di Domenico Gallo*
Stipulare un’alleanza militare con un paese in guerra, che prevedibilmente per molti anni rimarrà in una situazione di conflitto con la Russia, anche se domani intervenisse il cessate il fuoco, è quanto di più insensato e pericoloso si possa immaginare.
Abbiamo già segnalato ruolo nefasto svolto dall’accordo bilaterale stipulato dalla Gran Bretagna e l’Ucraina il 12 gennaio. Con questa inusitata alleanza militare il Governo inglese, ancora una volta, ha scongiurato la possibilità di un negoziato per porre termine al conflitto, finanziando ed armando l’Ucraina, al fine di consentire la prosecuzione della guerra, alla quale Zelensky, come Netanyahu, ha legato le sue fortune politiche. Dopo la Gran Bretagna, nuovi accordi bilaterali sono stati stipulati con la Germania e la Francia. Secondo una fonte giornalistica, con l’accordo, valido dieci anni, Germania e Ucraina hanno concordato che, in caso di un futuro attacco russo, ciascuna delle due parti potrà richiedere consultazioni e che i passi successivi saranno decisi entro 24 ore. Se la Germania riterrà necessario intervenire, fornirà all’Ucraina “assistenza rapida e duratura in materia di sicurezza, equipaggiamento militare moderno in tutti i settori, se necessario, e assistenza economica”. L’accordo con la Francia, invece, delinea un quadro per gli aiuti umanitari e finanziari a lungo termine, il sostegno alla ricostruzione e l’assistenza militare. Parigi si è in ogni caso impegnata a fornire nel 2024 “fino a 3 miliardi di euro” in aiuti militari “supplementari” a Kiev, dopo un aiuto stimato a 1,7 miliardi nel 2022 e 2,1 miliardi nel 2023. Da ultima si è aggiunta la Danimarca che, il 22 febbraio, ha firmato un Accordo bilaterale con l’Ucraina, che prevede la fornitura in dieci anni di aiuti militari per 250 milioni di dollari. Non poteva mancare l’Italia. Nella scadenza del secondo anniversario dell’invasione russa, la Meloni si reca a Kiev per firmare, in occasione del Forum dei leader del G7, un Accordo bilaterale sulla “sicurezza” con l’Ucraina. Per questo, all’ultimo momento, il 22 febbraio, il Ministro degli esteri ha fornito un’informazione preliminare alle Commissioni esteri e Difesa di Camera e Senato. L’accordo italiano, illustrato ieri da Tajani, prevede “la consultazione e la collaborazione con l’Ucraina per aiutarla a costituire una sua capacità nazionale nel settore della difesa”, per “provvedere alla propria sicurezza nel medio-lungo termine”. Un altro pilastro sarà “l’assistenza in campo economico” e per la “ricostruzione”. E poi ancora, la “tutela delle infrastrutture critiche ed energetiche”, il “sostegno umanitario per i civili”. Ampio spazio verrà riservato anche alle prospettive europee dell’Ucraina. Tajani ha cercato di edulcorare il significato dell’Accordo, assumendo che: “non sarà giuridicamente vincolante – poiché – dal testo non derivano obblighi sul piano del diritto internazionale né impegni finanziari. Non sono previste garanzie automatiche di sostegno politico o militare”. Orbene, a parte la gaffe giuridica (tutti gli accordi sono giuridicamente vincolanti per chi li stipula: pacta sunt servanda), il Ministro evidentemente intendeva dire che dal testo dell’Accordo non emerge un obbligo automatico dell’Italia di entrare in guerra in soccorso all’Ucraina nel caso di un nuovo attacco della Russia. Ciò non toglie nulla alla natura di alleanza militare del Patto stipulato con l’Ucraina. I Patti bilaterali stipulati da GB, Germania, Francia, Danimarca e Italia sono delle alleanze militari: non hanno altro significato se non quello di istigare il governo Zelensky a continuare la guerra con la Russia, con il miraggio della “vittoria”, assicurandogli sostegno militare e finanziario. Stipulare un’alleanza militare con un paese in guerra, che prevedibilmente per molti anni rimarrà in una situazione di conflitto con la Russia, anche se domani intervenisse il cessate il fuoco, è quanto di più insensato e pericoloso si possa immaginare. Significa vincolare il nostro futuro alle sorti di un conflitto che noi stessi stiamo alimentando in virtù dei patti stipulati. L’esperienza storica ci insegna che l’Italia è precipitata nella tragedia della Prima e della Seconda guerra mondiale a seguito della stipula di due trattati di alleanza militare, il Patto di Londra del 26 aprile 1915 ed il Trattato bilaterale con la Germania, stipulato il 23 maggio 1939, più noto come “Patto d’acciaio”. Il Patto di Londra fu negoziato in gran segreto dal Ministro degli esteri Sidney Sonnino, con l’accordo del Re, e rimase segreto perché il Parlamento, la grande maggioranza del popolo italiano ed il Vaticano erano contrari all’entrata in guerra dell’Italia. Oggi viviamo in una situazione di fervore bellico delle classi dirigenti e dei media, non condiviso dalla stragrande maggioranza della popolazione italiana, ma non siamo nel 1915 e non possiamo consentire di essere coinvolti in una guerra per procura contro la Russia, combattuta sulla pelle del popolo ucraino. Certamente il Patto Meloni-Zelensky più che un “Patto d’acciaio” è un “Patto di latta”, data la natura dei contraenti, però è ugualmente pericoloso.
*Giurista