I talebani hanno annunciato il divieto per le donne di viaggiare da sole per lunghe distanze se non sono accompagnate da un uomo della famiglia. Si tratta dell’ennesimo passo indietro per i diritti delle donne in Afghanistan. La raccomandazione del ministero della Promozione della virtù invita inoltre gli autisti a non accettare donne sui loro veicoli se non indossano il “velo islamico”, ma senza precisare quale tipo di velo. A riportare le nuove direttive, che sembrerebbero entrare in conflitto con le promesse dello scorso 15 agosto, è stata al Arabya. “Alle donne che viaggiano per più di 45 miglia (72 chilometri) non dovrebbe essere offerto un passaggio se non sono accompagnate da un familiare stretto”, ha detto domenica all’AFP il portavoce del suddetto Ministero, Sadeq Akif Muhajir, specificando che si deve trattare di un parente stretto di sesso maschile. Le nuove norme giungono settimane dopo che il Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio aveva posto una stretta anche ai canali televisivi afghani, forzandoli ad interrompere l’emissione di soap opera filo-occidentali con attrici donne come protagoniste. Altrettanto importante è ricordare che il medesimo Dipartimento, in più occasioni, aveva invitato anche le giornaliste a indossare l’hijab. L’interpretazione dell’hijab da parte dei talebani – che può variare dalla copertura dei soli capelli, al velo per il viso, e arrivare a celare tutto il corpo – non è chiara e la maggior parte delle donne afghane indossa già il velo. Da una parte, attivisti sperano che la necessità dei talebani di ottenere il riconoscimento internazionale li porti a fare concessioni alle donne. Nonostante ciò, il 21 ottobre, il nuovo esecutivo aveva imposto ulteriori restrizioni alle donne impiegate negli uffici governativi di Kabul, impedendo ad alcune di loro di tornare a svolgere le proprie mansioni. Dalla riconquista dell’Afghanistan, con la presa di Kabul del 15 agosto, i talebani hanno inizialmente dichiarato che avrebbero consentito alle donne maggiore libertà, rispetto al passato, pur rimanendo nel quadro della legge islamica. Tuttavia, continuano a circolare notizie, confermate e non, su una generalizzata mancanza di tutela dei diritti del mondo femminile in Afghanistan. A tale proposito, il 20 ottobre, durante una visita in Russia, il vice primo ministro talebano, Abdul Salam Hanafi, ha assicurato che in tutto il Paese le donne continueranno a lavorare, anche nelle stazioni di polizia e negli uffici dei passaporti. “Stiamo cercando di fornire condizioni di lavoro alle donne nei settori in cui sono necessarie, secondo la legge islamica”, ha affermato il vice premier. Già lo scorso 24 di agosto, il portavoce talebano Zabihullah Mujahid aveva chiesto alle donne afghane che lavoravano di stare in casa, finché non fossero stati messi in atto sistemi adeguati per garantire la loro sicurezza. Inoltre, senza dare spiegazioni al riguardo, nessuna donna è stata inclusa tra i rappresentanti dell’esecutivo resi noti il 7 settembre e neanche successivamente. Sulla scia di questo atteggiamento, il 17 settembre, i talebani hanno chiuso il ministero pergli affari femminili, sostituendolo con un Ministero per la “Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio”, incaricato di far rispettare la legge islamica.
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