Roma Capitale

La Dc di Roma: “Un Riarmo equilibrato non può prescindere da una prioritaria rinegoziazione dei fondamenti identitari della Ue”

Fortemente impegnata nel propiziare la proposta di Disarmo nucleare, che sta contando l’adesione di tante associazioni cattoliche e non solo, ritiene prioritario l’avvio immediato di un processo di rinegoziazione identitaria dell’Unione Europea perché assuma un reale ruolo primario nel quadrante geopolitico Euro-Mediterraneo e mondiale. È sicuramente quel passo in avanti che oggi manca per rendere più solide ed efficaci le necessarie risposte che le comunità civili e sociali e il mondo imprenditoriale, si attendono in direzione della pace nel mondo. Non val meno, altresì, l’argomento che la costruzione di uno stabile clima di dialogo e di convivenza pacifica tra i popoli, non può più fondarsi sulla deterrenza nucleare che conduce inevitabilmente ad irrefrenabili escalations verso arsenali sempre più micidiali, i cui effetti distruttivi non trovano confini, ne’ sulla forsennata corsa al riarmo convenzionale sempre più sofisticato e distruttivo di vite umane, come stanno dimostrando i tragici eventi di questa guerra in Ucraina. Questa logica del riarmo infinito sta esponendo sempre più verosimilmente l’Umanità alla sua definitiva distruzione. Se il prezzo da pagare è questo non v’è persona al mondo che voglia l’estinzione del genere umano. Nel riaffermare la naturale giustezza della concreta azione politica intrapresa dalla sezione di Roma della DC, già prima della proditoria invasione dell’Ucraina, solo un processo di disarmo nucleare totale e un dimensionamento verso il basso degli arsenali militari, quanto basta per rispondere adeguatamente alle esigenze di difesa dei confini nazionali, può essere la sola stabile premessa che la gran parte della società civile e delle nostre comunità cattoliche auspicano per ridare davvero speranza e assicurare un futuro di pace, sviluppo e progresso equo e sostenibile. La Democrazia Cristiana di Roma si associa e fa proprio in toto l’accorato appello di Papa Francesco con il quale, rivolgendosi ai governanti di tutto il mondo, così ha ammonito: “La guerra non devasta solo il presente, ma anche l’avvenire di una società. Ho letto che dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina un bambino su due è stato sfollato dal Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più piccoli e innocenti tra di noi. Ecco la bestialità della guerra, atto barbaro e sacrilego! La guerra non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia”. Tanto basta per ritenere fuori da ogni ragione plausibile, il proposito da parte delle nostre Istituzioni di varare immediatamente – mentre è ancora immanente la grave minaccia sanitaria per effetto della diffusione endemica del coronavirus, che in aggiunta ai forti disequilibri energetici ed economici creatisi con la guerra in Ucraina, rendono davvero irragionevole impegnare il bilancio dello Stato, già inadeguato a far fronte ai pesanti contraccolpi economici e sociali causati anche dall’improvvisa e irrefrenabile crescita esponenziale dei prezzi delle materie energetiche e delle materie prime – un piano di aumento, in ragione del 2% del Pil, delle spese militari, pur se in applicazione di un impegno pregresso senza che esso sia preceduta da alcun processo di ristrutturazione e ridefinizione dei compiti di difesa europea in direzione dell’ampliamento e del rafforzamento del modello federativo dell’Unione. 

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