L’Italia è una delle economie più sostenibili del G20 e dell’Unione Europea. Nel 2023 l’intensità di emissioni dell’economia italiana è stata di 0,12 kg CO₂e per dollaro di PIL, quasi un terzo inferiore alla media del G20 (0,32 kg CO₂e/$). Nonostante sia la seconda manifattura dell’Unione Europea, l’Italia occupa solo il diciassettesimo posto per intensità di emissioni. Questo un passaggio del Report dell’Uffici Studi di Confindustria. L’intensità delle emissioni del comparto manifatturiero è calata del 17,1% tra il 2014 e il 2023 e risulta inferiore del 5,1% rispetto alla media dell’UE e tra le più basse d’Europa. Nonostante l’ampia diversificazione dell’industria italiana circa il 71,5% delle emissioni della manifattura italiana proviene da quattro settori principali: minerali non metalliferi (23,8%), derivati del petrolio (19,0%), prodotti chimici (14,9%) e metallurgia (13,8%). Questi settori rappresentano circa il 15% del valore aggiunto manifatturiero.Esiste un’Europa a due velocità” per quanto riguarda l’adozione delle pratiche circolari. Dove i paesi, appartenenti alla cosiddetta “Vecchia Unione” (Germania, Belgio, Paesi Bassi, Francia, Spagna e Italia) guidano la transizione. Questa disparità richiede maggiore coordinamento e supporto a livello europeo per garantire una transizione circolare omogenea. Uno dei punti di forza della circolarità del sistema industriale si può riscontrare nel basso uso di risorse per la produzione. L’economia italiana registra una produttività delle risorse di 3,6 €/kg, superando nettamente la media UE (2,2 €/kg). La produttività energetica è pari a 11,80 € per kilogrammo equivalente di petrolio (kgoe), superiore a Francia (10,23) e Spagna (9,94). Siamo inoltre fra i leader europei nella gestione dei rifiuti: nel 2022, il paese ha riciclato il 53,3% dei rifiuti urbani, superando la media UE del 49,1%. Settori chiave come il riciclo degli imballaggi in plastica (54,6%), vetro (80,8%) e metalli (78,0%) mostrano performance superiori alla media europea. Il valore aggiunto dell’economia circolare rappresenta il 2,7% del totale in Italia, superiore alla media UE (2,3%) e maggiore anche degli altri grandi paesi europei. Alti anche i risvolti occupazionali, con oltre 613 mila addetti nel settore. Nonostante le ottime performance, l’Italia dovrebbe aumentare la sua capacità di innovazione. Difatti, il numero di brevetti legati al riciclo e all’economia circolare (0,36 brevetti per milione di abitanti) è inferiore a quello di Germania, Francia e Spagna. Per stimolare una crescita sostenibile e competitiva, occorrono politiche mirate, piani per aumentare gli investimenti e maggiore collaborazione pubblico-privato.
- Sostenibilità dell’economia italiana
L’Italia è una delle economie più sostenibili del G20 e dell’Unione Europea. Nel 2023, l’intensità delle emissioni di gas serra (GHG) dell’Italia è stata pari a 0,12 kg di CO₂ equivalente per dollaro di PIL (kg CO₂e/$). Questo valore è nettamente inferiore alla media del G20 di 0,32, evidenziando un’efficienza superiore di quasi tre volte. Soltanto la Francia e il Regno Unito fanno registrare valori più bassi, entrambi a 0,10 kg CO₂e/$. Anche al di fuori dell’Europa, l’efficienza italiana risulta evidente. Gli Stati Uniti, pur essendo una delle economie più avanzate del mondo, mostrano un’intensità di 0,24 kg CO₂e/$. Ancora più distanti sono le economie emergenti: la Cina raggiunge 0,51, mentre il Sudafrica registra addirittura 0,61.
La manifattura italiana rappresenta un esempio particolarmente virtuoso di performance ambientale. L’intensità delle emissioni del comparto manifatturiero è calata del 17,1% tra il 2014 e il 2023 e risulta inferiore del 5,1% rispetto alla media dell’UE e tra le più basse d’Europa. Nonostante sia la seconda manifattura dell’Unione Europea, l’Italia occupa solo il diciassettesimo posto per intensità di emissioni (meglio di noi solo la Germania, se si contano solo i grandi paesi manifatturieri).
L’impegno nella riduzione degli sprechi, la scarsità di materie prime e l’ottimizzazione delle risorse anche in risposta allo shock energetico del 2022, hanno permesso al sistema industriale italiano di ridurre le emissioni in modo sostanziale. Nonostante l’ampia diversificazione dell’industria italiana, nel 2023, circa il 71,5% delle emissioni della manifattura italiana proviene da quattro settori: minerali non metalliferi (23,8%), derivati del petrolio (19,0%), prodotti chimici (14,9%) e metallurgia (13,8%). Questi settori rappresentano circa il 15% del valore aggiunto manifatturiero
Nel settore della metallurgia, l’Italia si distingue per una maggiore riduzione dell’’intensità emissiva con una variazione media annua dal 2008 al 2022 di circa il 3,6%, molto più bassa rispetto alla Francia (-1,0) mentre Spagna e Germania fanno registrare addirittura un aumento (rispettivamente +0,4 e +2,2). Performance anche positive si registrano nel settore dei minerali non metalliferi (-3,8) e della chimica (-1,2).
- La circolarità come opportunità di sviluppo
L’economia circolare rappresenta una risposta strategica alla crescente carenza di risorse naturali e agli elevati impatti ambientali legati al modello economico lineare tradizionale, basato sullo schema “estrarre, produrre, usare e scartare”. In questo contesto, l’economia circolare punta a chiudere i cicli di vita dei prodotti, estendendone la durata e minimizzando i rifiuti attraverso pratiche come il riciclo, il riuso e la rigenerazione dei materiali.
L’importanza dell’economia circolare è ormai riconosciuta a livello globale, anche per limitare il rischio di overshoot dei limiti planetari, ovvero il superamento della capacità della Terra di rigenerare le risorse consumate. È necessario quindi accelerare la transizione da modello lineare a modello circolare per garantire la sostenibilità a lungo termine.
L’Unione Europea si è posta in prima linea con iniziative come il Green Deal Europeo e il Piano d’Azione per l’Economia Circolare, che mirano a rendere l’Europa climaticamente neutra entro il 2050 e a sviluppare un’economia a basse emissioni e ad alta efficienza nell’uso delle risorse. Il piano d’azione include misure legislative e incentivi per sostenere la transizione verso un’economia circolare e competitiva, e pone l’accento sul riuso e il riciclo dei materiali, sulla progettazione ecocompatibile e sulla promozione di modelli di business circolari.
L’Italia, che si colloca tra i leader europei e mondiali nell’adozione di pratiche circolari , ha avviato una serie di iniziative per ridurre la dipendenza dalle materie prime vergini e promuovere l’uso efficiente delle risorse. Un altro aspetto fondamentale riguarda il ruolo dell’economia circolare nel migliorare la resilienza economica, soprattutto in tempi di crisi. Alcuni studi sottolineano come una transizione verso la circolarità possa ridurre la dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali e mitigare i rischi legati alla volatilità dei prezzi delle materie prime. In particolare, alcuni settori a più alta intensità di utilizzo di materiali potrebbero beneficiare enormemente dall’adozione di pratiche circolari, non solo in termini di riduzione dell’impatto ambientale, ma anche attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro e modelli di business più sostenibili.
Nonostante i progressi importanti intrapresi in Italia e in Europa, alcuni studi evidenziano che esiste ancora una “Europa a due velocità” per quanto riguarda l’adozione delle pratiche circolari.
Difatti, i paesi, appartenenti alla cosiddetta “Vecchia Unione” (Germania, Belgio, Paesi Bassi, Francia, Spagna e Italia) guidano la transizione. Poiché caratterizzati da un alto livello di sviluppo economico, hanno iniziato a sperimentare prima di altri le problematiche legate all’eccessiva produzione di rifiuti, all’esaurimento delle risorse e all’inquinamento e hanno quindi adottato misure per mitigare questi problemi. Al contrario i Paesi dell’Europa orientale e centrale presentano ritardi significativi, principalmente a causa delle diverse strategie economiche adottate e dai differenti livelli di sviluppo socioeconomico.
In Italia, in particolare, la pratica di economia circolare largamente più utilizzata è il riciclo. Alcuni studi dimostrano che circa il 39% delle aziende utilizza materiali riciclati, specialmente nel settore manifatturiero . Queste aziende adottano pratiche circolari come l’uso di materiali derivati da scarti industriali o da fasi post-consumo. Molte aziende, specialmente le piccole imprese non-profit, sono impegnate in attività di riutilizzo, riparazione e rigenerazione, come la raccolta e la distribuzione di cibo in eccesso o il recupero di scarti di produzione.
- Ridurre l’uso dei materiali per la produzione
Uno dei punti di forza della circolarità del sistema industriale si può riscontrare nel basso uso di risorse per la produzione. Sicuramente influenzato anche dalla scarsa presenza di materie prime sul territorio, e quindi da un’elevata dipendenza dalle importazioni, il nostro sistema manifatturiero ha sviluppato un utilizzo più efficiente del materiale necessario per produrre. L’Italia registra una produttività delle risorse pari a 3,6 euro per kg (Grafico 3), superando nettamente la media europea di 2,2 euro per kg e risultando più efficiente di Paesi come Germania (3,0), Spagna (3,1) e Francia (3,2).
Fonte Confindustria