Cronaca

La strage silenziosa da amianto nelle Forze Armate

I numeri parlano chiaro. Il mesotelioma ha reclamato il suo tributo con una devastante incidenza del 4,4%. Sono 982 le vite segnate.

 

di Massimo Maria Amorosini

L’amianto è un nemico invisibile, un vile assassino, che ha colpito e continua a colpire migliaia di vite, in Italia e nel mondo intero. Non conosce pietà, non risparmia nessuno. Non guarda in faccia a cittadini, né a lavoratori, ma neanche a coloro che, con onore e sacrificio, difendono la nostra amata Patria: i coraggiosi uomini e donne delle Forze Armate. Per loro, la battaglia contro l’amianto è andata ben oltre il dovere del servizio e non ha conosciuto distinzioni di grado o di uniforme. I numeri parlano chiaro, e sono più di semplici statistiche. Troppe le vite spezzate, troppi i sacrifici che non possono e non devono passare inosservati. Nel settore delle Forze Armate, il mesotelioma, crudele assassino alimentato dall’amianto, ha reclamato il suo tributo con una devastante incidenza del 4,4%. Sono 982 le vite segnate. Tutte storie di coraggio e dedizione che hanno conosciuto una fine prematura. E non è finita qui. Questi dati risalgono al 2018, e da allora la conta delle vittime è destinata ad aumentare. Parliamo insomma di dati che devono essere aggiornati fino al 2022 e, tenendo conto di tutte le patologie asbesto correlate, l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) stima che complessivamente, oltre 6.000 uomini e donne delle Forze Armate abbiano pagato con la propria vita l’esposizione a questo agente cancerogeno. Quanto alle bonifiche, esse sono tuttora in corso, come risulta dalle numerose sentenze e atti giudiziari. «Quella provocata dall’amianto è strage silenziosa che non conosce tregua, che non fa prigionieri e non conosce pietà. In Italia e nel mondo intero si continua a morire. A pagarne il duro prezzo, non sono solo i cittadini e i lavoratori, ma anche colori i quali sono chiamati a difendere il nostro Paese: gli esponenti delle Forze Armate»esordisce il Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Avv. Ezio Bonanni.Non è un capriccio del destino, no. È un dato di fatto, sancito finanche dall’ultimo rapporto del Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM)redatto dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) che, come accennato ha inserito tra i settori di attività maggiormente colpiti dal pericoloso patogeno, quello della difesa militare (4,4%). Ma la macabra conta non si ferma qui. Oltre alle 982 vittime di mesotelioma registrate, ci sono le altre malattie, altrettanto spietate, scaturite dall’esposizione all’amianto: l’asbestosi, le placche pleuriche, gli ispessimenti pleurici, il cancro ai polmoni e una miriade di altri terribili carcinomi.«Ed è per questo che oggi vi porgo un grido di dolore, un lamento che si innalza dalle viscere di quasi tutte le basi militari italiane, un’eco straziante che risuona dalle vallate della Toscana, dalla costa della Puglia, dalle spiagge della Sardegna. Il nostro coraggioso personale civile e militare è stato esposto per anni a questo malefico flagello, sia sulle basi di terra, sia all’interno degli spietati mezzi corazzati» prosegue l’Avv. Ezio Bonanni.Nell’ Esercito Italiano ad esempio, i militari hanno affrontato l’incubo dell’esposizione per troppo tempo. Sono state oltre 3mila le applicazioni del patogeno. Tra i ruggiti dei motori, nei corpi possenti degli aeromobili, nei freni incandescenti, negli abiti da battaglia, nei dispositivi antincendio e nei sistemi missilistici per la difesa aerea, l’amianto non ha dato tregua.Ma non è solo l’Esercito a portare sulle spalle questo terribile fardello. Tutti i corpi delle Forze Armate, dal Comparto Sicurezza alla gloriosa Marina Militare, sono coinvolti. Fino agli anni ’80 tutte le unità navali della Marina Militare hanno fatto uso massiccio di amianto e di altri materiali che lo contenevano.Addirittura dal 1945 al 1985 furono in servizio nella nostra Marina Militare decine di navi di superficie e sottomarine “ex americane” (U.S-NAVY), con presenza di amianto. Persino nelle costruzioni navali nazionali, realizzate negli anni ’70 e ’80, è stata conservata questa presenza nefasta. L’Incrociatore Portaeromobili “Garibaldi”, le Fregate Classe “Lupo” e “Maestrale”, i Sottomarini Classe “Sauro”, gli Aliscafi Lanciamissili, i Cacciamine Classe “Lerici”, le Navi Ausiliarie d’Altura Classi Anteo” e Stromboli”, tutti portano il marchio infame. L’amianto era ovunque, radicato in ogni componente del motore, intessuto nelle tubature e nelle condotte, perfino spruzzato sulle paratie metalliche per garantire un adeguato isolamento termico, acustico e per le sue proprietà ignifughe. E questa situazione di rischio coinvolgeva tutti gli arsenali e le basi navali della Marina Militare Italiana (La Maddalena, Cagliari, Augusta, Messina, Taranto, Brindisi, Napoli, Livorno, Ancona e Venezia).«La vera guerra dei militari è quella combattuta contro le malattie da amianto. In Italia muoiono più soldati per essere stati esposti al materiale killer sugli elicotteri, sui carri armati, sulle navi, nei sommergibili e sugli aerei, piuttosto di quelli che combattendo le guerre o partecipando alle missioni nei territori a rischio. L’amianto, unitamente agli altri cancerogeni come l’uranio impoverito, ha avuto e sta avendo un impatto sul personale delle Forze Armate e del Comparto Sicurezza. E’ per questo motivo che l’Osservatorio Nazionale Amianto sta combattendo affinché emerga chiaramente questa strage silenziosa». Questo il commento dell’avvocato Ezio Bonanni, con parole che sono un grido di battaglia, un appello alla giustizia per coloro che hanno dato tutto. Divenendo l’anello di congiunzione tra i vivi e i morti, tra i giusti e gli indifferenti, ONA è la voce di chi non può più parlare, di chi ha dato tutto per il nostro Paese.L’associazione combatte da anni al fianco del personale civile e militare esposto. Molte le vittorie in sede giudiziale. In più occasioni ha persino ottenuto la condanna del Ministero della Difesa al risarcimento dei danni subiti dai militari per causa di servizioe dai loro familiari. A richiedere giustizia all’ONA sono infatti più di ottocento vittime, di cui più di trecento appartenenti rispettivamente alla Marina e all’Esercito. Le vittime sono molte, e dietro ogni nome c’è una storia di coraggio e sacrificio. Tra questi ricordiamo Paolo Bottero, che aveva prestato servizio per l’Esercito Italiano ed è deceduto per mesotelioma pleurico a soli 43 anni. Altra vittima del patogeno è stato anche Luciano Calaci, furiere e segretario della Marina, il quale ha prestato servizio su due navi dove è stato lungamente a contatto con l’asbesto. Alla lunga lista aggiungiamo anche un altro esponente della Marina Militare, Antonio Ballini e ancora l’elettricista e sommozzatore di bordo Salvatore Carollo e Salvatore Arcieri. A questi si aggiungono i nomi degli appartenenti agli altri corpi delle Forze Armate, come Fabio Fabretti, aviere missilistico dell’Aeronautica militare, morto a soli 67 anni proprio per mesotelioma. Ma non è solo il mesotelioma ad aver mietuto vittime tra gli appartenenti alle Forze Armate. Il sottufficiale della Marina Militare, Francesco Volterrani, è deceduto a soli 53 anni a causa di tumore del polmone, perché aveva respirato in servizio amianto e altri cancerogeni. L’appuntato scelto dell’Esercito, ora in servizio presso la Guardia di Finanza, Marco Sedda è stato colpito invece da ispessimenti pleurici e placche pleuriche, altre tipiche malattie dovute alla fibra killer come lo è l’asbestosi polmonare, di cui invece soffre Nicola Panei, arruolatosi nell’Aeronautica Militare a soli 19 anni, il quale, dopo 25 anni di servizio nel comparto antincendio, ha ricevuto la diagnosi di questa infiammazione. Oggi i loro nomi rimangono incisi nella memoria di coloro che li hanno conosciuti e amati.Fatte queste premesse, non possiamo dunque voltare le spalle ai nostri eroi. La battaglia continua, e insieme possiamo vincere. Perché questa strage senza nome non può e non deve persistere. Abbiamo il dovere di porre fine a questa ingiustizia. «Al di là dell’annullamento di alcune statuizioni– ha commentato lavvocato Bonanni, che ha assistito i familiari di tre delle vittime – è confermata la sussistenza del reato di omicidio colposo, in relazione all’esposizione, diretta, indiretta e per contaminazione degli ambienti, e della violazione dei doveri anche della stessa Marina Militare che avrebbe dovuto evitare ogni forma di esposizione all’amianto killer. È la prima volta che un alto ufficiale della Marina Militare, e la stessa Forza Armata come responsabile civile, abbiano ricevuto la condanna definitiva per il reato di omicidio colposo, con violazione delle regole cautelari. Ricordiamo che è ancora pendente in indagini il procedimento Marina ter”, nel quale già nel 2018, erano confluite 1100 posizioni di vittime di amianto in Marina Militare. Di Donna è stato ritenuto colpevole in via definitiva dalla Suprema Corte di Cassazione ed è quindi il punto fermo che permette di dare una speranza di giustizia a tutti coloro che nelle Forze Armate sono stati esposti ad amianto, si sono ammalati, o sono deceduti». L’Osservatorio Nazionale Amianto ha le idee chiare per fermare la strage. La recente condanna di un alto ufficiale della Marina Militare per una di queste morti è un segnale forte, ma non basta.Per porre fine a questa strage, è essenziale concludere la bonifica di tutti i siti contaminati da questo killer invisibile. «C’è unincrostazione nella direttiva tecnico-normativa che ha ritardato la messa in sicurezza dei siti e la bonifica– continua Bonanni -. Le esposizioni sono quindi proseguite. Dati i tempi di latenza elevati, i malati di oggi sono gli esposti di ieri, di venti o trent’anni fa. Questo rischio è un rischio ancora sconosciuto alla popolazione ma che, grazie all’impegno dell’Osservatorio Nazionale Amianto, si cerca di portare alla luce: una vera e propria strage dell’amianto. Lo Stato è responsabile di queste morti, di non aver impedito luso dell’amianto, anzi di averlo utilizzato nelle strutture pubbliche, e di non averlo bonificato».Insomma, lo Stato è chiamato a rispondere delle sue scelte, delle sue responsabilità. La battaglia contro l’amianto non può essere vinta senza una presa di coscienza collettiva, senza un impegno totale a difesa della vita di coloro che hanno difeso la nostra.È ora di dire basta. Basta a una strage che continua a mietere vittime tra coloro che hanno dato tutto per noi. È ora di onorare la loro memoria con azioni concrete, con una battaglia che non possiamo più permetterci di perdere. La loro voce non può essere dimenticata, e il loro sacrificio non può essere vanificato.

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