Covid

Galli: “C’è il rischio di una nuova pesante ondata di infezioni”

“Ci troviamo a dover fare i conti con queste nuove varianti” di Sars-CoV-2 “che avevamo già presenti nel nostro territorio e nostri ospedali, e che ci fanno prevedere che malati ne avremo molti di più e rischiamo di dover di nuovo fronteggiare un’ondata pesante di infezioni”. E’ lo scenario prospettato da Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco e dell’università degli Studi di Milano, intervenuto ad ‘Agorà’ su Rai3. “Un 37 o 40% in più di capacità di trasmissione”, dato indicato dall’Istituto superiore della sanità per la variante inglese di Sars-CoV-2, “vuol dire che” il virus “va anche più lontano del solito metro e mezzo” raccomandato come distanza minima da mantenere fra una persona e l’altra per evitare il contagio, sottolinea. “Sono ipotesi che hanno una loro logica e che ci spaventano in modo particolare”, spiega l’esperto, soprattutto perché la variante Gb è destinata a diventare presto prevalente in Italia “se non lo è già – precisa Galli – come mi era già capitato di dire qualche giorno fa, essendo abbastanza curiosamente smentito anche sulla realtà materiale che invece si è confermata nei giorni immediatamente successivi”. La maggiore trasmissibilità del mutante Uk significa che “probabilmente una concentrazione magari anche inferiore delle goccioline che vengono emesse” respirando “riesce ad arrivare ugualmente qualche centimetro più in là e a infettare – chiarisce l’infettivologo – semplicemente perché la maggiore affinità di questa variante per i nostri recettori cellulari fa sì che probabilmente cariche inferiori siano ugualmente in grado di infettare”. Risultato: anche se “per fortuna non sembra che sia più capace di ammazzare”, ricorda Galli, la ‘versione’ inglese del nuovo coronavirus contagia di più ed “è in grado di infettare più efficacemente anche i bambini e i giovani”. Infatti, conferma, “la media dell’età dei pazienti che abbiamo è un po’ più bassa rispetto al solito”. Non cambia però il bersaglio finale, perché “come sempre si infettano di regola prima i giovani e i bambini”, poi il virus arriva “a quelli di mezza età” e infine “anche agli anziani. Ed ecco che di nuovo avremo un quantitativo importante di fragili a rischio. Lo avremo – puntualizza lo specialista – se non riusciremo a completare in tempi brevi e realmente con efficacia la campagna vaccinale”. “E’ evidente che le cose non stanno andando per niente bene e che certi comportamenti sono sciagurati”, ha detto ancora Galli commentando gli assembramenti che – a dispetto di ogni raccomandazione anti-Covid – si sono visti nel weekend a Milano e in altre città italiane. “C’è l’illusione di avere alle spalle qualcosa che abbiamo ancora davanti, questo è l’elemento più tragico”, sottolinea. “Sono stato bersagliato da critiche per aver detto prima degli altri quella che è un’evidenza”, spiega. Descrivere una situazione che evolve negativamente “non diverte nessuno – precisa l’esperto – ma sta negli elementi banali di previsione che qualsiasi tecnico della materia, che abbia un approccio serio e scientifico, può fare”. Parlando poi del lockdown dice: “Non piace a nessuno” ma “ha un pregio e un limite. Il pregio è quello di far crollare le infezioni, il limite è che quando riapri, se le situazioni non vengono contenute, sei punto a capo. Però ora abbiamo il vaccino” che potrebbe essere usato anche “come effetto barriera nelle zone maggiormente colpite” con ‘un intervento a zone” quindi. “E’ da un po’ che provo a sostenerlo, non abbiamo la certezza che funzioni – afferma subito l’esperto – è una scommessa. Però secondo logica ed esperienza, dovremmo avere in questo strumento uno strumento valido e importante. Basta che ci sia il vaccino, però”.  Somministrare al numero maggiore possibile di persone una prima dose di vaccino anti-Covid senza preoccuparsi della seconda è una scelta che “per me, se si fa come sembra che il professor Draghi sia orientato a proporre come decisione del Governo, deve avere qualche paletto. Il paletto riguarda gli anziani più anziani, che potrebbero avere una risposta immune insufficiente a una sola dose più facilmente degli altri, le persone immunodepresse” per le quali vale lo “stesso discorso”, e in generale “quella parte di popolazione che per maggiori fragilità merita probabilmente il massimo della chance di sviluppare una risposta immunitaria”. 

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