Cronaca

Dispersi del Velino, non si ferma la ricerca in alta quota. Il nemico ora è la nebbia

Ora ci si é messa anche la nebbia a rendere più difficili le operazioni di ricerca dei quattro escursionisti avezzanesi di cui non si hanno più notizie dal 24 gennaio. Come ieri, anche oggi sarà Impossibile per gli elicotteri sorvolare la montagna e per gli uomini del soccorso alpino salire fino a 1800 metri. Oltretutto il rischio valanghe é altissimo. Ma non ci si ferma.   

I soccorritori stanno dando un esempio di grande tenacia. Una prova superlativa di organizzazione e determinazione, malgrado alcuni imprevisti dovuti fondamentalmente al maltempo. Al campo base di Forme, a poca distanza dallo splendido sito archeologico di Alba Fucens e da Magliano de’ Marsi, i nervi sono ancora saldi. Eppure due settimane di ricerche a quelle quote e con quelle condizioni meteo avrebbero sfiaccato chiunque. In molti, tra i “montanari” della zona, credono che a questo punto sia meglio bloccare tutto, tornarsene a casa e aspettare il disgelo, in primavera.   

Non é però cinismo, é l’esperienza a farglielo dire. E mentre i riflettori dei Tg nazionali si sono accesi e spenti in un batter d’occhio, quelli dei mass media locali sono invece fissati ininterrotamente sul Velino. Ormai non ci si chiede nemmeno più se le ricerche sono indirizzate a trovare persone in vita o corpi avvolti dalla neve.  Nelle cronache giornalistiche di queste giornate convulse si ha pudore a scriverlo, nel rispetto dei famigliari e degli amici di Tonino Durante, Gian Mauro Frabotta, Valeria Mella e Gianmarco Degni. E nella speranza che non siano stati travolti dalla valanga di Valle Malajama, ci si aggrappa alle storie dei ritrovati in montagna. Sono tre le più recenti e incredibili vicende di naufraghi della montagna a lieto fine.  

Nel febbraio del 2004, l’ex campione olimpico di hockey, Eric LeMarque, riuscì a sopravvivere ad una tempesta di neve per otto giorni nella Sierra Nevada, con gli arti congelati, a -10 gradi, con un cellulare scarico e senza viveri. Nel luglio del 2008 due italiani, Walter Nones e Simon Kehrer, rimasero una decina di giorni tra la vita e la morte sul Nanga Parbat ad ottomila metri. Un mese dopo l’alpinista Marco Confortola fu capace di resistere per sei giorni in un drammatico bivacco al gelo sul K2.  Beninteso, niente di paragonabile con quello che sta succedendo sull’Appenino. E poi, qui, ormai di giorni ne sono passati quindici. Intanto, documenta Marsicalive, in un sottopasso di Avezzano é comparso uno striscione con un grande cuore e accanto i nomi dei dispersi. Sulla vetrina del negozio Degni Sport, invece, campeggiano i disegni dei bambini della scuola Montessori che in un cuore rosso hanno scritto: “Vi aspettiamo Tonino, Gian Mauro, Gianmarco e Valeria”. Il grande cuore d’Abruzzo continua a cercare persone in vita, fino a prova contraria. 

Primapaginanews

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