Politica

Pertini, il 25 aprile, la giustizia sociale

In un celebre discorso sul valore del 25 aprile, tenuto alla Camera dei deputati nel 1970, Sandro Pertini, esaltando il valore della libertà, ricordava però, che “non può esservi vera libertà senza giustizia sociale e non si avrà mai vera giustizia sociale senza libertà”.
E nel 25 aprile trascorso, in cui il tema della pace è stato giustamente al centro di tutte le manifestazioni, da parte della sinistra ancora una volta, ormai dall’inizio della cosiddetta “Seconda Repubblica”, il tema della giustizia sociale è stato messo in ombra.
E non si può non registrare, non solo in Italia, l’assenza di una forza di sinistra in grado di affrontare le drammatiche contraddizioni sociali del nostro tempo, contestando il nuovo dogma secondo cui il passaggio al postmoderno, al globale, debba trasfigurare sino a renderle neutre e fungibili, destra e sinistra.
L’idea prevalente nella sinistra italiana non può essere quella di una forza politica senza ideologia e senza classi di riferimento, il cui unico tratto identitario è nel maggioritario e nelle primarie viste come strumento di un plebiscitarismo che “incorona” il capo e il cui “nemico” è il conflitto sociale, relegato negli scantinati della Storia. Già, quel conflitto sociale che consentì al movimento operaio, base politica e sociale della sinistra nel Novecento, di imporre severe regole al capitalismo e di redistribuirne la ricchezza verso il basso, secondo l’efficace immagine non di un capo bolscevico dopo la presa del Palazzo d’Inverno in Russia, ma di un grande leader della socialdemocrazia mondiale: lo svedese Olaf Palme, che affermò “il capitalismo va tosato e non ucciso”.
Si devono contestare le argomentazioni che ispirarono la banca d’affari statunitense JP Morgan a presentare un documento nel maggio 2013, secondo cui: “I sistemi politici dei paesi europei del Sud e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano caratteristiche inadatte a favorire l’integrazione. C’è forte influenza delle idee socialiste”.
Nella sinistra europea ed internazionale non mancano fermenti: i socialisti spagnoli di Pedro Sanchez e quelli portoghesi di Antonio Costa al governo dei rispettivi Paesi con un programma dai forti connotati sociali, al socialismo americano di Berny Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez e lo stesso ruolo di Jean-Luc Mélenchon, candidato alle presidenziali francesi con un programma che vedeva al centro, la questione sociale e quella ecologica.
Si tratta di un ventaglio di posizioni che pone al centro i diritti sociali, il lavoro e il contrasto al potere della finanza globale.
C’è l’esigenza in Italia di guardare ad esse, per ricostruire la fondamentale dialettica democratica tra schieramenti alternativi, partendo dai contenuti e non dalle sigle, espungendo il politicismo e affrontando la vera grande questione dei nostri giorni: la diseguaglianza.
Per questo servono all’Italia la tradizione e la cultura del socialismo riformista e liberale, per misurarsi con le degenerazioni della politica leaderistica “prigioniera” del mercato, facendo del lavoro, della giustizia sociale e della Costituzione le bandiere della ricostruzione democratica.

Maurizio Ballistreri – Tratto da  Avanti

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