Economia e Lavoro

Giugno mese dell’anno più tartassato Gli italiani hanno pagato quasi 64 mld

Nel mese di giugno gli italiani hanno pagato 63,9 miliardi di tasse: è la stima dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha calcolato le ritenute Irpef dei dipendenti, l’Iva, l’Ires, l’Imu, l’Irap, l’Irpef in capo ai lavoratori autonomi, le addizionali ecc., tutte scadenze fiscali, appunto, concentrate a giugno. “Non solo paghiamo molto – sottolinea la Cgia – ma dobbiamo affrontare la complessità e la farraginosità del sistema tributario, che purtroppo sta creando grandi difficoltà interpretative persino agli addetti ai lavori, come i commercialisti, gli esperti fiscali delle associazioni di categoria o dei Caf. Figuriamoci gli imprenditori, in particolar modo quelli di piccola dimensione che subiscono 80 scadenze tributarie e contributive ogni anno”. L’Ufficio studi della Cgia segnala che l’impegno economico più gravoso ha riguardato il pagamento delle ritenute Irpef dei dipendenti e dei collaboratori che ammontano a 13,9 miliardi di euro. Per i contribuenti con scadenza mensile (imprese e lavoratori autonomi), il versamento dell’Iva relativo al mese di maggio ha toccato i 13 miliardi. Altrettanto oneroso è stato il versamento del saldo 2022 e dell’acconto 2023 relativo all’Ires (Imposta sui redditi delle società di capitali). Le imprese hanno dato all’erario 12,7 miliardi. Il pagamento della prima rata dell’Imu-Tasi sulle seconde/terze case, sui capannoni, gli uffici e i negozi è costato 9,8 miliardi. Il saldo 2022 e l’acconto 2023 dell’Irap, invece, hanno “prelevato” dalle attività produttive 4,9 miliardi. L’Irpef in capo a tutti i lavoratori indipendenti (partite Iva) e agli altri percettori di reddito (da fitti, altri proventi, etc.) è costata 3,7 miliardi, mentre la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti (Tari) ha consentito alle multiutility che gestiscono questo servizio di incassare 2,6 miliardi di euro. In Ue – osserva la Cgia – solo la Francia e il Belgio hanno registrato un peso fiscale superiore al nostro. Se a Parigi la pressione fiscale nel 2022 era al 47,7 per cento del Pil, a Bruxelles si è attestata al 45,1 per cento. Da noi, invece, ha toccato la soglia record del 43,5 per cento. Tra i 27 dell’Ue, l’Italia si colloca al terzo posto. La Germania, invece, si è posizionata al nono posto con una pressione fiscale del 41,9 per cento, mentre la Spagna è al 12 posto con il 38,5 per cento. La media dei Paesi dell’Area dell’Euro è stata del 41,9 per cento. Infine, la Cgia osserva che l’evasione fiscale è ancora troppa ma sta scendendo: Nel 2022 il fisco ha recuperato dalla lotta all’evasione oltre 20 miliardi. Sebbene il 2020 sia stato un anno molto particolare a causa della pandemia, il tax gap stimato dal Mef è sceso a 89,8 miliardi di euro, di cui 78,9 sono ascrivibili al mancato gettito tributario e gli altri 10,8 miliardi sono il “frutto” dell’evasione contributiva.

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