Roma Capitale

Licenziata perché omosessuale, ora chiede i danni al datore di lavoro

Un amore omosessuale tra donne che avrebbe voluto esser vissuto alla luce del sole, ma che finisce in una causa per mobbing contro l’ex principale. La vicenda, davanti al tribunale di Latina sezione lavoro, vede protagoniste Sabrina e Rosaria, entrambe difese dall’avvocato Michela Scafetta. Il procedimento che è stato instaurato chiede un congruo risarcimento danni.  La questione è che ila relazione tra le due donne – si spiega – suscitava fastidi nei superiori i quali, grazie alla posizione ricoperta, facevano di tutto per trasformare la giornata lavorativa in un vero e proprio calvario caratterizzato da insulti, minacce, umiliazioni pesanti e continue. Il tutto – si sottolinea – ha portato alla stremo le due lavoratrici: Rosaria si è dimessa e Sabrina, caduta in profonda depressione, è stata licenziata.  L’unica colpa delle due è che si amano e hanno liberamente scelto di esternarlo sul posto di lavoro. Rosaria, stanca, trovava il coraggio di denunciare il proprio superiore che – si aggiunge – è stato mandato a giudizio per violenza sessuale e diffamazione. Sabrina, allora, ha deciso di citare in giudizio i responsabili di tanto male, al solo fine di ricevere giustizia e di poter essere da esempio per coloro i quali si trovano oggi in situazioni tanto simili quanto inaccettabili.  L’udienza si è conclusa con un nulla di fatto. L’auspicato accordo suggerito dal giudice in precedenza non è stato raggiunto. Le offerte ricevute dalla controparte e dal giudice stesso, difatti – si spiega – hanno dimostrato che il nocciolo della vicenda, delle vere ragioni che hanno spinto Sabrina a citare in giudizio l’ex datore di lavoro, non sono state comprese, ed anzi, ancor peggio, mal interpretate e sottovalutate. L’avvocato Scafetta si chiede poi “se possa essere quantificato in termini economici un danno derivante da un’intolleranza così forte nutrita nei confronti di due persone omosessuali che decidono di esternare la propria relazione sul posto di lavoro, e che, proprio per questo motivo, diventano mirino di continui attacchi a sfondo sessuale, discriminate ed umiliate quotidianamente e per anni. La risposta è no”.

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