Economia e Lavoro

L’inflazione mina la ripresa e modifica i comportamenti di famiglie ed imprese

L’analisi della Confcommercio sugli ultimi dati dell’Istat

 

Anche a ottobre, seppure in misura minore rispetto alle attese, continua la crescita dell’inflazione che rischia di pesare sulla ripresa e di frenare i consumi come sottolineato anche dal presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli in una recente intervista. Secondo le stime preliminari l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,6% su base mensile e del 2,9% su base annua  (da 2,5% del mese precedente).Secondo l’Istat “l’ulteriore accelerazione su base tendenziale dell’inflazione è in larga parte dovuta, anche nel mese di ottobre, ai prezzi dei beni energetici (da +20,2% di settembre a +22,9%) sia a quelli della componente regolamentata (da +34,3% a +37,0%) sia ai prezzi di quella non regolamentata (da +13,3% a +15,0%)”. Commentando i dati dell’Istat, l’Ufficio Studi Confcommercio ha sottolineato che “le stime preliminari di Pil e inflazione, in entrambi i casi migliori rispetto alle attese, restituiscono la fotografia di un’economia che, seppur in deciso recupero (il Pil del terzo trimestre è inferiore dell’1,4% rispetto a quanto registrato nel quarto del 2019), si trova ora ad affrontare la sfida della crescita in un contesto nel quale non mancano le incognite“. “La più importante – prosegue la nota – è rappresentata dalla progressiva crescita dei prezzi al consumo. L’incremento dello 0,6% congiunturale, seppur al di sotto delle nostre stime per il contributo negativo fornito da alcune voci dei servizi, ha riportato il dato tendenziale a ridosso del 3%, soglia che potrebbe essere facilmente superata prima della fine dell’anno. L’inflazione sugli acquisti in alta frequenza, tra cui alimentari, affitti, carburanti, che impatta maggiormente sulle aspettative e sui comportamenti delle famiglie, passa dal 2,6% tendenziale di settembre al 3,2% di ottobre. Non si possono escludere effetti depressivi sui consumi dovuti alla perdita di potere d’acquisto dei redditi correnti e della ricchezza detenuta in forma liquida“.

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