Economia e Lavoro

L’ultimo volo di Alitalia. La fine di un mito dell’aviazione civile

Primo decollo il 5 maggio del 1947 un la tratta Torino-Roma-Catania, due mesi il primo collegamento internazionale tra Roma e Oslo, poi a marzo 1948 il primo intercontinentale tra Milano e Buenos Aires

Si è conclusa questo giovedì 14 ottobre la storia di Alitalia. Dopo oltre 70 anni la storica compagnia di bandiera ha fatto decollare l’ultimo aereo, codice Az 1586, partenza da Cagliari per le 22.05 e atterraggio previsto poco dopo le 23 all’aeroporto di Roma Fiumicino. Alitalia chiude così una storia tormentata, fatta di fusioni fallite, tentativi di privatizzazione e altre vicissitudini, lasciando spazio alla nuova compagnia Ita. Nonostante nel corso del tempo sia stata Lai, Cai e Sai, Alitalia ha mantenuto il nome anche durante in passaggi di proprietà. Ora lo storico marchio è in vendita, in nome della discontinuità, conditio sine qua non posta dalla Ue per ripartire. Italia Trasporto aereo dovrebbe, comunque, decollare provvisoriamente con la livrea Alitalia in vista di una possibile aggiudicazione definitiva. Ma quello che è certo è che Ita segna una netta cesura rispetto al passato, a cominciare dalle dimensioni ‘small’ con 52 aerei e 2800 dipendenti. La storia inizia a Roma il 16 settembre 1946 quando viene fondata Alitalia-Aerolinee Italiane Internazionali, che opera il primo volo il 5 maggio 1947 sulla rotta Torino-Roma-Catania (nella foto). Due mesi dopo decolla il primo volo internazionale, da Roma a Oslo. A marzo 1948 viene inaugurato il primo volo intercontinentale: un volo di una durata complessiva di 36 ore, che collegava Milano a Buenos Aires con scali intermedi a Roma, Dakar, Natal, Rio de Janeiro e San Paolo. A cavallo tra il 1949 e il 1950, cresce la flotta, entrano in servizio le prime assistenti di volo della compagnia e vengono introdotti i pasti caldi a bordo dei velivoli. Ormai di proprietà dell’Iri e quindi già compagnia aerea di bandiera, nel 1957 viene fusa anche con l’altra compagnia aerea di bandiera italiana, Linee Aeree Italiane, anch’essa di proprietà Iri, dando vita ad Alitalia-Linee Aree Italiane. Nel 1960, Alitalia diventa sponsor ufficiale delle Olimpiadi di Roma. Nello stesso anno, vengono introdotti i primi aerei a reazione mentre l’anno successivo segna l’apertura dell’Aeroporto di Roma – Fiumicino, nel quale la compagnia posizionerà il suo hub principale. Dieci anni dopo la compagnia diventa la prima europea ad avere in flotta solo aerei a reazione e, con la consegna del primo Boeing 747-100 la compagnia adotta un nuovo logo, la classica ‘A’ tricolore che verrà riportata su tutte le code degli aerei in quanto parte della nuova livrea. Anche gli anni ‘70 e ‘80 sono anni di sviluppo con l’espansione della flotta e del network: arrivano Douglas DC-10, dei McDonnell Douglas MD-80 e degli Airbus A300 con l’apertura di rotte da Roma verso l’estremo oriente, come Tokyo. Eppure, già si annidano i primi problemi, nati dall’evoluzione dello scenario dove il regime di monopolio comincia a scricchiolare e dove cambiano profondamente anche le relazioni sindacali. La fine degli anni ‘70 è contrassegnata dagli scioperi di Aquila Selvaggia con i piloti che salgono sulle barricate contro la proposta di un nuovo contratto unico di tutti i lavoratori del trasporto aereo, voluto dal Cgil, Cisl e Uil, con il presidente Umberto Nordio. I primi problemi finanziari arrivano a meta’ anni ’90, cinquant’anni dopo la fondazione, sotto il controllo completo dello Stato (l’Iri prima, il ministero del Tesoro poi). Nel 1996 il governo Prodi avvia la prima privatizzazione: il 37% del capitale viene quotato in Borsa. Manca un partner industriale di peso. Nel 1999 viene la scelta cade sugli olandesi di Klm. Il sodalizio si spezza appena nove mesi dopo a causa del futuro hub principale del gruppo. Klm punta sullo scalo milanese di Malpensa. La classe politica di allora non vuole pero’ far perdere a Fiumicino il primato dei cieli italiani. Il 28 aprile 2000 la compagnia olandese pubblica un comunicato di fuoco nel quale accusa l’esecutivo di non aver rispettato i patti. Così, mentre Alitalia affronta il divorzio da Klm, all’orizzonte si affaccia un nuovo competitor. Nel 1991 Michael O’Leary ristruttura una piccola compagnia aerea locale, RyanAir, con una determinazione ferrea nel volerla trasformare in un gigante dell’aviazione. O’ Leary cambia le regole del mercato con una rapidità tale da non lasciare ai concorrenti il tempo di controbattere, se non di respirare. Tutte le compagnie di bandiera europee accusano il colpo ma a subire le conseguenze più dure sono quelle, come Alitalia, che hanno zavorre competitive di lunga data. Dopo il fallimento della gara del 2006, Romano Prodi decide di provare a cedere il 67% ancora in mano al Tesoro in una trattativa esclusiva con Air France,che nel frattempo si era fusa con Klm. Il 15 marzo 2008 il gruppo franco-olandese presenta un’offerta di scambio di azioni per il 100% del capitale, che prevede 2.100 esuberi e una ricapitalizzazione da un miliardo. Prodi tratta in condizioni di estrema debolezza essendo stato sfiduciato due mesi prima e si avvia ad aprire una campagna elettorale nella quale finisce in mezzo anche Alitalia. Silvio Berlusconi promette agli elettori una battaglia per preservare “l’italianita’” del vettore e le urne lo premiano. Il Cav mantiene la promessa e il 21 aprile la compagnia francese decide di sfilarsi. Berlusconi affida all’allora amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, il ruolo di regista dell’operazione. È lui il garante del cosiddetto ‘Piano Fenice’, che porta Alitalia a scorporarsi in una ‘bad company’, che rimane a carico dello Stato, e una ‘good company’ che prende il nome di Cai, Compagnia Aerea Italiana, nata ufficialmente il 26 agosto 2008. Cai è guidata dall’imprenditore Roberto Colaninno e ne fanno parte, tra gli altri, Benetton, Ligresti, Caltagirone e Tronchetti Provera. Il governo uscente provvede a un prestito ponte da 300 milioni per ovviare alle esigenze di cassa immediate. Bruxelles dice di no perché si configurerebbe come aiuto di Stato. Poi viene trovato l’accordo: il prestito dovrà essere restituito allo Stato dalla bad company, quindi potenzialmente mai. “Cai acquista la ‘good company’ e sulle spalle dello Stato rimane una ‘bad company’ con debiti per un miliardo. Air France aveva chiesto 2.100 esuberi. Cai ne effettua 7.000 (con 7 anni di cassa integrazione, di fatto a carico della bad company). I sindacati protestano. Air France-Klm rimane comunque nel ruolo di partner strategico, con una quota del 25%. Dopo un periodo di calma i conti ricominciano a peggiorare, complici le fusioni con Air One e Volare, che fanno salire ancora il numero degli esuberi. A riportare Alitalia sul baratro sono pero’ gli errori di strategia: riduce ad appena 16 le destinazioni intercontinentali. Malpensa, che avrebbe dovuto diventare la rampa di lancio della nuova compagnia secondo i piani francesi, diventa una sorta di cattedrale nel deserto. Chiuso il miglior bilancio di sempre della storia di Cai (appena 69 milioni di rosso), nel 2012 Rocco Sabelli lascia il ruolo di amministratore delegato, non dopo aver tentato nuovamente la strada di una fusione con Air France. Sabelli viene sostituito da Andrea Ragnetti, che dura un anno. Intanto Alitalia brucia oltre 600.000 euro al giorno. Nel giro di cinque anni, la compagnia cambia tre amministratori delegati: Rocco Sabelli, Andrea Ragnetti e Gabriele Del Torchio. Alitalia brucia cassa e si rende necessaria una nuova ricapitalizzazione alla quale non partecipa Air France, che diluisce così la sua quota. Intanto, sta per aprirsi un nuovo capitolo che sarà ancora più breve, quello di Alitalia Sai. Mentre affondano i conti di Cai, a fine 2013 si pone il problema di una nuova iniezione di capitale. Il dossier è sul tavolo del Governo Letta per poi arrivare su quello del Governo Renzi. Per questo nuovo salvataggio interviene anche Poste Italiane. Parte la ricerca di un nuovo partner e, questa volta, il cavaliere bianco sembra arrivare dalla Penisola Arabica e, per la precisione da Abu Dhabi. È qui che ha il suo hub Etihad, compagnia più piccola rispetto a Emirates e a Qatar Airways, che, però, negli ultimi anni ha fatto registrare una forte crescita con massicci investimenti in flotta. Comincia una serrata trattativa e, alla fine, nell’agosto del 2014 si firma l’accordo che sancisce l’ingresso degli arabi con la quota massima consentita a un vettore extra Ue, il 49%. Alitalia, targata Etihad, diventa Sai, Società aerea italiana. Decolla il 1 primo gennaio del 2015. Parte con Luca Cordero di Montezemolo presidente e con Silvano Cassano amministratore delegato, co-designato da soci arabi e italiani e manager gradito a James Hogan, il numero uno di Etihad. La prima linea di manager parla molto inglese schierando molti dirigenti anglosassoni. La gestione Cassano dura solo pochi mesi, fino a settembre del 2015. Per i successivi sei mesi Montezemolo dirige la compagnia anche con i poteri da amministratore delegato, finché il 7 marzo 2016 arriva dall’India Cramer Ball, il manager australiano scelto da Hogan. Invece del pareggio operativo, Alitalia continua a registrare perdite: un buco nero nei conti, provocato da una emorragia da due milioni al giorno, che crea forti tensioni tra le banche azioniste ed Etihad. E non convince il nuovo piano industriale di Ball, considerato troppo ottimista sulla voce ricavi. Nel 2017 si arriva ad una nuova situazione critica, con il tentativo disperato di salvataggio che prevede una ricapitalizzazione e un accordo con i sindacati. Accordo che viene clamorosamente bocciato da un referendum ad aprile. Il 2 maggio Alitalia Sai viene messa in amministrazione straordinaria. A guidarla arrivano tre commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari. Si parla di una fase transitoria di pochi mesi mentre si avvia la vendita della compagnia. Si affaccia Lufthansa ma fa paura il suo piano di tagli. Nel 2018 prende corpo un’operazione di sistema con la regia delle Fs, con la partecipazione di Atlantia e un partner internazionale, Delta, che però non intende andare oltre il 10%. Arriva anche un nuovo commissario Giuseppe Leogrande. Nel marzo del 2020 l’arrivo della pandemia lascia a terra tutte le compagnie e dà il colpo di grazia ad Alitalia. Il governo Pd-M5s, con il decreto Cura Italia, getta le basi per la nascita di Ita, che avrà Fabio Lazzerini come ad e Francesco Caio come presidente. Da quel momento parte la difficile predisposizione del piano industriale in vista del decollo previsto per il 2021. Dopo diversi rinvii, a luglio 2021 arriva il via libera da Bruxelles, con la nuova data di decollo prevista per venerdì 15 ottobre.

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