Economia e Lavoro

Riaperture consentite per bar, ristoranti, trattorie e agriturismi, ma non per tutti. Il nodo dei requisiti

Riaprono da questo lunedì ristoranti, bar, trattorie e agriturismi italiani: la riapertura non riguarda però l’intera platea dei pubblici esercizi, ma solo quelli che possono rispettare le regole fissate dal Governo. Ovvero in primis il fatto che si può effettuare solo servizio al tavolo con tavoli all’aperto. Secondo dati Fipe, ad essere dotati di dehors è il 54% degli esercizi. Il che vuol dire che il 46%, pari a oltre 116.000 sui 360.000 totali, non potrà riaprire con il servizio ai tavoli ma solo proseguire con il servizio di asporto o delivery.

Coldiretti stima in quasi 140.000 i bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi con attività di ristorazione all’aperto presenti nelle regioni gialle, dove risiedono 46,6 milioni di italiani (78% del totale). Ad oggi, solo 5 regioni sono in zona arancione (Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Valle d’Aosta) ed una in rosso, la Sardegna.

In base al decreto del Governo, i ristoranti dovrannno privilegiare l’accesso tramite prenotazione e con una distanza minima tra i tavoli all’esterno di un metro. Rispettando, per le cene, il coprifuoco fissato alle 22 (al momento fino al 31 luglio, ma non si esclude la possibilità di ‘aggiustamenti’ in corsa). Ristoranti, enoteche, paninoteche possono proseguire l’asporto fino alle 22 e resta confermata la possibilità di take away, ma solo fino alle 18. Confermata anche, senza limiti di orario, la ristorazione negli alberghi, ma solo ai propri clienti.

E nel fine settimana ha creato scompiglio la circolare del ministero dell’Interno che introduce una limitazione ulteriore rispetto a quanto previsto dal Governo, vietando il consumo al banco nei bar. La Fipe ha spiegato che così si penalizzano ulteriormente bar e locali “proprio nel momento in cui si parla di riaperture” e che la circolare introduce “una penalizzante restrizione e ulteriore caos interpretativo. Il consumo al banco, regolato dai protocolli su distanziamento e capienza degli esercizi, permette in molti casi di snellire il servizio evitando assembramenti all’esterno ed è l’unica modalità di lavoro per numerosissime attività che non dispongono di spazi esterni”. Secondo l’interpretazione del ministero dell’Interno, spiega il presidente di Fipe Lino Stoppani, “per i bar al 26 aprile le misure restrittive sono addirittura peggiori di quelle che per mesi hanno adottato in zona gialla, perfino quando di vaccini non c’era traccia”.

Il nodo del consumo vietato al bancone si aggiunge quindi a quello sull’obbligo di servizio al tavolo all’aperto e al coprifoco alle 22, tutti vincoli che rendono più difficile la ripresa per le attività della ristorazione che complessivamente, ricorda la Coldiretti, coinveolge anche 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro.

E, per lunedì sera alle 22.01 in piazza della Signoria a Firenze i ristoratori di Tni Italia hanno organizzato uno “scoprifuoco” contro le restrizioni previste dal decreto che “oltre ad essere ridicole, non sono supportate da alcuna evidenza scientifica – spiegano i ristoratori – Se si dà la possibilità ai ristoranti di aprire a cena, bisogna mettere in condizione i ristoratori di lavorare, anche all’interno dei locali e senza coprifuoco, nel rispetto delle stesse regole che si rispettano fino alle 22”.

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