Politica

Orlando (Lavoro): “Gli infortuni pesano per il 2,6% del Pil”

“Gli infortuni pesano sul Pil nella misura del 2,6%, gravando sul sistema sanitario, previdenziale, assicurativo, amministrativo e giudiziario, pesando sull’economia sana e lo stato sociale”. Lo sottolinea il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in audizione al Senato, osservando che “non esiste una correlazione diretta con l’indice di disoccupazione o con l’andamento dell’economia, non è vero che diminuendo il lavoro, cala il numero degli infortuni, e viceversa. Gli incidenti sul lavoro– prosegue- non sono il prezzo della crescita o il frutto della decrescita economica, ma sono correlati alla legalità del lavoro“.
Per Orlando “gli infortuni aumentano quando ci sono pochi controlli, maglie larghe nella contrattualistica, una più debole rappresentanza dei lavoratori”. Serve quindi, conclude, un “profondo lavoro culturale di educazione alla legalità perché il solo approccio repressivo non basta”. Il governo punta a una “riforma che ha proposto nel Pnrr in relazione alla piaga del lavoro nero. Entro la fine del 2022, infatti, adotteremo un ambizioso Piano nazionale per la lotta al sommerso, con l’obiettivo di ridurre sensibilmente – di almeno un terzo – la distanza dell’Italia rispetto alla media europea nella diffusione del fenomeno” spiega Orlando.
“La sfida– spiega- sarà soprattutto quella di rendere per le imprese i benefici dall’operare nella legalità superiori ai costi connessi all’utilizzo di lavoro irregolare, rendendosi a tal fine necessario un mix di misure di prevenzione e promozione del lavoro regolare accanto ad una ridefinizione delle misure di deterrenza. Stiamo già lavorando- continua Orlando- all’elaborazione di un nuovo strumento operativo in capo agli organi di vigilanza rivolto alle imprese, per un intervento diretto, urgente e risolutivo in materia di tutela della sicurezza del lavoro, del contrasto al lavoro irregolare e allo sfruttamento del lavoro, mediante un controllo sulle imprese che in sede ispettiva dovessero essere sorprese con: lavoratori in nero in misura superiore al 10 % degli occupati; con gravi violazioni in materia di sicurezza del lavoro; presenza di lavoratori sfruttati; in occasione dell’accertamento dei reati di lesioni, omicidio colposo, disastro, rimozione delle cautele etc”.
In presenza di tali condizioni “si prevedono varie misure di supporto alle imprese anche interdittive, secondo gradualità e proporzionalità, in base alla gravità, entità e pericolo, dei fatti accertati; misure che variano dalla sospensione dell’attività, all’interdizione dell’esercizio dell’impresa, fino al divieto di contrattare con la P.A. e di partecipare alle gare pubbliche”, conclude. “Non vi è alcun dubbio che alcuni, recenti, tragici eventi abbiano riacceso l’attenzione sul fenomeno delle morti bianche sul lavoro, dato tragico che in realtà non si è mai interrotto. La politica non può occuparsi delle morti sul lavoro solo in concomitanza con gli eventi di cronaca più eclatanti, è sua responsabilità presidiare questo terreno con continuità e con una capacità decisionale più intensa”. Lo sottolinea il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, osservando che “il livello centrale non è stato in grado di garantire quella omogeneità e continuità operativa, di copertura su tutto il territorio nazionale degli interventi di prevenzione, cui il Testo Unico attribuiva un ruolo fondamentale e che dovrebbero rappresentare uno strumento essenziale di stimolo e di contrasto alle disomogeneità”.
Quindi “per superare questo limite, bisogna rendere più fluido il sistema istituzionale disegnato dal Testo Unico: potenziare il ruolo di cabina di regia del Comitato prevedendo una struttura dotata di un apparato stabile, un raccordo con gli altri soggetti pubblici coinvolti, delle risorse finanziarie e i necessari interventi regolamentari utili a garantirne il funzionamento efficace. La redazione di un rapporto annuale al Parlamento inoltre- conclude- costituirebbe un utile elemento di informazione e riflessione. Data la gravità e le dimensioni del fenomeno non possiamo permetterci vuoti di attività istituzionale sul tema”.

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