La guerra di Putin

L’Italia capofila per la ricostruzione di Odessa

di Sara Valerio

Sarà l’Italia a restaurare la città di Odessa. Non solo la Cattedrale della Trasfigurazione, bombardata il 23 luglio, ma anche gli oltre cinquanta siti di interesse culturale o architettonico feriti dalla guerra. Nascerà “un masterplan— spiega il Commissario italiano per la ricostruzione, l’ex ambasciatore a Kiev Davide La Cecilia — per renderla più sostenibile e smart, a misura d’uomo, avviando la transizione verde e digitale e avvicinandola al modello europeo”.

Il governo italiano ha coinvolto la Triennale di Milano e il Maxxi di Roma nel ripensamento della città ucraina, il cui centro storico è stato di recente inserito nella Lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO, cominciando proprio dalla cattedrale distrutta.

Il presidente del Maxxi Alessandro Giuli e il presidente di Triennale Milano Stefano Boeri, insieme a Davide La Cecilia e la direttrice dell’Unesco per l’Ucraina, Chiara Dezzi Bardeschi, specialista di restauro archeologico e ricca di un’esperienza internazionale, si sono recati in missione a Odessa, a inizio settembre, per i colloqui con le autorità locali e una prima ricognizione dei siti distrutti.

Il legame tra la città e l’Italia è di lunga data: alla fine del diciottesimo secolo furono proprio degli architetti italiani a progettare il piano urbanistico e gli edifici più rappresentativi. La chiesa, simbolo della storia culturale e religiosa ucraina, è stata gravemente danneggiata dai bombardamenti russi del 23 luglio scorso. Inizialmente fondata nel 1794, progettata in forme neoclassiche dall’architetto italiano Francesco Frappoli e consacrata nel 1808, la Cattedrale della Trasfigurazione è stata la principale chiesa ortodossa della città e di tutta la regione, prima di essere demolita dai sovietici nel 1936. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, fu ricostruita tra il 1999 ed il 2003.

La scelta di sostegno all’Ucraina da parte del Governo italiano è sostenuta anche dalla presenza locale di una forte comunità italiana e dai gemellaggi di Odessa con Genova e Venezia. La presenza di infrastrutture portuali ne fanno un punto di transito nevralgico dal punto di vista degli scambi commerciali, inclusi quelli a tutela della sicurezza alimentare mondiale. L’entroterra agricolo della regione costituisce inoltre un’area promettente per lo sviluppo di collaborazioni economiche anche in vista della candidatura di Roma ad Expo 2030. Il sostegno alla ricostruzione costituirà uno degli impegni prioritari della presidenza italiana del G7 dell’anno prossimo, anche attraverso l’organizzazione della Ukraine Recovery Conference nel 2025.

Nel frattempo Maxxi e Triennale stanno lavorando per organizzare il 31 ottobre a Milano, in collaborazione con Palazzo Chigi, Farnesina e Ministero della Cultura, un evento per lanciare il progetto complessivo di ricostruzione, con la partecipazione del governo ucraino e dei soggetti culturali ed economici interessati.

Il Laboratorio mira a raccogliere istituzioni culturali italiane e internazionali, l’Istituto Centrale di Restauro, studi di architettura e ingegneristica, aziende e soggetti economici, sul tema della rigenerazione urbanistica e architettonica delle città e del patrimonio culturale dell’Ucraina, dando vita a un hub europeo per la ricostruzione, con particolare attenzione alle infrastrutture sociali come le scuole e le istituzioni culturali.

Sul restauro della magnifica chiesa, l’architetto Boeri dichiara: “Odessa è la porta dell’Oriente, l’Italia farà rivivere la cattedrale. Si partirà ovviamente dai disegni della ricostruzione in stile che venne fatta nel 2003 e dai materiali allora utilizzati, come i marmi. Verrà fatto anche un rilievo digitale, nel quale i nostri tecnici sono i numeri uno al mondo, e da lì cominceranno le valutazioni sui danni subiti e i costi di ricostruzione.” Sulla tipologia di restauro e sul progetto finale, aggiunge: “nelle pratiche di restauro oggi si può valutare a volte di lasciare a vista nella struttura ricostruita alcune parti significative dei danni, come memoria delle ferite subite dal monumento”.

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