Roma Capitale

Omicidio Vannini, le motivazioni della sentenza: “Ciontoli fu spietato”

“La condotta di Antonio Ciontoli fu, non solo assolutamente anti doverosa, ma caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto, sicché appare del tutto irragionevole prospettare, come fa la difesa, che egli avesse in cuor suo sperato che Marco Vannini non sarebbe morto”. Così scrivono i giudici della Cassazione in un passo delle motivazioni della sentenza che il 3 maggio scorso ha confermato la condanna a 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli in relazione all’omicidio di Marco Vannini. Con il verdetto della Suprema corte sono stati condannati anche i figli di Ciontoli, Federico e Martina, e la moglie, Maria Pezzillo.
Omicidio con dolo eventuale è il reato per cui Ciontoli padre è stato riconosciuto colpevole. Al resto della famiglia è stato dato il concorso anomalo. Gli ermellini scrivono: “Ciontoli era ben consapevole di aver colpito Marco Vannini con un’arma da fuoco e della distanza minima dalla quale il colpo era stato esploso; era inoltre consapevole che il proiettile era rimasto all’interno del corpo del Vannini, come gli aveva fatto notare anche il figlio Federico dopo il ritrovamento del bossolo, e, sebbene la ferita avesse smesso di sanguinare dopo essere stata tamponata, egli ha necessariamente immaginato, rappresentandosi e, nonostante ciò accettando il verificarsi dell’evento che quel proiettile potesse essere causa di una emorragia interna”.

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