di Dario Rivolta (*)
Prima di menzionarne alcune mi basta citare quanto l’AD di Eni, De Scalzi, ha recentemente affermato: “Non voglio essere antieuropeo, ma anche la stupidità uccide e ci sta uccidendo perché dobbiamo subirla sulla base di ideologie ridicole che ci vengono dettate da una minoranza dell’Europa, non una maggioranza, e noi dobbiamo continuare a digerirle e chinare il capo morendo lentamente”. E ha continuato: “L’Europa è competitiva sull’ambiente e non sulla crescita e, infatti, americani e cinesi (e indiani, n.d.r.) ci dicono che siamo bravissimi e intanto investono nella crescita”.
Se il problema fosse realmente e solamente una questione ambientale, si sono mai chiesti quei vanesi “ambientalisti” quanto, per produrre pochi grammi di quelle terre rare (dette “rare” non perché sia difficile reperirle ovunque, bensì perché estremamente rarefatte all’interno delle rocce) indispensabili per l’elettrificazione, serva scavare nelle montagne centinaia di tonnellate di roccia e poi trattarle con metodi necessariamente molto inquinanti? Se, come si sa, di terre rare se ne trovano ovunque, perché vengono estratte e lavorate quasi soltanto in Cina? Non sarà perché influiscono pesantemente sulla salubrità dell’ambiente? Comunque, di là dall’inquinamento delle acque, dell’atmosfera e della necessità di grande energia (che non è certo del tipo “rinnovabile”) necessaria per la lavorazione, una cosa che sembra non essere mai stata presa in considerazione è la subordinazione di tutta l’economia europea a quella cinese. Si voleva sottrarsi allo strapotere ricattatorio dei Paesi petroliferi per cadere poi nello stesso potere da parte dei cinesi?
Facciamo un esempio con uno dei materiali più semplici e utilizzato da millenni: il rame. Il più grande produttore di rame mondiale è il Cile che produce circa un quarto della domanda mondiale. Il secondo è il Congo con il 14% e terzo il Perù con l’11 %. Chi però possiede e raffina tale prodotto non sono loro: la Cina controlla circa il 60% della capacità mondiale e ne lavora il 46% di tutto il mondo mentre l’Europa ne lavora solo il 20%. Occorre anche contare che pure l’estrazione del rame è oggetto di conseguenze ambientali negative, tanto è vero che, a seguito di fortissime proteste, la miniera di Cobre in Panama è stata chiusa e anche in Perù si chiede la stessa soluzione. Possiamo per questo rimproverare i cinesi? Il rame, per la sua conduttività, resistenza alla corrosione e durabilità è indispensabile per tutti i veicoli elettrici oltreché per i pannelli solari e per le turbine a vento. Che colpa ne hanno loro se la domanda di rame, proprio per le politiche “green” è prevista crescere in modo esponenziale entro il 2050?
Perché i nostri soloni ambientalisti di Bruxelles e nelle varie capitali del continente non allargano il loro sguardo più in là della loro ristretta visuale e considerano cosa succede nel resto del mondo e quali prezzi tutti i popoli europei pagheranno in termini economici, di libertà e autonomia politica per seguire le loro politiche incoerenti e corto-vedenti? Perché invece di sperperare denari dei contribuenti inseguendo ideologie fallimentari non usano quei soldi per finanziare massivamente le ricerche sul nucleare a fusione?
Badate bene, non l’attuale nucleare a fissione che produce, con le inevitabili scorie, molti più danni ambientali dei vituperati petrolio e gas!
Certo, per fare scelte che andrebbero contro la propaganda di intellettualmente limitati “ambientalisti” occorrerebbero politici coraggiosi e dotati di giuste personalità. Purtroppo oggi non se ne vedono e ancora di più dobbiamo rimpiangere quei grandi che seppero riportare l’Europa intera dagli abissi e dalla distruzione della guerra verso il benessere che ci hanno lasciato e che ora, invece, gli attuali politici stanno facendo svanire.
(*) Già Deputato è Analista Geopolitico, Esperto di Relazioni e Commercio Internazionali
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