Economia e Lavoro

Banca d’Italia: “Le imprese italiane sono ancora vulnerabili. Le misure di sostegno ancora necessarie”

Le imprese italiane sono più vulnerabili a causa della pandemia ed è quindi necessario mantenere ancora le misure di sostegno. Lo sostiene la Banca d’Italia nel rapporto sulla stabilità finanziaria, secondo cui “i riflessi della crisi pandemica sulla redditività e sull’indebitamento delle imprese sono ampi, nonostante le misure di politica economica adottate e le favorevoli condizioni di accesso al credito, e molto eterogenei tra settori di attività”.  “I rischi – sottolinea Palazzo Koch – derivanti da un aumento della vulnerabilità delle imprese, in particolare nei comparti più colpiti dalla pandemia, restano elevati, ma possono essere attenuati dalla ripresa dell’economia e dalle politiche monetaria e di bilancio”.  Le misure “di sostegno della liquidità e dell’accesso al credito sono ancora necessarie: un’uscita prematura potrebbe accrescere le difficoltà delle imprese che hanno buone possibilità di rilancio. In prospettiva una graduale e mirata rimodulazione degli interventi potrà consentire di minimizzare i rischi per la stabilità finanziaria”.  L’andamento della vulnerabilità delle imprese “dipenderà soprattutto dall’evoluzione del quadro economico: le proiezioni del modello di microsimulazione della Banca d’Italia indicano che, in uno scenario di base coerente con la ripresa nella seconda parte del 2021 incorporata nelle più recenti previsioni macroeconomiche, la quota di debito detenuto dalle imprese vulnerabili si ridurrebbe al 27% alla fine dell’anno; la fragilità rimarrebbe più elevata nel settore delle costruzioni”.  “Nel caso – aggiunge Via Nazionale – di andamenti sfavorevoli della redditività rispetto allo scenario base, il debito a rischio salirebbe al 28% del totale. In uno scenario particolarmente avverso, caratterizzato da variazioni della redditività e del costo del debito molto negative e in assenza di ulteriori misure di sostegno, la quota si porterebbe al 32%, un valore comunque nettamente inferiore rispetto a quello raggiunto nelle precedenti crisi (2008-09 e 2011-12)”.

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