Imprese e Sindacato

Ripresa in chiaro oscuro, malgrado il boom del Pil restano ancora molte criticità da colmare

di Carlo Verdone – segretario nazionale ANCIMP

La ripresa economica è ormai un dato acclarato non solo dalle stime del Governo ma anche da numerose statistiche realizzate da Centri Studi (come quello di Confindustria) credibili ed affidabili. E’ vero che il 6,1% in più per il PIL italiano nel 2021 e un +4,1% nel 2022 recuperano abbondantemente il -9% del 2020 ma è altrettanto vero che bisogna tenere conto anche delle numerose criticità che questa ripresa non riesce ancora a colmare. Partiamo con l’occupazione: tutte le cifre rese note dai vari studi ed analisi del Ministero del Lavoro evidenziano che dopo la caduta dei vincoli di licenziamento non si è registrato il ciclone che si attendeva perché i 10.000 licenziamenti avuti a luglio sono in linea con quelli del 2019 ma qui non viene tenuto conto che ad uscire dal mercato del lavoro sono anche centinaia di migliaia di piccoli imprenditori e partite iva che la crisi covid ha letteralmente falciato.Fino ad ora la pandemia ci è costata oltre 300.000 attività che hanno chiuso i battenti e il numero è previsto in decisa crescita entro fine anno. Inoltre è da ritenere plausibile che nei prossimi mesi ci saranno ulteriori rimodulazioni sul personale per moltissime micro e piccole imprese che risultano il vero anello debole di tutto il sistema e che dovranno scontare anche una cronica e strutturale mancanza di investimenti.
La ripresa dei consumi prevista in aumento del 4,3% quest’anno e del 3,5% nel 2022 è frutto di una maggiore libertà di movimento dopo oltre un anno di chiusure e restrizioni e da una sospensione delle rate di mutui, prestiti e carichi tributari (sospensione che ha generato una moderata liquidità spesa soprattutto nei mesi estivi) che però tra qualche mese saranno di nuovo in pista e l’impatto sarà decisamente invasivo. Proprio sul fronte del credito alle imprese e sulle famigerate cartelle esattoriali bisogna che il Governo sia più incisivo e prenda provvedimenti risolutivi senza continuare ad utilizzare la politica del “rimando”. L’incertezza che viene generata da questi continui provvedimenti tampone che spostano il limite delle scadenze ogni volta di qualche settimana o mese provoca un danno enorme alle imprese e alle famiglie che non possono programmare gli investimenti. Provvedimenti sul c.d. “saldo e stralcio” e rateizzazione lunga senza sanzione per i debiti tributari devono essere prese con la massima sollecitudine facendole seguire da una riforma strutturale del Fisco che alleggerisca le imposte su imprese e famiglie generando quella liquidità necessaria ad approntare investimenti produttivi.
Altro fronte caldo è la riforma degli ammortizzatori sociali. Una riforma che deve puntare alla creazione di opportunità di reinserimento nel mondo del lavoro e non ad un semplice sistema di assistenzialismo statale ormai anacronistico e dannoso anche per la dignità di coloro che si trovano nello stato di disoccupazione. Occorre dare alla riforma un impianto innovativo, coinvolgendo aziende, enti di formazione, parti sociali e sfruttando anche tutte le potenzialità della rete nella creazione di opportunità lavorative. Il mondo del lavoro sta subendo una trasformazione epocale e non possiamo stare a guardare: bisogna agire nel tempo e nei modi che ci vengono imposti da questo cambiamento. Abbiamo constatato che il reddito di cittadinanza si è rivelata una pura forma di assistenzialismo statale (che beninteso è stata utile nei momenti più critici della crisi covid) ma che ha mancato l’obiettivo principale: reinserire i soggetti disoccupati nel mondo del lavoro. La misura deve essere completamente ripensata alla luce dell’esperienza fatta e prevedere un maggiore coinvolgimento delle imprese nei processi di riqualificazione e di formazione dei beneficiari del reddito di cittadinanza. Senza un percorso di formazione mirato e adeguato a sviluppare nuove competenze avremo sempre più soggetti che non riusciranno a competere sul mercato del lavoro.
L’Italia in questa fase si sta giocando il futuro di intere generazioni. L’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) non può prescindere da quelle riforme strutturali che l’Europa ci chiede e che comunque sono fondamentali affinchè gli investimenti previsti dal piano siano realmente produttivi e possano cambiare davvero il volto economico, sociale e produttivo del nostro Paese.

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