacchetti -. Abbiamo lavoratori molto specializzati ma sottoinquadrati rispetto alle attività che svolgono. E dimensioni di carriera dove vivono di altri principi, come l’anzianità e i rapporti informali. In altre parole, non si investe in modo coerente sulle professionalità del lavoratore e sul lavoro di qualità”.

Tratto da Collettiva.it

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