Politica

Salario minimo, nulla di fatto dopo l’incontro tra le opposizioni e il governo. Conte: “Meloni non ha le idee chiare”

 

Si è concluso con un nulla di fatto l’incontro per la revisione del salario minimo tra il governo e le opposizioni e cn un rinvio di almeno 60 giorni per arrivare ad una soluzione sul tema. Dopo una riunione durata due ore, le prime indiscrezioni trapelate annunciavano “ciascuno mantiene le sue posizioni”.

FRATOIANNI: DA MELONI CI ASPETTAVAMO NOVITÀ, NON C’È STATA

“Ci aspettavamo una novità politica, non è arrivata, non c’è una proposta alternativa ed è un problema. Meloni ha detto che il tema è importante e che è pronta a confrontarsi. Questo confronto è un primo risultato della convergenza delle opposizioni”. Lo dice il coportavoce Avs Nicola Fratoianni al termine dell’incontro a Chigi tra la premier Giorgia Meloni e le opposizioni sul Salario Minimo.

CALENDA: INCONTRO INTERLOCUTORIO MA NESSUNO HA SBATTUTO PORTA

“È stato un incontro interlocutorio. Sono soddisfatto, non pensavo che oggi la Meloni firmasse la nostra proposta ma è positivo che nessuno ha sbattuto la porta“. Così il leader di Azione Carlo Calenda parlando al termine dell’incontro avuto dalle opposizioni col governo a Palazzo Chigi sul salario minimo. “Siamo entrati nel merito dei dubbi del governo, che erano specifici e non generici. La proposta della Meloni è di avere un dialogo su un terreno più ampio del solo salario minimo, dentro il quale non c’è un pregiudizio a discutere di salario minimo”, ha detto.

EVI (EV): PETIZIONE PER DOTARE PAESE DI MISURA FONDAMENTALE

“Continueremo la battaglia in parlamento, anche con la mobilitazione delle persone,lanciamo una petizione per dotare il nostro paese di una misura fondamentale per contrastare il lavoro povero. In altri Paesi la misura ha dimostrato di funzionare”. Così Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde, parlando al termine dell’incontro avuto dalle opposizioni col governo a Palazzo Chigi sul salario minimo.

CONTE: DA MELONI PALLA IN TRIBUNA, NON HA IDEE CHIARE

“Siamo venuti con spirito costruttivo. Meloni aveva chiesto questo confronto ma non c’è da parte sua nessuna controproposta. È stata una palla buttata in tribuna. Il governo non ha le idee chiare. Noi faremo partire una raccolta firme da presentare sul tavolo alla ripresa dei lavori parlamentari. La nostra una posizione ideologica? I nostri interventi sono stati tutti nel merito che il governo non ha ancora approfondito”. Lo dice il leader M5s, Giuseppe Conte al termine dell’incontro a Chigi.

MAGI (+EU): NON È STRUMENTO DI CUI AVERE PAURA

“Abbiamo sottolineato l’anomalia di quanto avvenuto oggi, una sorta di remake di commissione parlamentare o un Question time del governo alle opposizioni. La Meloni ci ha rivolto delle domande e noi abbiamo risposto, motivando lo strumento che non è contrario alla contrattazione collettiva ma semmai un sostegno. Non bisogna averne paura”. Così il segretario di +Europa, Riccardo Magi, parlando al termine dell’incontro avuto dalle opposizioni col governo a Palazzo Chigi sul salario minimo. “La ministra Calderone ha ribadito la sua contrarietà alla nostra proposta, poi infine abbiamo sentito la proposta in tutta la sua vaghezza della premier Meloni. Ha detto di avviare un percorso celere e attento su una proposta condivisa sui salari bassi e sul lavoro povero. Nulla di che. La proposta dell’opposizione unita resta. Ma il governo non ha detto nè sì nè no”.

SCHLEIN: DA MELONI NO NOVITÀ E NO RISPOSTE ANCHE SU EMILIA-R. E DE ANGELIS

“La nostra battaglia sul salario minimo ha prodotto un risultato politico con questo confronto che ha portato allo stop dell’emendamento soppressivo in commissione. Ma da questo confronto non sono emerse nè idee chiare nè proposte dal Governo. Ci aspettavamo una novità dalla premier che sembra rimasta sulle sue posizioni. La maggioranza ha tutti gli strumenti per fare gli approfondimenti che vorrà fare, ma noi andremo avanti con la raccolta firme. La nostra proposta è già incardinata nella sede opportuna del confronto che è il Parlamento. È stata un’occasione per chiedere alla premier delle dimmissioni di De Angelis e dei ristori per l’Emilia Romagna che ancora non si vedono. Anche su questo non abbiamo avuto risposte”. Lo dice la segretaria Pd, Elly Schelin al termine dell’incontro a Chigi tra la premier Giorgia Meloni e le opposizioni sul Salario Minimo.

TAJANI: CONFRONTIAMOCI DAVANTI AL CNEL PER ANALISI APPROFONDITA

Abbiamo proposto di confrontarci anche davanti al CNEL che potrebbe fare un’analisi approfondita della situazione”. Così il vicepremier Antonio Tajani, parlando con la stampa al termine dell’incontro avuto dalle opposizioni col governo a Palazzo Chigi sul salario minimo. “Vogliamo aumentare i salari. Abbiamo ribadito la proposta di Forza Italia: un salario minimo non fissato per legge ma frutto della contrattazione collettiva per fare sì che i contratti pirata si adeguino al minimo della contrattazione collettiva. Poi detassazione degli straordinari e tredicesima”. E ancora: “Il dibattito resta aperto, siamo pronti a confrontarci. A volte ci sono rigidità dell’opposizione ma a noi interessa aprire dibattito sui salari poveri”.

MELONI: CHI ORA LO PROPONE NON LO MISE QUANDO ERA AL GOVERNO

“Voglio dare un segnale di attenzione e rispetto, il tema mi sta a cuore. Chi oggi all’opposizione propone il salario minimo non lo ha messo quando era al governo. Noi abbiamo dimostrato di tenerci”. Così la premier Giorgia Meloni parlando con la stampa al termine dell’incontro avuto da governo e opposizioni a Palazzo Chigi sul salario minimo. La premier spiega che “abbiamo salari più bassi perchè la nostra crescita è stata più bassa. L’unico modo è rimettere in moto l’economia. Si fa l’esempio di Francia e Germania, che sono cresciute negli ultimi anni del 20%. L’Italia solo il 2%”. E ancora: “Punto ad arrivare a una proposta in tempo per la legge di Bilancio, ma non vorrei che fosse della maggioranza o delle opposizioni. Non sarebbe un buon metodo di dialogo. Un buon metodo di dialogo è provare a lavorare insieme”.

Dire

Famiglie sempre più indebitate, sale il rischio usura per artigiani e negozianti. Studio Cgia

Al 31 dicembre 2022 l’importo medio dell’indebitamento per nucleo famigliare presente in Italia è salito a 22.710 euro. Complessivamente lo stock dei debiti bancari in capo a tutte le famiglie italiane si è attestato sul livello record di 595,1 miliardi di euro ed è aumentato del 3,5 per cento rispetto al 2021.  A darne conto è l’Ufficio studi della CGIA che a seguito di questi risultati paventa un altro rischio: la recrudescenza dell’usura. Sebbene il numero delle denunce alle forze dell’ordine di questo reato sia da tempo in calo, non è da escludere che l’incremento dei debiti delle famiglie spinga più di qualcuno a rivolgersi agli usurai che, da sempre, sono più “disponibili” di chiunque altro ad aiutare chi si trova a corto di liquidità, soprattutto nei momenti economicamente più difficili. E’ noto a tutti che l’usura è un fenomeno “carsico”: difficilmente chi è caduto nella rete degli strozzini si rivolge alle forze dell’ordine. Le vittime, molto spesso, sono minacciate ed hanno paura per la propria incolumità fisica e per quella dei propri cari. Chi rivuole i propri soldi, infatti, non si fa alcun scrupolo; non solo applica nel giro di qualche mese tassi di interesse spaventosi, ma è disposto a qualsiasi cosa pur di recuperare quanto prestato, in ultima istanza anche alle maniere forti.

 

  • Situazione critica, ma ancora sotto controllo
    Sebbene lo stock dei debiti sia in aumento a causa dell’inflazione, dell’incremento del costo dei mutui e dell’impennata delle bollette che hanno segnato negativamente gran parte dell’anno scorso, la situazione è critica, ma ancora sotto controllo. E’ probabile che l’incremento dei debiti sia in parte riconducibile alla forte ripresa economica avvenuta nel biennio 2021-2022. Le aree provinciali più esposte economicamente, infatti, sono anche quelle che presentano i livelli di reddito più elevati. Sicuramente in queste realtà tra gli indebitati ci sono anche nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, il maggiore indebitamento di questi territori potrebbe essere riconducibile ai significativi investimenti avvenuti negli anni scorsi nel settore immobiliare che, ovviamente, sono in massima parte ascrivibili alle famiglie che hanno un buon tenore di vita. Altra cosa, invece, è interpretare i dati del Mezzogiorno; in termini assoluti la situazione è meno critica che nel resto del Paese, anche se il peso dell’indebitamento delle famiglie più povere è sicuramente maggiore che altrove. Va altresì ricordato che la maggiore incidenza del debito sul reddito si registra nelle famiglie economicamente più vulnerabili, ovvero in quelle a rischio povertà ed esclusione sociale. I dati dell’Istat ci dicono, inoltre, che le crisi che si sono succedute dal 2008 in poi hanno aumentato il numero dei nuclei familiari in difficoltà economica, visto che gli effetti di questi choc economici hanno aumentato il divario tra poveri e ricchi.
  • ARTIGIANI, NEGOZIANTI E PARTITE IVA I PIU’ ESPOSTI AL RISCHIO USURA

Con il progressivo rallentamento dell’economia e il conseguente crollo dei prestiti bancari alle imprese avenuto negli ultimi mesi, non è da escludere che sia in atto un “avvicinamento” delle organizzazioni criminali verso le micro aziende a conduzione familiare: come gli artigiani, i negozianti e tante partite Iva. Da sempre il mondo dei lavoratori autonomi è quello più a rischio. In passato, a seguito di una spesa imprevista o di un mancato incasso, molti sono stati costretti a indebitarsi per poche migliaia di euro con soggetti che inizialmente si presentavano come dei benefattori, ma nel giro di qualche mese si trasformavano in quello che sono veramente: dei criminali. Per evitare tutto ciò bisogna invertire la tendenza, tornando a dare liquidità alle micro imprese, altrimenti molte di queste potrebbero finire tra le braccia degli usurai. Non solo, è altresì necessario incentivare il ricorso al “Fondo per la prevenzione” dell’usura. Uno strumento, quest’ultimo, introdotto per legge da alcuni decenni, ma poco utilizzato, anche perché sconosciuto ai più e, conseguentemente, con scarse risorse economiche a disposizione.

  • A MILANO LE FAMIGLIE PIU’ IN “ROSSO”. A ENNA QUELLE MENO

Le famiglie più in “rosso” sono ubicate nella provincia di Milano, con un debito medio di 35.342 euro (+5,1 per cento rispetto al 2021); al secondo posto scorgiamo quelle di Monza-Brianza, con 31.984 euro (+3 per cento) e al terzo posto le residenti a Bolzano, con 31.483 euro (+5 per cento). Appena fuori dal podio notiamo quelle di Roma, con un debito medio che ammonta a 30.851 euro (+2,8 per cento) e quelle di Como, con 30.276 euro (+3,8 per cento). Tra le meno esposte, invece, segnaliamo le famiglie residenti nella provincia di Agrigento, con un debito di 10.302 euro (+3 per cento) e quelle di Vibo Valentia, con 9.993 euro (+1,9 per cento). Infine, le famiglie meno indebitate d’Italia si trovano a Enna, con un “rosso” pari a 9.631 euro (+3,6 per cento). Nel 2022 la provincia d’Italia che ha subito la variazione di crescita dell’indebitamento familiare più importante è stata Ravenna (+9,1 per cento), mentre l’unica che ha subito una contrazione è stata Vercelli (- 2,3 per cento)

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