La guerra di Putin

Conflitto Russo-Ucraino, quale è la vera strategia dell’Occidente? 

di Giuliano Longo

 

“È difficile credere al clamore che i potenziali dispiegamenti di carri armati German Leopard e U.S. Abrams hanno scatenato nei media occidentali”è l’opinione di 19fortyfive autorevole pubblicazione di geopolitica militare ma che serpeggia anche nello stato maggiore USA.

Ogni esperto giocatore di guerra sembra desideroso di vendere le nuove armi offerte all’Ucraina come soluzioni miracolose, tuttavia la guerra non è un gioco, non solo per il sangue che scorre e le devastazioni, ma anche perché, sottolinea la rivista  “le battaglie si combattono a livello tattico e operativo, ma le guerre si vincono e si perdono a livello strategico”.

Come ha osservato una volta il grande generale teorico della guerra Carl von Clausewitz nei primi decenni dell’800 “Nessuno inizia una guerra o meglio, nessuno dovrebbe farla senza prima avere chiaro nella sua mente cosa intende ottenere con la guerra e come intende condurla.”

In effetti, ogni pianificatore di guerra deve sapere cosa si può ottenere con quali mezzi, un principio che vale per tutte le parti in conflitto.

Se l’obiettivo della Russia è occupare, detenere e integrare nella Federazione  la regione del Donbass e la Crimea per scopi di sicurezza nazionale, i suoi mezzi potrebbero in definitiva essere sufficienti, soprattutto date le linee di comunicazione relativamente gestibili di cui dispone .

Per l’Ucraina, la riconquista dei territori perduti rappresenta una sfida considerando la sua vasta, ma eterogenea gamma di moderne armi occidentali di cui dispone, che le  potrebbe consentire la riconquista di alcuni territori, ma l’intera infrastruttura dell’Ucraina è a rischio a causa delle armi a lungo raggio russe  fintanto che la guerra continua.

Se poi l’Ucraina dovesse rispondere con attacchi missilistici a lungo raggio, ben  all’interno dei confini fra i due paesi sullo stesso territorio russo come minacciato da Kiev, le porte si aprirebbero per una guerra oltre la sua attuale natura ibrida e diventerebbe possibile uno scontro militare diretto tra Russia e NATO, con evidenti ripercussioni mondiali . Sebbene l’Occidente prometta il pieno supporto logistico “finché sarà necessario”, un’analisi dal punto di vista strategico dovrebbe chiedersi cosa significhi veramente questa decisione.

Fra gli analisti sorge allora il seguente quesito: per quanto tempo gli Stati Uniti e la NATO possono sostenere una guerra del genere senza che essa influisca finanziariamente sul budget e i debiti nazionali di bilancio (che per l’Italia è un problema serissima vista la sua enorme esposizione debitoria). Inoltre quanto potrebbe durare il sostegno dell’opinione pubblica dei singoli Paesi occidentali?

19fortyfive osserva che le popolazioni dell’Occidente sono piuttosto volubili quando si tratta di accettare impegni di guerra a lungo termine che potrebbero portare al razionamento, alla perdita di ricchezza, al possibile ritorno della leva e alla prospettiva di perdite elevate.

Sicuramente l’America ha resistito piuttosto bene ai lunghi conflitti in Afghanistan e in Iraq, eppure lì i nemici erano nazioni impoverite del terzo mondo che avevano a disposizione solo risorse limitate.

L’autore dell’articolo, R.W Zimmermann è convinto che “la maggior parte degli americani oggi, bombardati da continui messaggi sulla crudeltà dei russi, sono ancora favorevoli a combattere la guerra in Ucraina fino all’ultimo ucraino. “Ma sarebbero disposti a mandare i propri figli e le proprie figlie a partecipare a quella lontana festa di sangue?”

A tale scopo non bisogna credere eccessivamente ai report sul numero delle vittime di entrambe le parti che pure son ormai decine di migliaia, né i leader occidentali dovrebbero lasciarsi ingannare dalle opinioni dei militari sulle capacità delle loro armi. Essere imparziali in queste valutazioni è estremamente difficile nelle nebbia della propaganda delle parti e sui rapporti di intelligence che per quanto accurati, non danno mai un quadro completo della situazione. Per l’Ucraina, il tallone d’Achille strategico non è la capacità del proprio esercito di combattere battaglie tattiche di successo. Hanno dimostrato di poterlo fare, per l’Ucraina il maggior fattore di rischio è una cultura disomogenea e una corruzione radicata.Il presidente Zelensky si trova attualmente di fronte a queste sfide e ha fatto ricorso a misure piuttosto drastiche licenziando leader chiave e confidenti mettendo  a tacere i media così come le autorità ecclesiastiche.

 

La Russia lo sa e nonostante i suoi problemi interni “sta prendendo di mira queste vulnerabilità strategiche, oltre a dissanguare l’esercito ucraino e le infrastrutture civili per provocare malcontento e disordini”.

Quindi, mentre la Russia sta combattendo una limitata guerra di logoramento per mantenere  territori conquistati, persegue anche l’obiettivo strategico di rovesciare il governo Zelensky. Lo sta facendo con vari mezzi proprio dall’interno dell’Ucraina invece di ricorrere a  rozzi tentativi di omicidio.

Mentre il conflitto si trascina, è necessario che i leader occidentali ricordino il principio di Clausewitz secondo cui “l’oggetto politico è l’obiettivo, la guerra è il mezzo per raggiungerlo e i mezzi non possono mai essere considerati separatamente dal loro scopo”. Applicando il criterio del generale prussiano l’Occidente è a un bivio: o crede davvero nella vittoria finale dell’Ucraina e alla successiva caduta di Putin, o, sotto sotto, non esclude un confronto diretto Mosca/Nato.

Invece nel caso Kiev vincesse e Putin rimanesse in sella cosa resterebbe dell’Ucraina? Kiev diventerebbe, come in parte lo è già di fatto, membro effettivo della Nato?

Soluzione questa che riporterebbe all’apertura di un conflitto ben più vasto con l’Occidente,dove la posta in gioco non sarebbero più i territori del Donbass e della Crimea, ma la stessa sopravvivenza della Russia con tutte le conseguenze che potete immaginare.

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