Cronaca

‘Ndrangheta, arrestato il boss latitante Cosimo Damiano Gallace. Per lui era stato realizzato un bunker in una ditta di produzione di calcestruzzo

I carabinieri hanno arrestato il boss latitante Cosimo Damiano Gallace, 60 anni, ricercato da un anno perché deve scontare 14 anni di carcere per associazione mafiosa. L’uomo, ritenuto reggente dell’omonima ‘ndrina, si nascondeva a Isca sullo in un appartamento ricavato in un edificio ricavato all’interno di una ditta di produzione del calcestruzzo. Il bunker era dietro una parete della camera da letto. Al momento dell’irruzione dei Carabinieri nel covo c’erano la compagna 34enne e la figlia di 4 anni, un elemento che ha dato agli investigatori la certezza che fosse presente anche il latitante, perché i familiari vivono in un altro posto. Il bunker I militari per trovarlo hanno fatto una lunga perquisizione. Al bunker si entrava attraverso una finta parete nascosta dietro la specchiera in camera da letto. La porta si apriva solo grazie ad un congegno meccanico che si attivava ruotando il pomello centrale di un attaccapanni a muro. Dentro c’erano e sono stati sequestrati un trolley con circa 35.000 euro in contanti, un tablet, 9 telefoni cellulari di cui 2 danneggiati prima di essere scoperto, varie sim non ancora attive e l’hard disk dell’impianto divise tra sorveglianza con monitor affianco alla tv in sala da pranzo per controllare 24 ore su 24 quello che accadeva fuori dal nascondiglio, tra l’altro dotata di allarme e di cane da guardia di grossa taglia. Chi è Gallace, ritenuto boss dell’omonima ‘ndrina di Guardavalle con articolazioni ad Anzio e Nettuno, vicino Roma, in Lombardia, Piemonte e Toscana era ricercato dal 25 novembre 2020 per l’esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Corte d’Appello di Roma dopo la condanna a 14 anni per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Inoltre, a carico di Gallace pende anche un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 15 marzo 2021 dal Gip di Catanzaro per indagini coordinate dalla Dda sempre con riferimento al reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Per aver preso parte alla cosiddetta “strage di Guardavalle” ha scontato complessivamente, a partire dai primi anni ’90, più di 20 anni di carcere.

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