Politica

La Lega del nord è in crisi: analisi di un partito alla deriva

di Viola Scipioni

I tempi del 27,6% alle regionali sarde del 2019 sono solo un lontano ricordo al Carroccio: il 3,8% delle elezioni del 25 febbraio sottolineano un’incredibile ascesa della crisi della Lega che spacca il partito tra chi vorrebbe continuare con la segreteria salviniana e chi incolpa l’attuale leader del disastro. Tra questi ultimi, spicca sicuramente l’ex deputato lombardo Grimoldi, che chiede a Matteo Salvini di farsi da parte: «ha troppi impegni come vicepremier e come ministro» ha detto, «vada avanti, ma dia la possibilità alla Lega di guardare al futuro». Più duro è l’eurodeputato Da Re che, in un’intervista su Repubblicanon ha fatto molti giri di parole, chiedendo esplicitamente a Salvini di dimettersi: «Salvini si deve dimettere. O se ne va con le buone o andiamo tutti in via Bellerio e lo cacciamo con le cattive». Un’altra ala del partito vorrebbe che i grandi esponenti Zaia, Fedriga e Giorgetti si riunissero per analizzare insieme la situazione e per spingere il partito ad eleggere un nuovo segretario, nonostante Fedriga abbia esplicitamente richiesto che ci sia unità all’interno del movimento politico pur non ignorando l’attuale crisi: «la Lega non è più quella del 34%» ha dichiarato il governatore del Friuli-Venezia Giulia in un’intervista sul Corriere della Sera. Dal canto suo, Salvini appare tranquillo: il leader del Carroccio può contare sui suoi fedelissimi in Parlamento, che evidenziano come a Palazzo non stia succedendo nulla che possa effettivamente far pensare ad una crisi. Mentre dunque i politici locali del nord Italia chiamano il partito “Salvini Premier” ancora una volta per sottolineare la svolta contronatura che l’attuale segretario ha dato al proprio movimento politico, i politici a Roma restano sereni. Il dato certo è che potremmo avere un quadro più concreto solo dopo i risultati delle elezioni europee di giugno.

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