Esteri

Anche la seconda Fregata Frem parte con destinazione Egitto

Amnesty International e Rete Pace Disarmo: “Nessun cambio di rotta sui diritti umani: si continua a sostenere il presidente al-Sisi fornendogli armamenti”

La seconda fregata multimissione Fremm, facente parte dell’accordo di vendita per due navi militari perfezionato durante il 2020, sta partendo alla volta dell’Egitto. Secondo indiscrezioni raccolte da Amnesty International la nave, il cui nome è stato mutato in Bernees e con il numero di immatricolazione egiziano 1003, dovrebbe completare  l’imbarco degli armamenti. 

In programma invece il momento finale della consegna alle forze armate di al-Sisi dopo la cerimonia di cambio bandiera avvenuta in queste ultime ore: la nave era, infatti, inizialmente destinata alla Marina Militare italiana con il nome “Emilio Bianchi” assegnato al varo del gennaio 2020. Da circa metà febbraio dai cantieri navali presso La Spezia sono state eseguite diverse uscite in mare di collaudo finale e soprattutto di addestramento per l’equipaggio della Marina Militare egiziana.

Tuttavia, rileva Amnesty, la notizia conferma  come non ci sia stato alcun cambio di rotta rispetto alle decisioni dello scorso anno e che anche il Governo Draghi, cui è in capo la responsabilità dell’autorizzazione finale alla consegna, dopo la concessione della licenza di vendita nel 2020 da parte del Governo Conte, ha deciso di continuare a sostenere il regime egiziano con forniture militari. 

Una scelta che Amnesty International Italia e Rete Italiana Pace e Disarmo continuano a condannare e a considerare non solo inaccettabile e insensata, ma anche contraria alle norme nazionali ed internazionali sul commercio di armi che l’Italia ha sottoscritto e che dovrebbe rispettare.

“La vendita di queste navi configura una serie di problemi e violazioni che le nostre organizzazioni hanno segnalato da tempo – sottolinea Francesco Vignarca coordinatore delle campagne di RiPD – cui nelle ultime settimane si è aggiunta anche l’evidenza di una perdita economica non indifferente, al contrario di quanto sostenuto da diversi esponenti politici come giustificazione dell’accordo”. La coppia di navi è infatti costata allo Stato italiano – che ora attende i rimpiazzi – circa 1,2 miliardi di euro compresi gli interessi pagati sui mutui, ma secondo notizie di stampa l’accordo di rivendita avrebbe un valore di soli 990 milioni di euro, senza contare i costi di smantellamento dei sistemi di standard NATO già installati.

Le due organizzazioni ricordano che la legge 185 del 1990 prescrive il divieto ad esportare armamenti “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere” (art. 1.6.).

AGC GreenCom

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