Esteri

Quanto è realistico il piano di Biden per lo sviluppo dei semiconduttori?

Il Segretario al Commercio degli Stati Uniti Gina Raimondo ha formulato le sue raccomandazioni per la rivitalizzare l’industria americana dei semiconduttori, un piano che è fondamentale per mantenere nel settore la leadership economica degli Stati Uniti, ma che solleva anche domande sull’interferenza del governo nel settore privato e sui potenziali danni causati agli alleati degli Stati Uniti in Europa e Asia orientale.

Nel discorso intitolato “The CHIPS Act and a Long-term Vision for America’s Technological Leadership”, pronunciato il 23 febbraio, la Raimondo ha parlato dell’incredibile opportunità degli USA per far esplodere la prossima generazione di innovazione americana, proteggere la sicurezza nazionale e preservare la competitività economica globale con il “CHIPS and Science Act”.

Firmato dal presidente Joe Biden nell’agosto 2022, il CHIPS and Science Act assegna 52,7 miliardi di dollari alla produzione di semiconduttori, alla ricerca e allo sviluppo e autorizza altri 24 miliardi di dollari in crediti d’imposta per la produzione di semiconduttori.

L’obiettivo dichiarato è quello di dominare l’industria tecnologica globale:

“Voglio – ha detto Biden- che gli Stati Uniti siano l’unico paese al mondo in cui ogni azienda in grado di produrre chip all’avanguardia avrà una significativa presenza di ricerca e sviluppo e produzione ad alto volume.

Saremo la principale destinazione al mondo in cui nei nostri laboratori di ricerca potranno essere inventate nuove architetture di chip all’avanguardia, progettate per ogni applicazione finale, prodotte su larga scala e confezionate con le tecnologie più avanzate.

Questa combinazione di leadership tecnologica, diversità dei fornitori e resilienza non esiste oggi in nessun’altra parte del mondo”. Tali dichiarazioni suggeriscono una inversione nella globalizzazione dell’industria dei semiconduttori per stabilire una catena di fornitura completa per ogni prodotto sul territorio statunitense, indipendentemente dal vantaggio comparativo. Morris Chang, fondatore ed ex CEO e presidente di TSMC, la principale fabbrica di semiconduttori al mondo (produttore di chip a contratto) e veterano di Texas Instruments da 25 anni, non la pensa così. Parlando a Taipei nel 2021, ha detto: “Se vuoi ristabilire una catena di fornitura di semiconduttori completa negli Stati Uniti, non sarà un compito possibile. Anche dopo aver speso centinaia di miliardi di dollari, scoprirai che la catena di approvvigionamento è ancora incompleta con un costo molto alto, molto più alto di quello attuale”. Va notato che la maggior parte dei nuovi progetti di circuiti integrati all’avanguardia sono sempre stati e sono ancora creati negli Stati Uniti, ma nel 2022, secondo le società di ricerche di mercato sette degli 11 principali clienti di Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC ) erano americani (Apple, AMD, Qualcomm, Broadcom, Nvidia, Marvell, Analog Devices e, numero 11, Intel), uno era taiwanese (MediaTek) , uno giapponese (Sony) e uno europeo (STMicro). Risulta quindi difficile credere che Sony, il principale produttore mondiale di sensori di immagine, debba stabilire attività di ricerca e sviluppo e produzione negli Stati Uniti, quando ha da poco costituito una joint venture con TSMC in Giappone. Al di fuori del Giappone, Sony Semiconductor ha basi di progettazione e sviluppo in Belgio, Francia, Finlandia, Spagna, Svizzera, Israele e Taiwan; basi di produzione in Tailandia (assemblaggio sensori immagine) e Cina (pickup ottici); e basi di vendita in Cina continentale, Hong Kong e Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Regno Unito e Stati Uniti (San Jose). Presumibilmente, la direzione ha una buona idea di cosa dovrebbe essere fatto e dove.

A dire il vero, la Raimondo non è un tecno-nazionalista completo:

“Cosa molto importante -afferma- non miriamo all’autosufficienza o cerchiamo di chiuderci fuori dai mercati globali o dalla concorrenza. E, naturalmente, siamo ansiosi di continuare a lavorare con i nostri partner e alleati per creare catene di approvvigionamento diversificate, resilienti e sostenibili, scrivere standard tecnologici in linea con i nostri valori e investire nel nostro futuro digitale condiviso”.

Ma il declino della produzione di semiconduttori negli Stati Uniti è evidente, la sua quota di produzione globale di chip è scesa dal 1990 dal 37% al 12%; nessuno dei semiconduttori più avanzati al mondo è ora prodotto negli Stati Uniti –

Raimondo ha continuato dicendo: “questa atrofia manifatturiera ha conseguenze reali. Per cominciare, è una minaccia per la nostra sicurezza nazionale. Molte delle nostre capacità di difesa, come armi ipersoniche, droni e satelliti, dipendono da forniture di chip che non sono attualmente prodotti in America”.

Nel 2001, gli Stati Uniti avevano più di 300.000 lavoratori addetti alla produzione di semiconduttori, ma negli ultimi 20 anni si è perso un terzo di quei posti di lavoro, mentre l’industria globale dei semiconduttori è più che triplicata, anche se permane il predominio schiacciante delle società americane nella progettazione e software di semiconduttori.

La Cina, ovviamente, ha preso la strada opposta, a suo grande vantaggio e con allarme del governo degli Stati Uniti. La Raimondo ha osservato che “negli ultimi due anni, la Cina ha prodotto oltre l’80% della nuova capacità globale per alcuni chip maturi e la loro quota di mercato è in crescita”. Tuttavia i dati della società di consulenza Gartner mostrano che tra i primi 10 fornitori di semiconduttori nel 2022 classificati per fatturato, sette erano americani (Intel, Qualcomm, Micron, Broadcom, AMD, Texas Instruments e Apple), due sudcoreani (Samsung e SK hynix) e uno taiwanese ( MediaTek). D’altra parteTaiwan da sola produce il 92% dei chip di punta del mondo. Definiti come circuiti integrati realizzati nel nodo di processo a 7 nm e inferiori, ciò significa produzione TSMC, il resto è realizzato da Samsung.

Eppure c’è già uno “scontro culturale” nella nuova fabbrica di TSMC in Arizona. L’anno scorso, EE Times ha citato un ingegnere americano che lavorava lì dicendo: “La cultura del lavoro a Taiwan è molto diversa da quella degli Stati Uniti. TSMC dovrà passare a una giornata lavorativa di otto ore cinque giorni alla settimana”, mentre gli ingegneri TSMC spesso lavorano più ore e sono sempre reperibili, nei fine settimana e di notte, in caso di emergenza. Resta il fatto che i miliardi che intende investire l’amministrazione Biden surclassano taiwanesi, sudcoreani, giapponesi ed europei, che pure stanno sovvenzionando e promuovendo le loro industrie di semiconduttori, creando per questi Paesi una minaccia, forse più pericolosa che fare affari con la Cina.

C’è inoltre il rischio di un eccesso di offerta, se le decisioni di investimento vengono prese da politici ambiziosi piuttosto che da dirigenti esperti e sensibili al mercato. I 39 miliardi di dollari di incentivi [ai sensi del CHIPS Act] riporteranno la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti, mentre altri 11 miliardi di dollari saranno destinati allo sviluppo della ricerca sui semiconduttori accaparrando talenti e professionalità.

Il cuore di questi investimenti sarà la creazione del National Semiconductor Technology Center. L’NSTC, partenariato pubblico-privato in cui governo, industria, clienti, fornitori, istituzioni educative, imprenditori e investitori convergono per innovare, collegare e risolvere problemi.

Qualcuno teme l’avvento di un pasticcio costoso, sfocato e burocratico.

L’American Semiconductor Innovation Coalition (ASIC) ritiene che l’NSCT possa funzionare fintanto che può sviluppare e attuare un “agenda pratica e tecnica incentrata sulla transizione dall’innovazione alla commercializzazione” e “essere ritenuto responsabile del raggiungimento di obiettivi chiari e misurabili”. Se non fosse che un modello analogo, tutto sommato, esiste già in Cina.

G.L.

 

Related posts

Brasile a settanta giorni dal voto Bolsonaro rinnova la sua candidatura, ma il socialista Lula è favorito

Redazione Ore 12

l petrolio sale di oltre il 5% a causa dei tagli alla produzione dell’OPEC+

Redazione Ore 12

Il dramma dei cristiani del Sahel

Redazione Ore 12