Politica

Letta punta sul “voto utile”. Ma la sfida non si polarizza

di Fabiana D’Eramo

Al principio di settembre c’è una missione sola. Arrivare con il Pd, anche solo di un millimetro, più avanti di Giorgia Meloni. Convincere gli indecisi negli ultimi venticinque giorni. Polarizzare la battaglia. Creare un bivio: o la sinistra o la destra. O la democrazia o la deriva sovranista.  C’è “un rischio democratico che il nostro paese non ha mai vissuto come in questo momento”, ha detto il segretario del Partito Democratico Enrico Letta in un video-appello al voto utile.  “Un +4% a Calenda o un +4% a Conte, tolti a noi, oggi consentirebbero alla destra di superare quel 70% di maggioranza parlamentare. Viceversa un +4% a noi ci consentirebbe di tenere la destra sotto al 55%, e quindi di riportare la partita nella contendibilità”. Quella di aver impostato la campagna elettorale più sulla descrizione della minaccia rappresentata dalla destra che sulla presentazione delle proprie proposte è stata un’accusa mossa spesso al PD negli ultimi anni, anche se forse non c’era ancora stato un appello così esplicito al voto utile. In questa campagna, con una premessa giustificata dalla sostanza, ma non accettata dalla controparte, il Pd ha mostrato tutto il suo desiderio di polarizzare il dibattito – i manifesti elettorali in rosso e nero con l’imperativo “Scegli” giocano sull’idea di un dualismo: “con Putin/con l’Europa”, “lavoro sotto pagato/salario minimo”, “discriminazioni/diritti”. Dualismo che a destra non viene menzionato. Sullo sfondo blu dei manifesti di Fratelli d’Italia c’è scritto “Pronti”. A suggerire che la scelta è già stata fatta.  Al di là dei numeri, che sono dalla loro parte, quello che emerge è che la coalizione di centrodestra, trainata da Meloni, non ha giganti contro i quali opporsi, e comunque non ne avrebbe bisogno. La destra basta a sé stessa per descriversi. Il Pd, al contrario, ha bisogno dell’avversario, o dell’alleato, per costruirsi. Con il risultato di sbandare da una parte all’altra, di essere con Draghi e con Conte, per il termovalorizzatore e contro il termovalorizzatore, e prima contrario al taglio dei parlamentari e poi a favore. In mezzo a tante fumosità, il tentativo di polarizzare la campagna elettorale tra Pd e Fratelli d’Italia è fallito. In più che la polarizzazione destra-sinistra che abbiamo conosciuto prima dell’avvento del Movimento 5 Stelle si è dissolta in un proliferarsi di ibridi e nuove proposte di centro che non rendono più possibile creare un’alternativa binaria. E infatti oggi a crescere sono le due forze politiche più in competizione col Pd: Azione e Cinque Stelle.  A Carlo Calenda, alleato e avversario nell’arco di una settimana, Letta rimprovera di aver disperso voti, di non avere avuto a cuore il destino dell’Italia, di averla consegnata ai sovranisti. Ma anche il leader di Azione crede che l’era della polarizzazione sia finita da un pezzo, e al segretario dem ha detto: “Ricordati da che storia vieni, non è così schematica Berlinguer-Almirante. C’era qualcosa di mezzo in Italia ed è molto importante”. Quel qualcosa, nel mezzo, di molto importante, lo vuole resuscitare al fianco di Renzi. All’evento di apertura della campagna elettorale del Terzo Polo a Milano, Calenda ha aggiunto: “Noi fermeremo la destra, ma non la fermeremo dicendo ‘fermiamo la destra’ ma dicendo agli italiani quello che vogliamo fare. È l’unico voto utile che c’è”. E Renzi ha rimarcato: “Siamo noi l’unico voto utile perché l’Italia torni a crescere. Dobbiamo salvare il paese. Da una parte c’è una destra sovranista tra le peggiori in Europa, dall’altra una sinistra populista.”  “Letta vuole costruire un inganno per i cittadini”, ha dichiarato l’altro alleato perso, Giuseppe Conte, “volendo bipolarizzare questa partita politica e facendo credere che l’unico da votare in alternativa alle ricette insostenibili e inadeguate della destra della Meloni sia lui con il Pd”. In realtà Letta lo crede perché il Partito Democratico è l’alternativa con più numeri dalla sua parte. D’altronde, stando ai sondaggi, da solo ha pochi punti in meno di FdI. Ma con il Rosatellum, che chiama “la peggiore legge elettorale di sempre”, questo vale poco. Per Matteo Salvini, il Pd “sa di perdere”. E infatti l’appello lanciato lascia intuire che forse l’obiettivo non è tanto vincere, ma almeno evitare che la coalizione di destra ottenga i due terzi dei seggi in parlamento. E quindi la possibilità di modificare la Costituzione.  E infatti Letta dice che no, i giochi non sono chiusi, che queste sono le settimane decisive, che quello che non si è fatto in anni si può conquistare in quindici giorni. Per il segretario, riporta l’Ansa, è una cosa buona che manchino tre settimane al voto e che “gli indecisi sono al 40% e i giovani non hanno ancora deciso cosa andare a votare”. Vuol dire che “la partita è tutta da giocare.” Non che abbia ottenuto l’invidiabile risultato di aver perso il sostegno convinto dell’elettorato di centrosinistra. Che per garantirsene i consensi debba scommettere sul voto utile, sull’alternativa che non fa paura, quella che non deve spiegare in quattro lingue che non ha nostalgia del fascismo. Se la posta in gioco è così alta – l’“emergenza democratica”, il rischio per l’equilibrio dei poteri, le garanzie costituzionali e lo stato di diritto – la scelta di votare Pd il prossimo 25 settembre, per l’elettorato di sinistra, dovrebbe essere una scelta obbligata. Eppure, non lo è. L’opposto della polarizzazione.

aggiornamento campagna elettorale ore 12.27

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