Economia e Lavoro

Confindustria, rischio stagnazione per l’economia italiana

 

Crollo dei consumi e pandemia hanno prodotto 127 miliardi di extra-risparmio per le famiglie

 Aumenta il rischio di una stagnazione per l’economia italiana: il prezzo del gas sta di nuovo salendo e il caro-energia accresce i costi ormai da 12 mesi, mitigato, solo in parte, dagli interventi del Governo; l’inflazione ai massimi e persistente frenerà i consumi; il rialzo dei tassi si sta accentuando e zavorra i bilanci. Gli indicatori sono al ribasso, anche riguardo la domanda; il turismo, esaurito il rimbalzo, potrebbe spingere meno in inverno, come già le costruzioni in estate. E’ quanto indica il Centro studi di Confindustria, evidenziando tra l’altro come a pesare siano l’incertezza sulle prospettive e il caro-energia, che potrebbe assorbire ulteriore extra-risparmio, riducendo l’impulso sui consumi e “accelerando” la stagnazione. Va detto anche, sempre secondo i dati di Confindustria, che il crollo dei consumi dal 2020, forzato dalle restrizioni anti-Covid, ha generato un aumento “senza precedenti” del risparmio delle famiglie. Tra il primo trimestre 2020 e il secondo trimestre 2022 si calcola un ammontare di extra-risparmio accumulato in Italia di circa 126 miliardi di euro (7% del Pil).

Balzo dei tassi. Si è impennato in ottobre il costo del credito per le imprese italiane: 3,14% per le PMI da 1,74% a inizio 2022, 2,19% per le grandi da 0,76%. Questo aggravio di costi inciderà negativamente sugli investimenti. Il BTP, che era in flessione da metà ottobre (3,49% a dicembre, da un picco di 4,69%), è risalito a 4,06% a seguito del rialzo dei tassi deciso dalla BCE il 15 dicembre (a 2,50%). L’industria accusa il colpo. La produzione ha subito un secondo marcato calo in ottobre (-1,0%, dopo il -1,7% a settembre). Hanno tenuto solo i beni strumentali, mentre hanno ceduto gli altri settori. Il 4° trimestre si apre, quindi, con una variazione acquisita molto negativa (-1,5%), più pesante di quella del 3° (-0,5%), come segnalavano da alcuni mesi i dati qualitativi: gli ordini in progressivo calo e le scorte in rapido aumento suggerivano che le imprese avrebbero dovuto correggere al ribasso il livello di produzione (ma a breve è atteso un rimbalzo); inoltre, il PMI a novembre, pur recuperando, è rimasto in area di contrazione (48,4 da 46,5) e la fiducia delle imprese è risalita ma è ancora compressa. Costruzioni in calo. La flessione nel 3° trimestre è stata forte: -1,3% gli investimenti, -2,2% la produzione. Il settore veniva da 6 trimestri di forte espansione. In prospettiva, le indagini Banca d’Italia segnalano il proseguire di una fase di debolezza, sia in termini di domanda che di contesto economico. Tengono i servizi. Il recupero estivo del turismo e della spesa per servizi (+3,1%) è stato cruciale per il settore, unico in crescita nel 3° trimestre (+0,9%). Per il 4°, i segnali sono in miglioramento: a novembre il PMI è risalito vicino alla soglia neutrale (49,5 da 46,4), la fiducia delle imprese di servizi ha recuperato un po’ di terreno, i volumi di veicoli sulle autostrade sono poco sotto i valori del 2019 (-0,2%). Gli occupati crescono. I dati mostrano il proseguire dell’espansione dell’occupazione in Italia nel bimestre settembre-ottobre (+0,3% su luglio-agosto, +79 mila unità). Occupati in moderato aumento pure nell’industria, in ottobre (dati delle comunicazioni obbligatorie) e in novembre (secondo il PMI). Export altalenante. L’export italiano apre male il 4° trimestre: -1,6% in ottobre (dopo +1,6% a settembre). Si osservano ampie differenze tra settori e paesi di destinazione: in robusta espansione il farmaceutico, in risalita i mezzi di trasporto, più deboli i macchinari; fanno da traino le vendite negli USA e in Turchia, fiacche quelle in Cina e soprattutto in Giappone. Si consolidano i segnali negativi provenienti dagli ordini manifatturieri esteri in novembre, per la debolezza della domanda globale e l’incertezza geoeconomica. Il commercio mondiale è ancora in crescita nel 3° trimestre, ma indicazioni negative per il 4° vengono dal PMI globale ordini esteri (46,2 in ottobre e novembre) e dall’indice di movimentazione portuale di container (netto calo a ottobre): pesano i rialzi dei costi, specie energetici. Gas in rialzo. Il prezzo del gas in Europa torna a crescere a dicembre (137 euro/mwh in media, da 96 a novembre); le difficili trattative UE su un price cap, proposto a un livello ancora più alto, non aiutano. Il petrolio invece ha registrato una flessione marcata a dicembre, a 81 dollari al barile (da 91), sulla scia di un mercato mondiale ben rifornito. La flessione delle commodity non energetiche sembra essersi fermata (+0,7% a novembre), sui livelli elevati toccati nel 2021 (+37% da fine 2019). Eurozona: industria in flessione. La fiducia, che era in calo da 8 mesi, è leggermente migliorata a novembre (93,7 da 92,7; indicatore ESI); tuttavia, il tenue aumento non si è esteso all’industria (-2,0 da   -1,2), segnalando un indebolimento delle prospettive. Anche il PMI composito diminuisce a novembre (47,3 da 47,8), soprattutto per la flessione nel manifatturiero (46,4 da 47,1); tengono invece i servizi (48,6 da 48,5). La debolezza nell’industria è riflessa anche nei dati sulla produzione: in ottobre la variazione acquisita per il 4° trimestre è di -0,3% in Germania, -0,5% in Spagna, -2,3% in Francia. USA: crescita lenta. La FED, che ha alzato ancora i tassi a fine anno (a 4,5%), ha rivisto poco al rialzo le previsioni di crescita sul PIL nel 2022 (+0,5% da +0,2%) e molto al ribasso nel 2023 (+0,5% da +1,2%). I segnali per l’economia a novembre sono stati deboli: la produzione industriale è scesa dello 0,2% e il crollo inatteso dell’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (37,2 da 45,2) ha anticipato il calo sotto la soglia neutrale anche degli indici PMI e ISM manifatturieri. Le vendite al dettaglio sono diminuite di 0,6%, ma l’aumento della fiducia dei consumatori a dicembre sembra anticipare un rafforzamento.

 

 

Crescita, per l’Italia un 2022 da boom economico. Doppiate Francia e Germania

 

 

 

Ci apprestiamo a chiudere un 2022 da record. Nonostante la crescita dell’inflazione, il caro energia e il boom dei prezzi delle materie prime abbiano creato non pochi problemi a famiglie e imprese, negli ultimi 12 mesi (terzo trimestre 2022 su terzo trimestre 2021), la crescita economica italiana è stata doppia rispetto a quella registrata dai nostri principali competitors commerciali presenti nell’area dell’euro. Se nel nostro Paese, infatti, il Pil è aumentato del 2,6 per cento, in Germania è cresciuto della metà (+1,3 per cento) e in Francia in misura ancora inferiore (+ 1 per cento).  Sempre nello stesso periodo, la media dell’Area Euro-19 si è salita del 2,3 per cento. Insomma, quest’anno abbiamo “sbaragliato” tutti, dimostrando di esserci lasciati alle spalle con successo la crisi pandemica. Certo, il 2023 sarà un anno difficile: su tutta Europa, infatti, soffiano venti di crisi molto preoccupanti. Tuttavia, con una economia che in questi ultimi due anni si è decisamente rafforzata, dovremmo avere meno problemi degli altri a fronteggiare questo nuovo scenario avverso. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.

  • Nel post Covid non abbiamo rivali
    Sebbene gli effetti economici provocati nel 2020 dalla pandemia siano stati più negativi da noi (-9 per cento del Pil) che a Berlino (-3,7 per cento) e a Parigi (-7,8 per cento), anche allargando l’arco temporale di osservazione (terzo trimestre 2020 su terzo trimestre 2022), lo score del nostro Paese è stato superiore a quello dei nostri competitori. Se in Italia il Pil è aumentato del 7,5 per cento, in Francia l’incremento è stato del 4,6 per cento e in Germania del 3,2 per cento. Nell’Area Euro- 19, invece, ha toccato il 6,3 per cento.
  • Servizi e industria trainano la ripresa
    Ricordando che fatto 100 il Pil italiano il 73 per cento è riconducibile ai servizi (Pubblica amministrazione, commercio, turismo, servizi alle imprese e alle persone, etc.), il 20 per cento all’industria, il 5 per cento alle costruzioni e il 2 per cento al settore primario (agricoltura, pesca, etc.), nei primi 9 mesi di quest’anno la ricchezza nazionale è aumentata del 4,4 per cento. I maggiori contributi alla crescita sono da ascrivere, in particolar modo, ai comparti più significativi della nostra economia. Sebbene i dati siano in parte “condizionati” dall’incremento dei prezzi, nei primi nove mesi del 2022 il fatturato dei servizi è salito del 15,3 per cento e quello dell’industria del 19,4 per cento, mentre la produzione nelle costruzioni è aumentata del 14,1 per cento
  • Boom di fatturato per trasporti aerei e agenzie viaggi Dall’analisi dei sotto settori emerge che nei servizi il fatturato 2022 su quello del 2021 del trasporto aereo e delle agenzie di viaggio-tour operator è più che raddoppiato. Nel primo caso, l’incremento è stato del 102,8 per cento, nel secondo caso addirittura del 123,2 per cento, ma nonostante questi saggi di crescita, questi due comparti scontano ancora un gap sensibile rispetto ai livelli pre-Covid (Tab. 2). Nel settore manifatturiero, infine, spiccano i risultati dell’incremento della produzione dei prodotti tecnologici (+7,4 per cento), quelli petroliferi (+8,4 cento), quelli farmaceutici (+8,7 per cento) e quelli del tessile- abbigliamento (+9 per cento)

Related posts

Commercio, calano esportazioni made in Italy in Gran Bretagna

Redazione Ore 12

Aumentano gli occupati (+0,2%-46mila unità) a febbraio. Il report di Istat

Redazione Ore 12

Costruzioni, Istat: “Ad agosto produzione al +2,1%, su base annua -0,33%”

Redazione Ore 12