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Tutte le minacce alimentari che hanno interessato l’Europa nel 2020. La gran parte in arrivo dai Paesi extra Ue

Il periodico on line OBC (Osservatorio Balcani e Caucaso) pubblica un reportage di Gianluca De Feo che denuncia come nel 2020 più della metà delle notifiche emesse dal sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi dell’Unione europea ha riguardato prodotti provenienti da paesi extra-UE. Se questi non saranno in grado di adattare le proprie filiere produttive alle normative comunitarie in materia di sicurezza alimentare, i rischi per i cittadini europei non diminuiranno

Infatti i paesi europei aderenti al sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi (RASFF) hanno notificato un totale di 3773 alimenti non conformi alle normative europee  in materia di sicurezza alimentare. Il sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi venne istituito nel 2002  , a seguito della cosiddetta crisi della mucca pazza, al fine di fornire alle autorità di controllo di alimenti e mangimi uno strumento efficace per scambiarsi informazioni. Questo scambio costante aiuta i paesi europei a coordinarsi per rispondere rapidamente a possibili minacce per la salute dei cittadini..

Al RASFF aderiscono i ministeri o gli organi preposti alla tutela della salute e della sicurezza alimentare di tutti i paesi membri dell’Unione europea, più Regno Unito, Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein, oltre che la Commissione europea,l’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) e l’EFTA (l’Associazione europea di libero scambio). A seconda della gravità della segnalazione, dello stato di distribuzione del prodotto sul mercato e della sua tipologia, le notifiche sono suddivise in quattro macro-categorie: le allerte alimentari, le notifiche di informazione, i respingimenti alle frontiere e le news. Le azioni di risposta sono intraprese dal paese che ha segnalato l’alimento e possono variare, a seconda della gravità della notifica, dalla comunicazione a paesi terzi, alla distruzione o il ritiro dal mercato, allo smistamento in un altro paese membro. 

Il numero di notifiche emesse nel 2020 è stato in leggero calo rispetto al 2019, quando si era toccato il record di 4118 notifiche. In generale, dal 2005 (anno successivo a quando il blocco di paesi dell’Europa orientale è entrato a far parte dell’UE e quindi del RASFF) la quota di notifiche annuali tende sempre a oscillare tra le 3000 e le 4000.

Nel 2019 il valore totale dei prodotti alimentari e dei mangimi scambiati tra i 28 paesi dell’Unione europea ammontava a più di 336 miliardi di euro, esattamente il triplo del valore di quelli importati dall’estero (112 miliardi di euro). Tuttavia, meno della metà dei prodotti notificati proviene da paesi dell’Unione europea. Il database RASFF non riporta esclusivamente le notifiche relative ad alimenti e mangimi importati o esportati, ma anche quelli destinati al mercato interno dello stesso paese di origine del prodotto: un fattore che diminuisce ulteriormente il peso relativo delle segnalazioni di prodotti europei.

È la Polonia, con 376 notifiche, il paese europeo da cui provengono più prodotti segnalati dal network RASFF nel 2020. Ben 276 di queste notifiche riguardano pollame e prodotti a base di pollame (la Polonia è il maggior produttore di pollame dell’Unione europea  ), segnalati nella grande maggioranza dei casi perché rilevata la presenza di batteri della salmonella e della Listeria monocytogenes. In particolare, nella prima metà del 2020, diversi paesi europei che avevano importato pollame dalla Polonia hanno segnalato alcune partite infette da salmonella che avrebbero addirittura provocato alcuni morti, dando vita a un vero e proprio caso mediatico  .

Seguono la Francia, con 234 notifiche, i Paesi Bassi con 214 e la Germania con 188. Questi paesi non evidenziano tuttavia una specifica categoria di prodotti particolarmente problematica; solo la Francia registra un numero di notifiche rilevante (52) nella categoria “molluschi bivalvi e prodotti derivati” (classificata nel grafico all’interno della categoria “altro”), dovuto prevalentemente all’export di ostriche contaminate da agenti patogeni quali il Norovirus.

Per i  paesi extra-europei che esportano cibo e mangimi nei paesi del network RASFF, quelli che registrano il maggior numero di notifiche sono India (456), Turchia (383), Cina (213), Stati Uniti (161) e Brasile (102). Nel caso dell’India, oltre il 70% delle notifiche riguarda l’export di frutta a guscio, prodotti a base di frutta a guscio e semi. Si tratta perlopiù di partite di semi di sesamo contaminate con il diossido di etilene, sostanza cancerogena e mutagena contenuta in alcuni pesticidi e bandita dalle normative comunitarie. L’allarme è stato lanciato nel settembre del 2020  dal Belgio, ma i richiami dal mercato  erano ancora in corso nel febbraio 2021.  i

La maggioranza dei prodotti segnalati nel caso della Turchia riguardano invece la categoria “frutta e verdura” (275 su 383 notifiche totali). 

Per prodotti notificati provenienti da Cina, Stati Uniti e Brasile segnalazioni di agenti tossici da materiali che si trovano a contatto con gli alimenti verso gli alimenti stessi. Le aflatossine  rilevati più di frequente di prodotti a base di frutta a guscio provenienti dagli Stati Uniti, oltre diversi tipi di sostanze nocive presenti in alimenti dietetici, integratori alimentari e alimenti fortificati. Quasi il 60% delle segnalazioni totali nel caso del Brasile riguarda invece la presenza di Salmonella in alcune partite di pepe nero.

Tra il 2017 e il 2019, i paesi che hanno esportato le maggiori quantità di alimenti e mangimi verso l’Unione europea sono stati Brasile, Stati Uniti, Norvegia, Cina, Argentina, Turchia e Svizzera. In tutti e tre gli anni presi in considerazione è stato il Brasile a guidare la classifica, con un volume annuale medio di importazioni di quasi 9 miliardi di euro; nel 2020, tuttavia, il paese sudamericano ha collezionato “solo” 102 notifiche. 

È evidente – e in parte comprensibile, prosegue l’articolo – che i paesi extra-europei abbiano maggiori difficoltà a rispettare le normative europee in materia di sicurezza alimentare. Lo dimostra il fatto che Paesi come Svizzera e Norvegia, due tra i più importanti partner commerciali dell’Unione europea, registrino un numero molto basso di notifiche. Causa di questa discrepanza sono sicuramente numerosi fattori, variabili da paese a paese, ma uno dei più evidenti è il fatto che in molte aree del mondo si continuano a utilizzare pesticidi e fertilizzanti vietati nell’Unione europea.

Un’analisi qualitativa degli agenti patogeni e tossici riportati dal portale RASFF dimostra infatti come gli alimenti scambiati all’interno dell’Unione europea siano prevalentemente contaminati da virus, batteri, funghi o parassiti, mentre quelli provenienti da paesi extra-Ue contengano anche un numero considerevole di sostanze tossiche artificiali. È dunque verosimile pensare che finché le filiere alimentari estere non si adatteranno con successo – almeno per quanto riguarda l’export – agli standard europei in materia di sicurezza alimentare, i paesi in questione continueranno a dominare la classifica delle notifiche RASFF.

AGC GreenCom 

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