Esteri

Gravi violazioni dei diritti umani nelle minoranze religiose cinesi

Entrerà in vigore il primo maggio il “Grande fratello”delle religioni, una banca dati che conterrà tutte le informazioni sui religiosi delle diverse fedi presenti in Cina. La data-base fa parte del documento “Misure amministrative per il personale religioso”, reso noto ieri e che testimonia ancora una volta il controllo totale delle esperienze religiose in Cina. La preoccupazione da parte cattolica è che il documento non vanifichi le conquiste dell’Accordo fra Cina e Santa Sede, perché sottomette il ministero dei vescovi al potere del Partito e rimarca la divisione fra comunità ufficiali e sotterranee.

Già alla fine dello scorso anno, l’agenzia Reuters riferiva che due suore cinesi, che lavoravano nella missione cattolica di Hong Kong, erano state arrestate dalle autorità della Cina continentale. Il fermo era avvenuto lo scorso maggio, in occasione della visita delle religiose presso le loro famiglie, nella provincia di Hebei. Le suore sono state trattenute per tre settimane, prima di essere sottoposte agli arresti domiciliari, senza nessuna accusa.

Il procedimento nei confronti delle due religiose è un segno evidente che Pechino sta cercando di esercitare il controllo su Hong Kong e sulla scelta del suo vescovo. Per la Cina i cattolici rappresentano una grossa sfida e decenni di repressione hanno costretto molti fedeli alla clandestinità. Per questa ragione Hong Kong e’ diventata l’avamposto dei missionari, per mantenere i contatti con i fedeli della Cina continentale.

A Hong Kong ci sono circa 400 mila cattolici e molti esponenti dell’elite cittadina provengono dalle loro scuole. I cattolici, inoltre, hanno esercitato una notevole influenza sul movimento a favore della democrazia e molti di loro sono stati arrestati. Tra questi Jimmy Lai, editore e imprenditore, forse il più noto cattolico della città, accusato di violazione della legge per la sicurezza nazionale. 

Nello stesso giorno degli arresti, lo scorso 30 dicembre, Cina e Unione Europea siglavano l’accordo di principio sugli investimenti, il Comprehensive Agreement on Investment. Questo trattato dovrà superare l’esame del Parlamento europeo, che però ha espresso forti perplessità sulla ratifica, per le rivelazioni sul lavoro forzato a cui Pechino sottopone gli uiguri, una minoranza Islamica della regione dello Xinjiang

Un’inchiesta della BBC ha recentemente svelato che più di mezzo milione di lavoratori di questa etnia e di altre minoranze sono impiegati in campi di lavori forzati, per la raccolta e la lavorazione del cotone. E’ stato calcolato che il 20% della produzione mondiale di questa fibra provenga dalla Regione degli Uiguri, come i milioni di tonnellate di cotone e di filati utilizzati da molti marchi mondiali della moda. Si calcola che circa un abito di cotone su cinque, venduto nel mondo, contenga la fibra proveniente da quest’area e questo spiega il basso costo dei vestiti. La BBC ha interpellato le maggiori aziende tessili, ma solo quattro su trenta hanno assicurato di esigere dalle autorità cinesi la garanzia che il cotone prodotto non provenga dallo Xinjiang. 

Per l’Alleanza interparlamentare sulla Cina, un gruppo formato da più di duecento parlamentari di diverse nazioni, l’Onu e i singoli Paesi devono prendere una ferma posizione verso la Cina, colpevole di stupri e torture inflitti alle donne Iugure, nei campi dello Xinjiang, secondo l’indagine della BBC. 

Il rapporto dell’Australian Strategic Policy Institute, ha identificato almeno ventisette fabbriche in Cina, in cui vengono utilizzati i detenuti provenienti dei campi dello Xinjiang e come queste riforniscano almeno ottantatré marchi internazionali.

Dal canto suo la Cina afferma di non violare i diritti umani, che i campi sono centri di formazione professionale e le fabbriche sono state realizzate per contrastare la povertà.

Il Congresso degli Stati Uniti ha messo al bando i prodotti a rischio di lavoro forzato, mentre l’Ue è in ritardo rispetto ad altri paesi nel prendere provvedimenti perché i suoi cittadini non comprino i prodotti del lavoro forzato.

Kmetro0.it

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