di Giuliano Longo
Meno otto giorni, questo il tempo scandito per le terribili sanzioni di Trump alla Russia che faranno tremare Putin soddisfando l’Europa dei “volenterosi” e dando respiro al vacillante Zelensky.
Siccome Donald è “uomo d’onore” un po come lo shakeasperiano Bruto, sicuramente le sanzioni ci saranno, ma non bloccheranno, almeno nell’immediato, le operazioni militari di Putin impantanato in Ucraina, ma sul piede di una offensiva, che per quanto lenta e sanguinosa, potrebbe essere decisiva per laRussia.
Il bastone americano, che fa seguito alla carota del bon ton con Putin – sino a poco tempo fa “amico2 – sono già passate dal 500 (proposto da un senatore americano) al 100%, sulle importazioni dalla Russia o da qualsiasi paese che acquista petrolio e prodotti energetici dalla Russia, più il resto. .
Definite “dure”, “Punitive” e addirittura “spacca ossa” dal focoso Donald sono ormai un’ombra di ciò che erano gli scambi commerciali tra i due Paesi in calo del 90% dal 2021 prima dell’invasione dell’Ucraina e della “guerra di Biden”, come la continua a definire il Tycoon.
Nel frattempo la Russia ha sviluppato rapporti con una rete di partner essenziali a supportare il suo sforzo bellico. Sebbene l’economia russa rimanga in difficoltà, nel frattempo ha ampiamente resistito all’impatto delle sanzioni occidentali dal 2022.
Il Fondo Monetario Internazionale prevede che l’economia russa crescerà dell’ 1,5% quest’anno, altre fonti dello 0,9%, pure in presenza di una pesante inflazione.
Teoricamente le sanzioni economiche imposte per modificare il comportamento di un paese colpito, possono variare da restrizioni alle esportazioni e alle importazioni, al congelamento dei beni, restrizioni bancarie, divieti di viaggio e di visto.
Possono essere globali, ovvero riguardanti l’intera economia di un paese; settoriali, ovvero mirate a specifiche attività economiche; o dirette a persone ed entità specifiche. Per la Russia da tempo sono già tutte in atto anche se attuate solo dall’Occidente, che non è poco.
Ma, come al solito, il diavolo sta nei dettagli perché attualmente gli Stati Uniti sono meno propensi a collaborare a livello multilaterale con altri Paesi, con Kiev e l’Europa in particolare, per un migliore ed efficace coordinamento. Ma il problema è superabile se c’è la buona volontà.
Tutto sommato l’UE ha già attivato il suo 18° pacchetto di sanzioni, ma nell’immediato gli Stati Uniti hanno rifiutato di unirsi al blocco europeo per abbassare il tetto al prezzo del petrolio russo.
Inoltres econdo molti esperti, l’UE e Regno Unito rafforzano le sanzioni, ma ora quelle proposte al vaglio degli Stati Uniti potrebbero fare più male che bene.
Parliamo delle sanzioni secondarie, ovvero imposte ai partner commerciali di una nazione sanzionata. Ma come insegna la Fisica, ad ogni azione corrisponde una reazione, nel caso specifico intendiamo le misure di ritorsione.
Sanzioni e tariffe aggiuntive potrebbero avere effetti destabilizzanti su un’economia globale già turbata dai dazi a intermittenza di Trump.
Il commercio tra Stati Uniti e Russia è già crollato passando dai 38 miliardi di dollari nel 2021 a poco meno di 4 miliardi nel 2024. Le esportazioni statunitensi verso la Russia e le importazioni dalla Russia sono diminuite drasticamente dal 2021, rispettivamente del 73% e del 51%..
Vale la pena ribadire gli avvertimenti di molti economisti che giudicano i dazi delle vere e proprie tasse che impattano sulle aziende che epotano beni esteri negli Stati Uniti, non dal Cremlino, che poi scaricano i coti sui consumatori e sulle altre aziende che acquistano quei beni.
Nel caso specifico e la principale esportazione russa verso gli Stati Uniti nel 2024 è stata quella dei fertilizzanti. Prima dell’invasione la Russia era il maggiore esportatore di fertilizzanti a livello mondiale, seguita rispettivamente da Cina e Canada.
Ulteriori dazi sui fertilizzanti russi difficilmente verranno graditi dagli agricoltori americani che già soffrono a causa dei costi più elevati delle importazioni altrove.
Ma questo è solo un esempio, se volete marginale, perchè Trump punta sulle sanzioni secondarie contro la Russia che ha già sostituito il commercio occidentale con quello di altri Paesi anche in via di sviluppo, oppure ha semplicemente evitato le sanzioni instradando le sue merci attraverso paesi terzi.
Esaminare la rete di relazioni commerciali della Russia è fondamentale per capire se queste funzionano e quando no. E’ ormai evidente che l’’impatto limitato delle attuali sanzioni sull’economia russa è dovuto in gran parte alla capacità del Cremlino di trovare partner commerciali disposti a ignorarle.
Cina, Turchia, Germania, India e Italia esportano ancora quantità significative di prodotti verso la Russia, mentre Cina, India, Turchia, Uzbekistan e Brasile rimangono mercati cruciali per i prodotti russi, non solo energetici. Oltre la Corea del Nord che si è impegnata ad ampliare la cooperazione economica con Mosca, oltre allo scambio di soldati e tecnologie militari.
Il punto strategico di queste sanzioni “secondarie” rimane quindi India e Cina.
Guardando a quest’ultima non pare che XI voglia troncare i convenienti rapporti con Putin. Tanto più oggi che è impegnato nell’incerto scontro sui dazi con Trump di mostrando di non temere, anche se diplomaticamente, il suo bullismo “daziario”.
Il catalizzatore chiave per la cooperazione economica tra Cina e Russia, sono stati proprio i dazi imposti da Trump, ma soprattutto la loro strategia di Pechino e Mosca che puntano a un nuovo ordine mondiale (multipolare) guadagnando sostegno tra i membri, effettivi e quelli potenziali del blocco BRICS.
Questo spiega le recenti pressioni di Trump sull’India di Modi affinchè si allinei alle misure punitive previste, privandola però di fondamentali risorse energetiche a basso costo, indispensabili per il suo sviluppo.
Né è pensabile l’imposizione dei più costosi prodotti energetici americani, a questo colosso asiatico, come è avvenuto per la UE che si è impegnata ad acquistare quantità enormi del costoso gas liquefatto americano, senza avere ancora le strutture sufficienti per stoccarlo e nel dubbio che gli Stati uniti abbiano tali capacità produttive.
A ciò si aggiunga che l’interscambio fra india e Russia sfiora ormai i 60 miliardi di dollari, mentre quello con la Cina ha già superato i 240 senza contare quello con i Paesi Brics.
Forse poca cosa rispetto all’interscambio Usa – UE di quasi 1700 miliardi, ma quanto basta a destabilizzare la già incerta situazione del commercio internazionale, provato dalla aggressiva politica Trumpiana.
Vi è poi un’ultima considerazione.
Ammesso che le nuove sanzioni americane aggiungano peso a quelle Europee, ben difficilmente incideranno sull’andamento di un conflitto per il quale la Russia sta impiegando tutto il suo potenziale militare industriale.
Che è poi la droga di questo sistema economico a livelli produttivi ben superiori a quella di ogni singolo stato europeo. La somma non vale se non c’è un coordinamento verticale.
Certamente in futuro la Russia pagherà la dipendenza da questa droga, ma a questo punto le sanzioni hanno senso solo a fronte di un intervento militare diretto (e irresponsabile), che peraltro tTrump non vuole…ma non è detto perché un conflitto per procura può continuare meglio e indefinitamente.
Ma in un mondo dove è sufficiente un terremoto nella remota Kamchatka siberiana per scatenare uno tsunami in tutto il Pacifico orientale, comprese le coste degli Stati Uniti, è difficile che ad ogni azione non corrisponda una reazione…appunto.
