Politica

Giustizia, 67 magistrati chiedono aiuto a Mattarella: “Il Sistema raccontato da Palamara delegittima tutti noi”

di Pino Nano 

Le scriviamo – si legge nella lettera che 67 magistrati di ogni parte d’Italia hanno inviato oggi al Capo dello Stato Sergio Mattarella- avendo ben presente il Suo discorso del 21 giugno 2019 al Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, nel quale esprimeva, con fermezza, il grave sconcerto e la riprovazione per la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati, evidenziando come tali fenomeni avessero pesantemente compromesso il prestigio e l’autorevolezza dell’Ordine Giudiziario. 

In quel discorso, -precisano i magistrati che hanno deciso oggi di uscire allo scoperto- “Ella sollecitava modifiche normative per impedire l’inaccettabile costume che si era manifestato, augurandosi che il Parlamento provvedesse ad approvare un’adeguata legge di riforma delle regole di formazione del CSM”. 

I 67 giudici non si fermano qui, e questa volta hanno deciso di andare davvero fino in fondo, ricordando a Mattarella un concetto di fondo inoppugnabile: “Un anno dopo, il 29 maggio 2020, quando, imperversando e intensificandosi ulteriormente lo scandalo che sta abbattendo completamente la credibilità delle istituzioni giudiziarie, attraverso una nota del Suo Ufficio stampa, nell’evidenziare come in quel momento non potesse farsi luogo allo scioglimento del CSM, Ella ha ribadito come sia compito del Parlamento quello di predisporre e approvare una legge che preveda un Consiglio Superiore della Magistratura formato in base a criteri nuovi e diversi”. 

In tale occasione, – sottolineano i 67 magistrati- “prendendo atto che Governo e Gruppi parlamentari avevano annunziato iniziative in tal senso e auspicando che si approdasse in tempi brevi a una nuova normativa, considerava come fosse improprio un messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento per sollecitare iniziative legislative annunciate come imminenti”. 

Ma la realtà è più amara di quanto non si immagini. “Oggi, un altro anno è passato ma, con grande rammarico, dobbiamo prendere atto che il Suo accorato auspicio è rimasto inevaso e che le iniziative legislative, pur annunciate come imminenti, sono ben lungi dal tradursi in realtà. Nel frattempo, lo scandalo continua a imperversare e, lungi dal placarsi, è costantemente alimentato dall’uscita di nuove e allarmanti notizie che rendono il quadro complessivo sempre più inquietante e inaccettabile”. 

Nessuna mediazione difronte al Capo dello Stato, anzi la determinazione di una richiesta concreta urgente e perentoria: “Al netto di ogni tentativo di strumentalizzazione, di cui siamo pienamente consapevoli, riteniamo che i fatti, come pubblicamente esposti dagli organi di informazione, siano troppo gravi per rimanere inesplorati e non verificati”. 

Senza nessuna mediazione, soprattutto senza nessuna retorica, ma con grande forza morale e con grande efficacia mediatica i 67 magistrati italiani che questa volta hanno scelto di scrivere personalmente e direttamente al Capo dello Stato Sergio Mattarella denunciano di avvertire “una profonda contraddizione rispetto all’esigenza di trasparenza e completa conoscenza di quanto risultante dagli atti. Ufficialmente, essi sono confinati nelle mani di poche Autorità; di fatto, però, sono nella disponibilità di tantissimi, a cominciare dai media. Così, in questo contesto delicatissimo, il rischio di un loro uso strumentale e distorto, condizionato da convenienze e scopi particolari, è straordinariamente grave”. 

D’altra parte- aggiungono- “si resta attoniti e increduli nel constatare, pur a fronte di fatti che imbarazzano varie articolazioni delle istituzioni giudiziarie come mai accaduto in precedenza, una diffusa inerzia rispetto a iniziative che sarebbero tanto naturali quanto doverose”.

Eccolo però il vero cuore del problema: “Tra coloro che sono stati investiti dalle rivelazioni dei mezzi di informazione, infatti, solo una parte, pur significativa ma certamente non completa, ha liberato l’Istituzione che rappresentava dal peso di una situazione divenuta oggettivamente insostenibile, facendo un passo indietro, con le dimissioni da taluni incarichi ricoperti o con l’anticipato abbandono dell’Ordine giudiziario. Al contempo, in relazione a comportamenti che nell’esercizio delle funzioni non esiteremmo a censurare con fermezza, non solo difettano le doverose iniziative delle autorità competenti ma, sotto il profilo disciplinare, si è anche registrata l’adozione di una generale direttiva assolutoria, col conseguente rischio che comportamenti di tale genere, anziché essere sanzionati, siano avallati e ulteriormente incentivati”. 

L’attacco al Sistema che Luca Palamara ha raccontato dei dettagli, e forse non per intero, ad un grande giornalista come Alessandro Sallusti, è durissimo e quanto mai plateale. “Allarma, al riguardo, – sottolineano i 67 firmatari di questa lettera a Sergio Mattarella-apprendere dal racconto di un ex Presidente dell’Anm ed ex membro del Csm – che non risulta né smentito né oggetto di querele – che comportamenti di questo tipo sarebbero stati realizzati da chi, nominato proprio in nome di una forte discontinuità con il comportamento del suo predecessore costretto alle dimissioni, avendo il compito istituzionale di curare l’interesse pubblico al rispetto della disciplina da parte degli appartenenti all’ordine giudiziario, ha adottato siffatta generale direttiva. Frattanto, il tempo passa e per tutti i magistrati che non si riconoscono nelle perverse dinamiche disvelate dalle inchieste – vittime anch’essi, insieme ai cittadini tutti, di tali meccanismi – diventa sempre più flebile la speranza dell’avvio di quelle iniziative che stanno da tempo chiedendo a gran voce e che Ella ha fortemente auspicato”. 

Francamente hanno ragione tutti loro e non si può non condividere questa loro amarissima protesta. “Il vano trascorrere del tempo, inoltre, anche in ragione dei termini normativamente previsti per l’accertamento delle condotte dei singoli, pone a rischio ogni possibilità di futura verifica, tanto da farci ritenere auspicabile l’intervento di una Commissione Parlamentare di inchiesta volta a fare definitiva chiarezza. E tuttavia, pensiamo di non potere rassegnarci alla inerzia”. 

Nella parte finale della loro lettera-aperta al Capo dello Stato, i 67 magistrati italiani che l’hanno firmata e sottoscritta spiegano a Sergio Mattarella una verità incontestabile, e soprattutto impone risposte immediate. 

“Siamo da tempo e restiamo fermamente convinti -dicono-che la via per il ripristino della credibilità della Giurisdizione, oltre che per un’inequivoca e pubblica risposta agli appelli alla trasparenza (troppo spesso elusi, strumentalizzati o del tutto inevasi), passi ineludibilmente per una radicale riforma dell’Ordinamento giudiziario. Avvertiamo, in questo, perfetta sintonia con quanto Ella, purtroppo finora inascoltata, ha così autorevolmente e ripetutamente sollecitato”. 

Ma come se ne esce? Semplice. I magistrati lo spiegano al Capo dello Stato in questa maniera:“Due dovrebbero essere, a nostro giudizio, i punti essenziali e imprescindibili di tale iniziativa: l’inserimento del sorteggio nella procedura di selezione dei componenti del CSM e la rotazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi”. 

I giudici che hanno scelto oggi di uscire allo scoperto sanno perfettamente bene cosa chiedere al Capo dello Stato: “Lungi dall’essere in contrasto con la Carta costituzionale, specie ove seguito da una elezione successiva tra un numero predeterminato di candidati estratti a sorte (e non il contrario, come, forse non a caso, alcuni esponenti delle c.d. correnti hanno in passato proposto), il sorteggio rappresenta l’unico sistema idoneo a garantire l’imparzialità della funzione di autogoverno e l’effettività dei principi di distinzione dei magistrati soltanto per diversità di funzioni, di indipendenza dei magistrati e di soggezione dei giudici soltanto alla legge”. 

E lo spiegano ancora meglio in questo passaggio successivo: “La rotazione, a sua volta, è in grado di eliminare in radice il carrierismo e la concentrazione di potere in mano a pochi, fenomeno preoccupante e dei cui effetti distorsivi e dannosi le recenti cronache ci hanno resi tutti ancor più consapevoli. La rotazione negli incarichi direttivi e semi-direttivi sulla base di criteri legali – onde selezionare non i presunti “migliori”, la cui scelta può troppo facilmente avvenire in base alle distorte logiche che abbiamo appreso con sconcerto essere state non infrequenti, ma magistrati adeguati, temporaneamente addetti a compiti organizzativi – costituisce l’antidoto più efficace contro la degenerazione correntizia, che nella distribuzione degli incarichi secondo criteri di appartenenza trova la sua più intensa e frequente espressione, nonché, al contempo, la vera garanzia di un servizio adeguato e di una giurisdizione effettivamente indipendente e imparziale”.

Infine la conclusione amara di questa analisi cos’ spietata e così realistica, che andrebbe diffusa in tutte le università italiane dove si insegna diritto e giurisprudenza: “Per queste ragioni – sottolineano i 67 giudici al Capo dello Stato- Le chiediamo, nel Suo ruolo di garante della Costituzione, di intervenire affinché sia finalmente intrapreso il cammino per l’eliminazione dei fattori distorsivi dell’imparzialità e buon andamento della funzione di autogoverno, ripristinando la legalità delle sue dinamiche; siano rimosse le cause che hanno condotto alla grave delegittimazione di articolazioni essenziali dell’Ordinamento Giudiziario e del Sistema di autogoverno della Magistratura; sia assicurato l’allontanamento da tali ruoli di coloro che non sono risultati all’altezza del compito”.

E come se tutto questo non bastasse, aggiungono una postilla finale che è quasi un proclama di grande coinvolgimento generale: “Le chiediamo, signor Presidente, di tornare a intervenire con la Sua autorevolezza, per avviare finalmente l’ormai non più differibile azione di recupero della fiducia di cui l’Ordine Giudiziario e la gran parte dei Magistrati meritano di godere, e della credibilità della Giurisdizione, baluardo prezioso ed essenziale dello Stato di diritto delineato dai nostri Costituenti”.

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