Cronaca

Il killer di Fidene era pronto a fuggire dopo la strage. In uno zaino vestiti, passaporto e 6.000 euro in contanti

di Marino Marini

Era pronto a fuggire il killer che ha assassinato con freddezza tre donne alla borgata Fidene nel corso di una riunione di un Consorzio tra inquilini di un complesso residenziale nei pressi del lago del Turano, nel reatino.  Claudio Campiti, aveva con se uno zaino con 6.000 euro e documenti per l’espatrio. Le contestazioni della Procura di Roma contengono tra le accuse anche quella della premeditazione. Non è stato un raptus scatenato dalla rabbia, ma una azione preordinata, organizzata ed eseguita con freddezza  contro quelli che ormai considerava dei nemici da eliminare. Fortunatamente la pstola si è inceppata, altrimenti i morti potevano essere molti di più, visto che l’uomo aveva con se 170 proiettili e un secondo caricatore. Secondo le prime ricostruzioni fatte dai militari della scientifica dei Carabinieri, Campiti ha sparato sette-otto colpi, altri sette erano nel caricatore dell’arma che si è inceppata e altri 155 gli sono stati trovati addosso. L’uomo, fortunatamente è stato bloccato dagli stessi consorziati dopo l’inceppamento della pistola usata per la strage, pistola che avrebbe preso ad un poligono di tiro che ora è stato posto sotto sequestro. Campiti aveva chiesto il porto d’armi ma gli era stato negato. Il “no” era arrivato grazie alle informazioni fornite dai Carabinieri del luogo dove viveva, in provincia di Rieti, che avevano riferito delle liti in atto con il consorzio. Campiti aveva perso un figlio quattordicenne in un incidente in slittino nel 2012 a Sesto, in provincia di Bolzano. Il tribunale aveva condannato un maestro di sci e due responsabili del centro sciistico nel 2016. Nel 2017 la Corte d’appello aveva confermato la sentenza e il risarcimento di 240 mila euro per la famiglia. Nelle zone del reatino dove Campiti risiedeva la storia era nota, e c’è chi aveva notato nell’uomo, da quell’episodio in poi, un cambio di atteggiamento e carattere.

Tutte le persone presenti nel gazebo di un bar della Borgata Fidene erano parte in causa del Consorzio Valleverde che Claudio Campiti considerava il suo nemico. A morire sono state Elisabetta Silenzi, 55 anni, segretaria contabile del Consorzio, la consigliera Sabina Sperandio, di 71 anni, e Nicoletta Golisano, 50 anni, revisore dei conti, che conosceva il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. quattro feriti, di cui una in gravi condizioni, Fabiana De Angelis, 50 anni, ferita al cranio: “È in rianimazione al Sant’Andrea – ha fatto sapere l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato – è stata operata ed è costantemente monitorata”. Al ‘Pertini’ è stato portato Carlo Alivernini, 65 anni, che è stato colto da un malore ma “non ha avuto complicanze ed è stato dimesso” spiega ancora l’assessore, che domani andrà in visita al terzo ricoverato, al Policlinico Gemelli: si tratta di Silvio Paganini, 67 anni, ferito al volto: è lui l’uomo che si è gettato su Campiti bloccandolo. D’Amato ha fatto visita questo pomeriggio, invece, alla quarta paziente: Bruna Marelli, 80 anni, ferita al torace e ricoverata al Policlinico Umberto I: “È vigile e orientata, affidata alle cure dei medici e completerà il decorso qui, anche con un supporto psicologico”. Sarebbe lei la presidente del Consorzio contro cui Campiti si era scagliato più volte verbalmente. Da registrare le parole e la solidarietà del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in particolare le parole per una delle vittime:”Nicoletta (riferendosi a  Nicoletta Golisano, 50 anni, revisore dei conti ndr) era una mamma protettiva, un’amica sincera e discreta, una donna forte e fragile allo stesso tempo. Ma soprattutto – continua – era una professionista con un senso del dovere fuori dal comune. È stato quel senso del dovere a portarla lì, di domenica mattina, dove un uomo la aspettava per ucciderla a colpi di arma da fuoco, insieme ad altre due donne”.Maledetto senso del dovere. Scrive ancora Meloni, “l’uomo che ha ucciso queste tre donne innocenti e ferito altre tre persone è stato fermato e spero che la giustizia faccia quanto prima il suo corso. Eppure, la parola giustizia non potrà mai essere accostata a questa vicenda. Perché non è giusto morire così”. Anche il Consiglio nazionale dei commercialisti ha espresso “il suo profondo cordoglio per il barbaro assassinio della collega Nicoletta Golisano, ferita a morte assieme ad altre due persone innocenti nella sparatoria avvenuta questa mattina a Roma”. “A nome di tutti i 120mila colleghi d’Italia – afferma il presidente nazionale della categoria, Elbano de Nuccio – esprimo le più sentite condoglianze ai famigliari di Nicoletta e la massima vicinanza a Fabiana De Angelis, anche lei iscritta al nostro albo, ferita gravemente nel corso della stessa sparatoria”, recita una nota dei professionisti. “Tutta la nostra comunità è attonita e senza parole di fronte ad una tragedia di queste dimensioni. Nicoletta e Fabiana sono state colpite nell’esercizio della loro attività professionale: erano al lavoro, di domenica mattina. Nicoletta è caduta sul campo, come già avvenuto negli scorsi anni ai colleghi Costanzo Iorio e Liberato Passarelli, assassinati mentre svolgevano la loro attività di curatori fallimentari. Mentre piangiamo Nicoletta, abbracciamo i suoi famigliari e diciamo forza a Fabiana, invitiamo tutti a riflettere sui rischi ai quali tanti seri e integerrimi professionisti vanno incontro per il solo fatto di compiere quotidianamente e con enorme senso del dovere il proprio compito”, chiosa il numero uno dei commercialisti italiani.

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