La guerra di Putin

L’accoglienza degli ucraini in Polonia e il rifiuto degli altri prima del conflitto

di Giuliano Longo


Nella gara per l’accoglienza dei profughi ucraini dal Paese confinante, ha vinto sicuramente la Polonia con i sui 700mila ospiti contro, ad esempio, le 143mia in Italia e l’Unione Europea ha concesso ai profughi ucraini una eccezionale protezione temporanea (Tpd) per un massimo di tre anni a milioni di persone. Ma dobbiamo ricordare che tutta questa  solidarietà e si rivela selettiva (razzista o giustificata?) se si pensa che solo nel novembre 2021 il premier Mateusz Morawiecki, schierava 12.000 soldati tra Bielorussia e Polonia per difendere i confini polacchi ed europei dai migranti provenienti dal Medio Oriente. La mossa fu intesa contro il tentativo bielorusso di strumentalizzare i migranti per motivi geopolitici e tutto sommato sostenuto dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, con proposte che furono respinte da Varsavia. Oggi invece la Polonia è mobilitata , mentre solo pochi mesi prima erigeva muri di filo spinato e lasciava bambini afghani, siriani o pachistani a piedi scalzi nella foresta ghiacciata proclamando  lo stato di temergenza nazionale. Le ragioni di questa palese discriminazione  sono tante fa cui una sicura empatia  verso un popolo vicino in difficoltà inoltre i polacchi credono che gli ucraini non stiano combattendo solo per il proprio futuro, ma  anche per quello dei Paesi dell’Europa centro-orientale e Baltici. Inoltre, gli ucraini sono una minoranza numerosa e influente nei Paesi dell’Europa centro-rientale. A livello culturale molti giovani ucraini hanno completato i loro diplomi universitari in Polonia, mentre a livello economico provengono dall’Ucraina molti operai nelle fabbriche polacche. Inoltre la maggioranza dei rifugiati ospitati ha legami familiari in Polonia. In Polonia, il Cremlino è considerato una minaccia e ancora oggi, l’obiettivo è quello attirare gli ex stati comunisti, oggi nella UE, contro la Russia. Quindi la politica dei rifugiati favorisce la leadership regionale della Polonia e la rende più centrale in Europa e nei rapporti con i Paesi dell’alleanza di Vishegrad, con una Ungheria oggi su posizioni molto differenziate rispetto al Cremlino.  Con la guerra in Ucraina la Varsavia non è più alla periferia dell’Europa ma al suo centro strategico, tra lo spazio baltico, l’Europa centrale e il fianco orientale della Nato. Pertanto chi aiuta i rifugiati ucraini è una sorta di eroe, mentre in generale chi aiuta i migranti di altri Paesi è considerato un traditore. Questa divisione culturale e identitaria si vede di più nei confronti delle popolazioni extraeuropee, ma è presente anche all’interno dell’Europa. Basti pensare al caso della cosiddetta Balkan Root, la via che i migranti percorrono attraverso i Balcani occidentali per raggiungere la ricca Europa. Gli stessi bosniaci musulmani che trent’anni fuggirono dalla guerra, ricevendo una straordinaria dimostrazione di solidarietà in Europa, oggi respingono, se non addirittura rinchiudono nei campi, altri musulmani esuli da altri conflitti. Ma per i profughi ucraini si tratta di una solidarietà con una precisa scadenza stabilita per legge fino a tre anni e tocca vedere se  verrà prolungata. Probabilmente  la risposta emozionale di solidarietà calerà e le divisioni e il razzismo diventeranno più evidenti. Anche prima della guerra gli ucraini lasciavano il Paese per lavorare, spesso in condizioni orribili, e le persone del posto non erano molto accoglienti con loro. Gli ucraini che vivevano in Repubblica Ceca e in altri Paesi est centro europa secondo ricerche sociologiche,  prima della guerra erano trattati come  la spazzatura dell’Europa e nella Repubblica Ceca “non erano considerati europei, ma migranti economici con lavori poveri, sottopagati e senza contratto che venivano a fare soldi per le loro famiglie e ubriacarsi…”. Una narrativa che potrebbe venir ribaltata solo se si capisse davvero cosa vuol dire essere europei. A proposito sia detto che oggi la Polonia guarda più a Washington che a Bruxelles anche perché sono gli Usa che l’hanno scelta quale baluardo strategico contro la Russia, a qualunque costo anche economico.

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