Primo piano

Sistema idrico, andare oltre il Pnrr

 

Convegno dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e acque irrigue

 

 

Dall’uragano ‘Medicane‘sulla Sicilia alla siccità, i dati lo dimostrano: l’emergenza climatica richiede interventi urgenti, serve uno sforzo comune per dare risposte concrete al territorio. Però, a fronte di 149 progetti per un importo da 1,62 miliardi presentati da ANBI, che potrebbero alleviare gli impatti sul territorio, nel PNRR ne sono stati finanziati solo per 520 milioni. Le opportunità però sono rilevanti: ad esempio 4 miliardi di investimento nel sistema idrico meridionale sono in grado di attivare l’1% Pil del Sud e circa 3 decimi del Pil del Centro-Nord, creando quasi 50mila posti di lavoro nel Mezzogiorno.Di questo si è occupato oggi ‘Conservare l’acqua per rispondere al grido d’aiuto dei territori’, convegno organizzato a Roma da ANBI- Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e acque irrigue, con la partecipazione, tra gli altri, di Alessandro Morelli, viceministro alle Infrastrutture e mobilità sostenibili e Francesco Battistoni, sottosegretario al ministero delle Politiche agricole, oltre a Luca Bianchi,direttore generale Svimez.

Il convegno è stato l’occasione per una comparazione, regione per regione, fra gli stati d’emergenza dichiarati, i rimborsi danni richiesti, i fabbisogni riconosciuti e gli importi realmente trasferiti dallo Stato, oltre alle risorse da attivare per contrastare l’emergenza climatica e le scelte operate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza- PNRR. ‘Bombe d’acqua, tempeste ed ora uragani: eventi meteo sempre più violenti non solo sono drammatici, ma bloccano lo sviluppo dei territori, diventando una variabile economica, cui bisogna rispondere con adeguati investimenti’, segnala Massimo Gargano, direttore generale ANBI. ‘È necessario rilanciare il Piano Invasi, da noi presentato nel 2017 con l’allora Struttura di Missione Italia Sicura, perché il territorio è impreparato alla crisi climatica in atto. È indispensabile che le infrastrutture idrauliche rientrino a pieno titolo fra gli assi strategici del paese’, aggiunge Francesco Vincenzi, presidente ANBI, ‘le risorse ci sono ma si parla troppo e solo di PNRR, il Paese non si blocchi rispetto alla programmazione successiva’. La proposta ANBI è che oltre al PNRR si realizzi un piano di investimenti per aumentare la rete degli invasi, un piano che permetta la costruzione di nuovi piccoli invasi su tutto il territorio nazionale.

La situazione è difficile, a dir poco. La Protezione civile, riferisce ANBI, indica danni per calamità naturali che ammontano a 7 miliardi di euro l’anno, ma a fronte di questa mole di devastazione ‘in media viene ristorato solo il 10% circa dei danni effettivi’. Ma su che tipo di territorio accade tutto ciò? Le Regioni più colpite sono Sicilia, Molise, Puglia, Basilicata, Emilia Romagna, Marche, Umbria e Abruzzo. Il danno stimato alla produzione agricola è stimato in un miliardo di euro l’anno, su 56 miliardi di produzione agroalimentare nel 2020. In Italia piove ‘male’, non di più, mentre il territorio subisce gli effetti della crisi climatica in atto. E abbiamo problemi di siccità, come rilevato anche oggi dal rapporto ISPRA diffuso oggi che riporta valori elevati del numero di giorni asciutti, superiori a 300 giorni in diverse aree del territorio nazionale, con punte di 341 giorni a Pescara e a Capo Carbonara (Sud Sardegna). In tutto ciò, avverte ANBI, l’80% di acqua piovana si disperde in mare e solo l’11% viene trattenuto negli invasi.

Intanto resta elevato il rischio per frane e alluvioni, che riguarda 3.341 comuni italiani, il 30% del territorio su cui vivono 7,5 milioni di abitanti, ricorda ANBI, e dove operano 680mila imprese con 2,5 milioni di lavoratori. E la conta degli eventi è impietosa: tra 2010 e 2020 si sono verificati 946 eventi estremi, come frane e alluvioni, che hanno causato 251 vittime e 50 mila sfollati. Ma il nostro paese tiene in considerazione il ‘valore territorio’? No: l’Italia è prima in Europa per consumo di suolo, con il 7,11% di territorio urbanizzato, pari a circa 2,1 milioni di ettari, ricorda ANBI. E nemmeno i guasti insegnano: è cementificato il 16,7% delle aree a rischio elevato di alluvione e il 5,2% di quello a rischio frana. E continuiamo a ‘mangiare’ suolo, a un ritmo impressionante: ogni secondo si perdono 2 metri quadri di suolo utile, pari a 14 ettari al giorno, ricorda ANBI.

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