Esteri

Libano, tanti in piazza contro il carovita a Beirut. Scontri con la polizia e feriti

E’ di una decina di feriti il bilancio di scontri nella notte in Libano tra manifestanti e militari nel contesto del graduale inasprimento della tensione sociale sullo sfondo di una crisi economica in corso da un anno e mezzo.   Lo riferiscono media di Beirut secondo cui manifestanti hanno ieri sera interrotto la circolazione su diverse strade della capitale e di altre città del paese dopo che la lira locale ha registrato un nuovo record negativo nel cambio col dollaro statunitense.  Per un dollaro ora servono più di 13.500 lire mentre solo 18 mesi fa ne bastavano 1.500. Questo crollo valutario, associato all’imposizione da parte delle banche libanesi di un rigido controllo dei capitali di piccoli e medi risparmiatori, ha acuito gli effetti di una crisi aggravata in seguito dagli effetti locali e globali della pandemia.   Distributori di benzina hanno da ieri cominciato a razionare la vendita di combustibile per timore di rimanere senza scorte a causa dell’assenza di fondi in dollari per acquistare il carburante.  Da settimane la Società elettrica libanese (Edl) raziona ulteriormente la fornitura di energia elettrica per uso domestico a causa dell’assenza di combustibile per alimentare le centrali. 

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“Newark non resterà a guardare mentre delle persone sono terrorizzate in modo illegale”: lo ha detto Ras Baraka, sindaco della città del New Jersey, negli Stati Uniti, denunciando blitz condotti dagli agenti federali dell’Immigration and Customs Enforcement (Ice). I fatti hanno seguito annunci e ordini esecutivi del neo-presidente Donald Trump per la deportazione di cittadini stranieri privi dei documenti necessari per risiedere in America. I RAID Secondo Baraka, che ha diffuso una dichiarazione ieri sera, i raid in città hanno portato a diversi arresti. In manette, “senza che fosse prodotto un mandato di cattura”, sarebbero finite sia persone residenti prive di permessi di soggiorno che cittadini americani. Operazioni dell’Ice sono scattate anche a Chicago e a Boston, due città considerate roccaforte del Partito democratico, passato all’opposizione a livello federale con la fine della presidenza di Joe Biden lunedì scorso. LA PAURA DI MANDARE I FIGLI A SCUOLA In settimana l’agenzia di stampa Associated Press ha pubblicato un servizio nel quale si sottolineano i timori di tante famiglie con radici migranti nel mandare i propri figli a scuola. “In molti distretti gli insegnanti hanno cercato di rassicurare i genitori sul fatto che gli istituti siano luoghi sicuri per i loro bambini nonostante le promesse elettorali del presidente di procedere a deportazioni di massa” si riferisce nell’articolo. “I timori si sono però intensificati quando l’amministrazione Trump ha annunciato martedì che avrebbe permesso alle agenzie federali preposte all’immigrazione di effettuare arresti anche in scuole, chiese e ospedali, ponendo fine a una politica in vigore dal 2011″. LO IUS SOLI Al centro del dibattito politico c’è anche lo ‘ius soli’, il diritto cioè alla cittadinanza americana per tutti i nati negli Stati Uniti, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori. Ieri un giudice federale di Seattle, John Coughenour, ha bocciato come “palesemente incostituzionale” un decreto di Trump che pone fine al riconoscimento di questo diritto. Il presidente ha già annunciato che farà ricorso contro l’ordCoughenour si è espresso a partire da una richiesta dell’attorney general di Washington, Nick Brown, e di altri Stati americani amministrati da democratici. Sul piano costituzionale il riferimento è il quattordicesimo emendamento, che recita: “Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla loro giurisdizione, sono cittadini degli Stati Uniti e dello Stato nel quale risiedono”. inanza della magistratura, che sospende il suo provvedimento per 14 giorni.

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