Roma Capitale

Il Tar del Lazio: “La chiusura delle scuole in zona rossa va motivata meglio”

La Presidenza del Consiglio dei ministri entro il 2 aprile prossimo deve rivedere “con un provvedimento specificamente motivato” il decreto del 2 marzo scorso nella parte in cui prevede la sospensione automatica della didattica in presenza delle scuole di ogni ordine e grado nei territori compresi nelle cosiddette “aree rosse”.  È quanto stabiliscono le due ordinanze con le quali il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da un gruppo di studenti e genitori minorenni convinti che “la scuola non dovrebbe essere considerata luogo privilegiato di contagio” e forti di “una serie di ricerche che evidenziano come l’interruzione della didattica in presenza abbia rappresentato e rappresenti un moltiplicatore delle diseguaglianze discendenti da ostacoli di ordine sociale ed economico”. Il dpcm impugnato, si legge nei provvedimenti, richiama verbali del Cts da cui “non emergono indicazioni specifiche ostative alla riapertura delle scuole”. Lo stesso Cts “non sembra avere valutato la possibilità, nelle zone rosse, di disporre la sospensione delle attività didattiche solo per aree territoriali circoscritte, in ragione del possibile andamento diversificato dell’epidemia nella regione”; né “si evince in che modo e in quale sede” i dati forniti dall’Istituto superiore di sanità e dalla Fondazione Bruno Kessler siano stati analizzati ed interpretati. In sostanza, conclude il Tar, “le previsioni del dpcm del 2 marzo non appaiono supportate da una adeguata istruttoria” e “in tal senso si apprezzano profili di fondatezza dei motivi aggiunti depositati da parte ricorrente”. Le due ordinanze con le quali il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da un gruppo di studenti e genitori sono “un provvedimento importante e legittimo”, dice all’AGI Fabio Cintioli, professore di diritto amministrativo a Roma e avvocato. “Il giudice amministrativo non ha il potere di sostituirsi all’amministrazione nelle scelte di merito – spiega Cintioli – ma ha il potere di sindacare eventuali difetti di istruttoria, incompletezza, o incongruenza nella motivazione delle scelte. In questo caso, il giudice ha ritenuto, in base ai dati riportati, che non ci fosse sufficiente motivazione per spiegare il perché la didattica a distanza sia stata imposta in maniera così estesa su tutto il territorio, e non circoscritta solo alle aree più a rischio. L’istruttoria insufficiente pone problemi di violazione di legge – prosegue il docente – e lo Stato di diritto presuppone che gli atti siano sempre sottoposti al controllo di legittimità. Con questo provvedimento il Tar del Lazio dà un input all’amministrazione affinché rivaluti, rimotivi gli eventuali difetti di istruttoria. La parola finale spetta sempre all’amministrazione ma il giudice la indirizza”. Secondo l’esperto, con queste ordinanze il giudice amministrativo rispetta ciò che la Corte Costituzionale ha sempre detto, e cioè che “tutti i valori costituzionali vanno bilanciati. In questo caso specifico, accanto al valore costituzionale del diritto alla salute c’è il diritto all’istruzione. Anche il valore più importante, che è la tutela della salute – conclude Cintioli – deve essere contemperato con gli altri valori costituzionali, e qui stiamo parlando di un valore fondamentale, che è il diritto all’istruzione dei giovani, un diritto che riguarda il futuro delle nostre generazioni”. 

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