Negli ospedali e comunque nelle strutture sanitarie italiane è allarme rosso per l’assoluta carenza di personale che mette a rischio le prestazioni sanitarie e soprattutto ospedaliere. Mancan personale nel 91,7% degli ospedali, mancanza di posti letto nel 70,8% dei casi, difficoltà organizzative (75%). Il tutto con le problematiche poste dalla necessità di conciliare i percorsi dei pazienti Covid con quelli non Covid, che comunque distraggono personale e letti, mettendo in difficoltà la gran parte delle strutture italiane. A fotografare lo stato di affanno della rete ospedaliera italiana nell’era post-emergenza è la survey lanciata da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, che ha in carico il 70% dei pazienti Covid. Gli ospedali italiani sono in difficoltà tra Covid, Long Covid e gli altri pazienti che tornano a bussare alle loro porte. L’indagine ha coinvolto tutte le regioni. A fronte di un 54,2% degli ospedali che non ha rilevato infatti alcuna recrudescenza delle malattie infettive no-Covid rispetto all’era pre-pandemica, il 37,5% ha denunciato un aumento, sia pur lieve. Consistente nell’8,3%% delle strutture. In oltre il 60% dei casi invece l’abrogazione dell’obbligo delle mascherine in molti luoghi anche al chiuso e la cancellazione delle altre restrizioni è probabilmente alla base dell’aumento dei pazienti con malattie infettive ricoverati recentemente negli ospedali. Aumento consistente nel 16,7% delle strutture, lieve nel 45,8%. Tornando al Long Covid nel 58,3% degli ospedali i pazienti che non si liberano dei postumi dopo essersi negativizzati sono tra il 5 e il 10%, nel 29,2% tra il 10 e il 20%, mentre solo il 12,5% è sotto la quota del 5%. In media quindi un paziente su dieci ne è afflitto, ma nel 50% degli ospedali i percorsi dedicati all’assistenza dei pazienti Long Covid non sembrano essere sufficienti rispetto ai bisogni, mentre nel 12,5% delle strutture non è stato attivato alcun servizio, invece presente ed in grado di rispondere efficacemente alla domanda di assistenza nel 37,5% degli ospedali. Il sintomo più diffuso resta quello della stanchezza cronica, accusata dal 91,7% dei pazienti affetti da Long Covid, seguito dalle difficoltà respiratorie (62,5%), la cosiddetta ‘nebbia cerebrale’, che rende difficile mettere ordine nei pensieri e concentrarsi nelle attività lavorative o di studio e che colpisce il 58,3% dei pazienti. Problemi cardiaci sono rilevati nel 29,2% di loro, mentre il 25% accusa problemi di natura neurologica. L’età media nel 70,8% dei casi è compresa tra i 30 e i 60 anni. Praticamente non rilevati gli under 30, mentre in oltre il 29% dei casi si tratta di over 60, con una quota di circa il 5% di ultraottantenni. In circa l’87% delle strutture, con la variante Omicron è rimasta sostanzialmente invariata la percentuale di pazienti Long Covid, mentre nel 12,5% delle strutture si è osservato persino un aumento dei casi. “A fronte di questo quadro – afferma Dario Manfellotto, presidente Fadoi – l’ospedale va ripensato secondo la cosiddetta ‘progressive patient care’, un modello che raggruppa i malati non più per singola specialità medica ma in base al grado di intensità di cura della quale necessitano: intensivo, medio-alto, basso”. “Alla missione salute il Pnrr destina complessivamente oltre 20 miliardi, 8,6 destinati agli ospedali a alla loro innovazione tecnologica. I soldi ci sono. Però – conclude Manfellotto – il piano finanzia tecnologie e strutture ma non può avere un’anima, e per averla serve una riorganizzazione del SSN, a partire dall’ospedale del futuro, individuando le giuste sinergie con il territorio. Una progettualità, al momento, ancora insoddisfacente”.
aggiornamento pandemia Covid ore 14.41