Primo piano

Parma prima città per qualità delle vita e Crotone ultima

“Ladri, ladri, dimissioni”. Il municipio, nel giugno 2011, era sotto l’assedio degli indignados di Parma. Insegnanti, professionisti, mamme, pensionati: in centinaia, gridavano sotto i Portici del Grano cavalcando l’inchiesta su presunte tangenti per la manutenzione del verde pubblico che allora porto’ all’arresto di dirigenti comunali e assessori. Poi arrivarono le dimissioni del sindaco e la città fu commissariata.Neanche dieci anni dopo, l’11 gennaio 2020, sotto gli stessi portici risuona il triplice ‘gong’ che dà il via a Parma Capitale della Cultura italiana.

Dal cielo piovono coriandoli gialli sopra migliaia di persone in festa. La rabbia degli indignados trasformata in esultanza di piazza: due immagini lontane nel tempo – ma ben impresse nella memoria – che segnano la storia di una Parma ‘in rimonta’, la provincia migliore d’Italia per qualita’ della vita secondo il recente rapporto di ItaliaOggi e dell’università La Sapienza di Roma.

Una scalata dal 39esimo al primo posto con altre città del nord (Pordenone, Trento, Bolzano) ad inseguire. Parma – emiliana in pancia e lombarda nel portafogli – torna (forse) a sorridere e le ferite post caduta dell’impero del latte con il crac della Parmalat (fine 2003) di Calisto Tanzi, vanno via via a cicatrizzarsi.

Parma negli ultimi dieci anni “è passata da un possibile rischio default – spiega all’AGI il sindaco Federico Pizzarotti, eletto nel maggio 2012 – ad essere una delle città più solide economicamente, Capitale italiana della cultura e la prima citta’ per qualita’ della vita. La considero l’evoluzione-simbolo di una citta’ che non si e’ mai arresa di fronte alle avversita’ ma le ha affrontate con determinazione”.

L’ultimo nemico (comune) è stato il virus.E proprio la resilienza al Covid è uno dei punti di forza emersi dal rapporto di ItaliaOggi. “Parma appartiene al cluster Metropoli – si rileva – ossia il raggruppamento di aree urbane di centro-nord che ha fatto registrare un’ottima capacita’ di reazione alla pandemia”.

Fiori all’occhiello della città emiliana sono, secondo il report , ambiente, istruzione e redditi. “Il nostro – sottolinea Pizzarotti – e’ stato un lavoro meticoloso e importante, riflesso di tante riforme attuate negli anni, dall’aumento della raccolta differenziata alla crescita del verde pubblico, dalla rigenerazione di spazi degradati e inutilizzati al miglioramento della mobilita’ dolce. Parma è una città finalmente ritrovata che ha fatto della qualità della vita e del benessere i suoi biglietti da visita”.

Per il sindaco “il successo è stato possibile anche grazie all’alleanza solida tra le istituzioni della citta’, tra la parte pubblica e quella privata: il nostro motto, infatti, e’ ‘quando Parma fa squadra non la batte nessuno’. Ed e’ cosi’ – conclude – che dobbiamo continuare il percorso della crescita: unendo la citta’ attorno alle sue forze e alle sue energie istituzionali, imprenditoriali e associative”.

Dal crac della Parmalat, al commissariamento del Comune, poi la risalita fino a diventare Capitale della Cultura e ‘regina’ per qualità della vita. Alti e bassi per gli emiliani ora in rimonta e con un futuro ancora da scrivere.

Gli ultimi in classifica

L’unico cinema della città di Crotone che conta oltre sessanta mila abitanti, ma sulla quale gravitano gran parte degli altri 26 comuni della provincia, ha chiuso i battenti all’inizio dello scorso anno, quando era appena scoppiata la pandemia. Ma ora che i locali pubblici hanno avuto il via libera alla ripresa seppure con restrizioni, la sala del cinema Apollo continua a restare chiusa.

“Non ci sono le condizioni per riaprire, il pubblico non viene” dice sconsolato il proprietario. Di teatri neanche a parlarne. Ce n’è uno in costruzione da dieci anni e i cittadini ormai non ci credono più. La biblioteca comunale è stata chiusa al pubblico perché ubicata all’interno del castello aragonese nel quale sono state trovate scorie radioattive e attende da un paio d’anni di essere bonificato.

In estate i turisti che fiduciosi si arrampicano per gli stretti vicoli del centro storico per visitare l’imponente maniero trovano il portone sbarrato e tornano indietro delusi. L’area archeologica di Capo Colonna, una delle più vaste e importanti della Magna Graecia, versa in condizioni di abbandono: erba alta, sporcizia, nessun cartello esplicativo, tantomeno visite guidate. Gli amanti di storia antica fanno da sé.

Non è la radiografia di una città del medio oriente devastata dai conflitti né dell’Africa piagata da miseria e fame. È la condizione in cui versa Crotone, estremo meridione di una nazione che pure siede tra le principali potenze industriali d’Europa.

Non a caso risultata fanalino di coda per qualità della vitanella classifica stilata da ItaliaOggi e Università la Sapienza di Roma. Ultima tra le 107 province nelle quali sono stati presi in esame diversi indicatori come appunto il tempo libero, ma anche istruzione e formazione, affari e lavoro, ambiente, reddito e ricchezza. Tutti settori nei quali la provincia di Crotone risulta in fondo alla classifica. 

Stride, per quanto riguarda l’indicatore ambiente, la bellezza di una ridente città come Crotone e altri centri della provincia che vanno da Cirò Marina a Le Castella adagiati sullo Ionio, lungo chilometri di coste in molti tratti incontaminate e bagnate da un mare cristallino, con la proliferazione di discariche che in alcuni casi accolgono anche i rifiuti di altre regioni, con la presenza diffusa nei terreni di scorie tossiche eredita’ di un passato industriale che allora ha portato ricchezza e oggi malattie.

Le ‘vecchie fabbriche’, come le chiamano oggi i crotonesi, davano lavoro a diverse migliaia di persone e la ricchezza prodotta faceva da traino ad altri settori economici, a cominciare dal commercio. E al servizio delle industrie c’era un porto che accoglieva e spediva merci e altrettanto avveniva con la ferrovia mentre a pieno regime viaggiava anche il vicinissimo aeroporto. Infrastrutture che oggi registrano volumi di traffico da cifre decimali.

Con la chiusura delle industrie la città, e con essa gran parte della provincia, non e’ riuscita a reinventarsi, ne’ riprendendo e sviluppando quella tradizione agricola che pure caratterizza molti paesi dell’entroterra crotonese, come dimostrano i vigneti del cirotano o i finocchi della zona di Isola Capo Rizzuto, né puntando sul terziario.

La nascita della Provincia di Crotone negli anni Novanta, la quinta della Calabria insieme a Vibo Valentia, è stata una parentesi che si è chiusa un decennio dopo a causa della riforma Delrio. Se queste sono le motivazioni che hanno fatto precipitare Crotone all’ultimo posto della classifica quanto a reddito e ricchezza, affari e lavoro, inevitabile lo stesso destino anche per l’indicatore formazione e istruzione.

Basti dire che numerosi sono gli istituti scolastici che sono ancora oggi ospitati in edifici di civile abitazioneper mancanza di strutture. Ma anche che l’emigrazione di interi nuclei familiari verso il nord dell’Italia e dell’Europa in cerca di lavoro e di un futuro migliore, ha portato ad un pauroso spopolamento dei piccoli centri del crotonese e, di conseguenza, alla chiusura delle scuole per mancanza di alunni.

I giovani, quando non emigrano con i genitori, vanno a studiare nelle città del centronord, se non all’estero, e vi rimangono anche dopo la laurea. Tornano solo ad agosto, per andare al mare. ‘Qui non cambia mai niente’ è il ritornello che gli senti ripetere.

Una fiammella di speranza che qualcosa potesse cambiare l’aveva accesa la nuova amministrazione comunale il cui sindaco Vincenzo Voce è stato eletto un anno fa a furor di popolo, quasi un plebiscito con circa il settanta per cento dei consensi. Una aggregazione civica che prometteva di tenere lontani per sempre dalla cosa pubblica vecchia politica e maneggioni.

Appena un anno dopo la delusione tra i crotonesi è palpabile: una città sporca e degradata, alle prese con il problema dei rifiuti urbani e della mancanza d’acqua, niente asili nido né mense scolastiche, trasporto pubblico ridotto ai minimi termini.

Unica consolazione il numero relativamente basso di reati che si registrano nel territorio, nonostante la presenza diffusa della criminalità organizzata, che pone il crotonese in una posizione intermedia della classifica. Irrilevante o pressoche’ inesistente il numero di scippi e rapine, fisiologico quello dei furti come dei reati contro la persona.

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