Economia e Lavoro

Economia e Nucleare, Scaroni (Banca Rothschild) dalla parte di Cingolani: “Le rinnovabili non bastano”

“Sul nucleare condivido quanto ha detto il ministro Cingolani. Non si può escludere a priori una tecnologia che annulla le emissioni di anidride carbonica”. Così Paolo Scaroni, già amministratore delegato di Enel ed Eni e oggi vicepresidente della banca d’affari Rothschild, in un’intervista a Repubblica. “Se – come è giusto che sia – l’Europa si pone l’obiettivo di arrivare a zero emissioni di CO2 nel 2050, nella linea tracciata anche dagli Accordi di Parigi, allora non si può dire di no e basta al nucleare, che ha l’indubbio vantaggio di non generare emissioni”, afferma Scaroni, che sulla richiesta di chiarimenti del M5S per le parole di Cingolani dice: “Quando sento posizioni così ideologiche mi chiedo se chi le esprime sia davvero interessato a ridurre le emissioni”. “La transizione energetica, di cui tutti abbiamo capito la necessità, è ai suoi primi vagiti: gli impianti eolici e solari sono apparsi nel 2004 e da allora abbiamo speso ben 3.800 miliardi di dollari per arrivare a coprire con fonti rinnovabili solo il 2% della produzione globale di energia. Se bisognasse arrivare all’80% con gli stessi costi la spesa sarebbe insostenibile. E poi quelle fonti rinnovabili non evitano di utilizzarne altre che producono CO2, come il gas, per sopperire ai momenti in cui non c’è vento o luce”, sottolinea Scaroni, “con le tecnologie che abbiamo oggi, e anche ipotizzando uno sforzo enorme sulle rinnovabili, non saremmo in grado di rispettare gli impegni per il 2050”. Ma sulla possibilità che in Italia possa tornare davveroil nucleare Scaroni è scettico: “Se penso alle difficoltà che ci sono anche solo per costruire un termovalorizzatore, rispetto al quale si preferisce seppellire i rifiuti, ne dubito. Così come non so dire che cosa ne sarebbe di eventuali scorie nucleari, visto che trent’anni dopo la chiusura delle centrali italiane abbiamo ancora un problema per trovare un deposito. Da una parte abbiamo il classico effetto Nimby, con la popolazione che non vorrebbe mai una centrale nucleare vicino a casa, dall’altra per la politica è difficile affrontare scelte oggi così impopolari e che potrebbero dimostrare la loro efficacia solo tra anni. Ma alla fine il costo di non scegliere si pagherebbe anche in termini economici”.

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