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Ail: “Ogni anno 30mila nuovi casi di tumore del sangue. Rafforzare rete di ricerca e cura

Sono circa 30mila ogni anno in italia i nuovi casi di tumore del sangue: grazie alla ricerca oggi i pazienti hanno più probabilità di guarire o convivere per anni con la malattia, mantenendo una buona qualità di vita. Sostenere i pazienti e le loro famiglie e favorire la ricerca scientifica per rendere disponibili terapie sempre più efficaci sono obiettivi che si raggiungono anche grazie all’alleanza concreta tra l’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (Ail) e l’ematologia italiana. Proprio questa alleanza è stata il focus della consueta conferenza stampa annuale, tenutasi a Roma, che Ail organizza in occasione della Giornata nazionale per la lotta contro leucemia, linfomi e mieloma, giunta quest’anno alla 17esima edizione. L’evento è stato dedicato al tema ‘Ail e l’ematologia italiana: un’alleanza concreta che guarda al futuro. Rivoluzioni terapeutiche e nuovi traguardi nella cura dei tumori del sangue’. Un incontro a tema medico-scientifico al quale hanno partecipato Sergio Amadori, professore onorario di Ematologia e consigliere nazionale Ail; Renato Bassan, direttore uo Ematologia ulss3 Serenissima di Venezia- ospedale dell’Angelo Mestre Venezia; Michele Cavo, professore ordinario di Ematologia, direttore dell’Istituto di ematologia ‘Seràgnoli’, direttore della specializzazione in Ematologia Irccs Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna; Fabio Ciceri, presidente Gitmo, professore ordinario di Ematologia università Vita-Salute San Raffaele, direttore unità di Ematologia trapianto di midollo osseo, Irccs ospedale San Raffaele di Milano; Maurizio Martelli, professore ordinario di Ematologia, Sapienza università di Roma, direttore uoc Ematologia Azienda policlinico Umberto I, Roma; Fabrizio Pane, professore ordinario di Ematologia e direttore uo di Ematologia e trapianti di cellule staminali aou Federico II di Napoli; Maria Teresa Voso, presidente Società italiana di ematologia sperimentale (Sies) e direttore uosd Diagnostica avanzata oncoematologia, Policlinico Tor Vergata di Roma; Ivan Cavicchi, professore di Sociologia delle organizzazioni sanitarie del Policlinico Tor Vergata, Roma; Anna Costantini, direttore uod Psiconcologia Azienda ospedaliero universitaria Sant’Andrea, Roma. Sono 120 i centri di ematologia sul territorio nazionale che operano secondo standard e protocolli condivisi in modo da assicurare ai pazienti una diagnosi precisa e uniforme in tutta italia. Inoltre, Ail finanzia la ricerca con 114 progetti di ricerca tutta in italia. “Da oltre 50 anni Ail è impegnata ad affiancare i pazienti ematologici e le loro famiglie, a sostenere la ricerca scientifica e a favorire il progresso della conoscenza nel campo dei tumori del sangue – spiega Pino Toro, presidente nazionale Ail – nel tempo, grazie alla ricerca, le terapie sono diventate sempre più efficaci e mirate e ne arriveranno altre in un futuro prossimo. Ail finanzia costantemente la ricerca sulle leucemie, i linfomi, il mieloma e gli altri tumori del sangue in tutta Italia”.  “In questa giornata – prosegue Toro -, l’informazione che Ail offre ai pazienti attraverso il numero verde, sempre attivo, viene diffusa dai più grandi professionisti dell’oncoematologia. La 17esima Giornata è dedicata proprio all’incontro dell’ematologia e dei cittadini, per questo si sono riuniti i maggiori rappresentanti del settore dandoci informazioni e aggiornamenti sullo stato delle cure, lo stato dell’arte, sulle possibilità terapeutiche. Quello che si è affermato ancora di più è che questa alleanza, tra Ail e l’ematologia, deve fare passi avanti e integrarsi sempre di più in un processo di cura. La terapia, il sostegno sociale e quello psicologico devono camminare insieme per umanizzare le cure e garantire i migliori risultati”. “Lavorare in rete è fondamentale – sottolinea Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità del ministero della Salute – è imprescindibile perché solamente attraverso un lavoro collaborativo si riesce a perseguire gli obiettivi più ambiziosi e importanti. Lavorare in rete rende disponibili laboratori in grado di effettuare analisi sofisticate che, a loro volta, permettono di identificare i migliori approcci terapeutici.Vuol dire creare registri nei quali raccogliere dati e informazioni la cui analisi consente la miglior gestione terapeutica dei pazienti. Lavorare in rete – prosegue – significa condurre ricerche con studi clinici controllati o randomizzati che consentono di ottenere risposte solide e robuste sull’efficacia o sull’inutilitià di determinati trattamenti. Lavorare in rete, infine, significa coltivare la capacità di travalicare i confini nazionali ed essere pronti al confronto internazionale e alla condivisione di risultati e protocolli. È il caso, ad esempio – ricorda l’onco-ematologo pediatrico – del protocollo di trattamento della leucemia linfoblastica acuta che da tanti anni ormai è unico non solo per i bambini italiani, ma per quelli di tutti i paesi europei. In questo modo si ottiene massa critica, si conducono studi importanti su casistiche considerevoli in un tempo limitato. Solo così si procede con l’avanzamento della scienza”.

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