Drammaturgie ideate da reti neurali artificiali, bizzarre creature marine, biomi virtuali, nuovi modi di immaginare l’esplorazione spaziale e la possibilità di innamorarsi di un’Intelligenza Artificiale: è il futuro prossimo secondo lo sguardo di dodici artisti provenienti dall’India, dalla Cina, dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dalla Slovenia e dalla Spagna, oltre a una nutrita schiera di artisti italiani.
Con l’”elettrico” titolo Sparks and Frictions, si inaugura il 24 maggio a Roma la terza edizione di Re:humanism, la grande mostra collettiva che indaga il rapporto fra Intelligenza Artificiale e arte contemporanea, una relazione in grado di creare nuovi immaginari e nuove narrazioni, pensata nell’ambito di uno sviluppo sostenibile e inclusivo, con una postura critica rispetto al sempre più diffuso fanatismo tecnocratico.
Curata da Daniela Cotimbo, presidente dell’associazione Re:humanism, la mostra sarà visitabile fino al 18 giugno nei suggestivi spazi del WeGil, hub culturale della Regione Lazio gestito da Laziocrea, nonché edificio simbolo del razionalismo architettonico di Luigi Moretti.
In mostra le opere dei finalisti della terza edizione del Re:humanism Art Prize, selezionati dopo una call for artist svoltasi nei mesi precedenti e che ha invitato gli artisti a riflettere non soltanto sul profondo impatto generato dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale e sulle radicali trasformazioni che si prospettano all’orizzonte ma anche sul rapporto fra creazione artistica, new media, dispositivi tecnologici e temi scientifici che mette in gioco una serie di importanti riflessioni sull’identità, sulle relazioni e sui futuri possibili.
A queste opere si aggiungono poi i due progetti del Premio Digitalive di Romaeuropa, che verranno presentati in autunno nell’ambito del Romaeuropa Festival mentre fra le novità di quest’anno l’assegnazione del Premio Speciale Salvatore Iaconesi, dedicato al geniale artista, ingegnere robotico e attivista recentemente scomparso.
Molteplici i punti tematici di questa terza edizione: dalle New Ecologies, che mirano a ripensare le logiche dell’estrattivismo dei dati e delle risorse ambientali, alle New Narratives, prospettiva che intende rileggere la storia del progresso scientifico attraverso la lente della decolonialità, recuperando saperi e rituali arcaici che – messi in dialogo con l’innovazione – possono generare nuove mitologie; dalle esplorazioni del rapporto con il non-umano di Playing with non-human alle trasformazioni corporee nelle pratiche di biohacking di Hacking the Body; da Exploring Metaverse che raccoglie visioni, paure e sogni legati alla nuova frontiera della Realtà Virtuale a Machine Visions and Dreams, affascinante immersione nell’inconscio macchinico; fino ad arrivare a Other explorations, mappatura di sguardi differenti sui futuri che ci attendono.
In questi territori si muovono dunque le opere presentate dalla terza edizione di Re:humanism, a partire dalle prime tre classificate: Zoophyte, visionaria creazione dell’inglese Joey Holder ispirata dalla criptozoologia, che delinea un ambiente popolato da creature marine inventate, non scoperte o di cui la scienza ufficiale sa poco, per riflettere sul confine tra realtà e fantasia; il perturbante progetto dal titolo Monologo di Riccardo Giacconi che unisce le antiche tecniche del teatro di figura alle reti neurali artificiali; e The Martian Word for World is Mother dell’artista nord americana Alice Bucknell, un lavoro che intende ribaltare la prospettiva antropocentrica che domina le questioni legate all’esplorazione spaziale e alla colonizzazione di nuovi pianeti.
C’è poi l’opera cui è stato assegnato l’Emerging Prize, firmata dall’artista e designer cinese Yue Huang: Artificial Life decostruisce l’immaginario fantascientifico di un’Intelligenza Artificiale iper performante mettendoci davanti ai fallimenti di un’AI goffa e divertente. Sul fronte delle “nuove ecologie” si iscrivono invece sia Echinoidea Future – Adriatic Sensing dell’artista slovena Robertina Šebjanič e Ciò che resta di Piero Alfeo: la prima indaga le attuali condizioni bio-geologiche e morfologiche del riccio di mare plasmato dall’azione inquinante dell’uomo mentre la seconda affronta il problema dell’inquinamento acustico degli oceani e la necessità di rinegoziare i rapporti interspecie.
L’intersezione fra mondo naturale e tecnologia è invece centrale nell’opera Mythmachine dell’indiano Sahej Rahal, un bioma virtuale abitato da creature post-umane pensato per mettere in crisi le distinzioni binarie tra mente e corpo, umano e artificiale, mito e memoria; e per alimentare quelle “nuove narrazioni” che investono anche il lavoro di Ginevra Petrozzi dal titolo Bite Off More Than You Can Chew, dove l’analisi facciale eseguita dall’IA viene messa in dialogo con gli antichi sistemi di divinazione somatica, in un vorticoso intreccio fra arcaico e contemporaneo, pensiero magico e pensiero tecnologico.
Le trasformazioni delle relazioni sociali e quelle identitarie sono il territorio in cui si muovono sia Farming, opera firmata dalla giovane artista romana Federica di Pietrantonio che riguarda l’impatto delle piattaforme di gioco sulla vita quotidiana, fra hikikomori, neet e gold farmer; sia l’opera di Mara Oscar Cassiani che si aggiudica il Premio Speciale Salvatore Iaconesi, ovvero Ai Love, Ghosts and Uncanny Valleys. I broke up with my Ai and will never download them again, originale speculazione sulle possibilità di innamorarsi di un’Intelligenza Artificiale, presupponendo le stesse devianze che segnano le relazioni tossiche, dal ghosting alla sopraffazione.
Infine, i due progetti del Premio Digitalive che verranno presentati in autunno al Romaeuropa Festival: Slowly Fading into Data di Albert Barqué-Duran – che grazie all’utilizzo di tecnologie avanzate punta a creare nuove esperienze spaziali e temporali – e Retraining Bodies, una lecture-performance che esplora inedite possibilità di interazione Uomo-Macchina attraverso il suono.
Dodici progetti in totale, dunque, selezionati da una giuria composta dagli organizzatori, da esperti di arte contemporanea e nuove tecnologie digitali: Alfredo Adamo, Ceo di Alan Advantage; Andrea Bellini, Direttore del Centre d’Art Contemporain di Ginevra; Ilaria Bonacossa, Direttrice del Museo Nazionale Arte Digitale, Carola Bonfili, artista finalista della seconda edizione del Re:humanism Art Prize, Tiziana Catarci Direttrice Dipartimento Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale (Diag) dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza; Daniela Cotimbo fondatrice e curatrice del progetto Re:humanism; Mauro Martino, fondatore e direttore del Visual Artificial Intelligence Lab all’Ibm Research; Laura Tripaldi, dottoranda in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali all’Università di Milano Bicocca e curatrice della webzine Not di Nero edizioni. Alla giuria si aggiungono: la commissione che ha assegnato il Premio speciale Salvatore Iaconesi, costituita dai componenti di Her: She Loves Data, progetto di ricerca dell’artista, co-fondato assieme alla compagna Oriana Persico; e la commissione che ha assegnato il Premio Digitalive di Romaeuropa, composta dagli organizzatori e da Federica Patti, curatrice della rassegna Digitalive.