Esteri

Crisi del Sudan, scatta l’allerta rossa in Ciad

 

di Fabio Marco Fabbri

Uno dei maggiori timori della diplomazia internazionale circa la crisi che sta attraversando il Sudan, è quello che i difficili equilibri dei Paesi confinanti crollino. Così il Ciad, uno degliStati confinanti,sta osservando con estrema preoccupazione i “tumultisudanesi” e le grandi tensioni che dividono i due generali che si contendono il dominio del Paese. La diplomazia del Ciad ha operato, ufficialmente e non, anche dopo la deposizione del dittatore genocida (Darfur)Omar Al-Bashir. Ugualmente, nel periodo definito come di “transazione democratica”, 2019-2021 – guidato dal un “civile”Abdallah Hamdokche avrebbe dovuto condurre il Sudan verso una stabilizzazione politica grazie a ingenti finanziamenti esteri, e favorire il complessivo equilibrio dell’area centro-nord orientale africana -, il Presidente del CiadMahamat Idriss Débyha sempre fatto sentire la sua presenza in modo costruttivo ma anche vigile. Ricordo che il Ciad è sicuramente il più consapevole delle potenzialità destabilizzatrici del Sudan. Sia i sudanesi che i ciadiniricordano che Idriss Déby, al potere nella Repubblica del Ciaddal 1990 al 2021 e padre dell’attuale Capo dello Stato, Mahamat, era salito al governo dopo una aggressione armata partita dal Sudan. Anche le due incursioni con obiettivi eversivi, quella del 2006 e del 2008, che minacciarono la sua presidenza, avevano matrice ciadina. Inoltre le preoccupazioni del capo dello Stato del Ciad sono state aggravate dal golpe in Sudan dell’ottobre 2021. Da allora il “governo bicefalo sudanese” ha suscitato certezze di instabilità generalizzate. Ora l’esercito regolare, guidato dal generale Abdel Fattah Abdelrahman Al-Bourhane, e i paramilitari delle Forze di supporto rapido(Fsr) del generale Mohammed Hamdan Daglo, detto “Hemetti“, continuano a contendersi il potere. L’aggravamento della situazione si è verificato quando il generale golpista Al-Bourhane ha decretato lo scioglimento delle Fsr, che ora sono dichiarate una banda di “ribelli armati“. Ma dal suo account Twitter il generale Hemettiha chiesto alla comunità internazionale di sostenerlo contro il suo avversario, che disegna come un “islamista radicale che bombarda i civili dall’alto“. Tutto questo sta creando fibrillazione in tutte le comunità interstatali africane, come l’Ua, Unione Africanae l’Igad, Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo di cui il Sudan fa parte. Inoltre il Ciad dopo l’ultima aggressione dall’Estdel 2008 aveva reagito sostenendo la ribellione sudanese espressa dal Movimento per la giustizia e l’uguaglianza. Brevemente, per evitare una escalation di questa guerra per procura, i due regimi decisero, nel 2010, di regolarizzare le relazioni istituendo una forza mista composta da soldati ciadiani e sudanesi al fine di controllare il confine in comune, con il diritto di inseguimento da entrambe le parti. Destituito Omar Al-Bashir nel 2019 e morto Idriss Déby nell’aprile 2021 a seguito delle ferite riportate in un combattimento, i rispettivi eredi si sono impegnati a non riaccendere le ostilità passate. Su questa linea di equilibri diplomatici, vista la cronica crisi di potere tra Al-Bourhane e Hemetti e con l’obiettivo di mostrare una mediazione neutrale, Mahamat Déby il 29 gennaio ha ricevuto il generale Al-Bourhane, poi il 30 Hemetti. Il capo di Stato del Ciad domenica dall’Arabia Saudita, dove si trovava per un pellegrinaggio alla Mecca, ha esortato i due contendenti al dialogo. Lunedi il partito di governo ciadino denominato Movimento patriottico di salvezza,ha chiestoa Idriss Débyuna mediazione con lo scopo di portare i due generali a sedersi allo stesso tavolo, magari nella capitale del Ciad a N’Djamena. Una difficilemediazione quella delle autorità del Ciad, che non si schierano ufficialmente con nessuno dei due generali; ma un portavoce, con estrema prudenza, ha detto che: “Siamo dalla parte dell’istituzione ” non esternando sbilanciamenti netti verso Al-Bourhane. Una voce della presidenza ciadina ha precisato che nel caso il potere fosse preso da “un forza irregolare”, che sappiamo composta anche da un cospicuo numero di arabidel confine ciadiano-sudanese, “costituirebbe una minaccia per la nostra stabilità”.  Quindi i rischi per il Ciad sono le forze irregolari del Sudan, in quanto Hemettiha ereditato le spietate milizie Janjawid, che hanno sparso terrore nel Darfur.  Molti elementi delle Fsr ombreggiano tra i meandri del potere ciadiano ed hanno capillarizzato la loro presenza nel tessuto socio-economico del Ciad. Inoltre il generale Bichara Issa Djadallah, capo di Stato maggiore del Ciad e uomo ovviamente vicino a Déby, considerato poco affidabile, è cugino diretto di Hemetti il quale ha, contrariamente ad Al-Bourhane, numerosi legami parentali in Ciad.  Così in un clima di ambiguità e tradimenti sempre in atto -ricordo che l’Africa nell’ultimo mezzo secolo – fine della Seconda decolonizzazione -,ha “celebrato” oltre duecento Colpi di Stato. Leautorità ciadianetemono che se in Sudan dovesse prendere il potere Hemetti, si potrebbero verificare le condizioni per realizzare le ambizioni della numerosa comunità araba ciadianadi prendere, tramite un “normale” Colpo di Stato, il potere anche in Ciad a “firma Hemetti e a scapito della comunità Zaghawaal potere da oltre trent’anni e garantita dall’attuale Presidente. E visto che un Colpo di Stato tira l’altro, questa regione, cronicamente in bilico, esploderebbe. Ciò farebbe da sponda anche alla dilagante minaccia del jihadismoespresso dallo Stato islamico nel Grande Sahara, Isgs.

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