Economia e Lavoro

Taglio del cuneo fiscale: gli effetti sulle pensioni

 

Il taglio del cuneo fiscale nella busta paga dei dipendenti pubblici e privati – non riguarda invece il cedolino dei pensionati – non influisce sul montante contributivo dei lavoratori interessati dallo sgravio INPS che, subendo una trattenuta inferiore, si sarebbero potuti ritrovare con meno versamenti su cui calcolare la pensione futura.

Ci sono però altre conseguenze fiscali e previdenziali di cui tenere conto. Vediamo tutto. In Italia il peso del cuneo fiscale è del 46% – tra i più alti nei Paesi OCSE – e che la sua riduzione temporanea rende gli stipendi netti momentaneamente più ricchi, senza intaccare il montante contributivo. Questo perché il taglio finanziato dal Governo preserva l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. Tale aliquota è la percentuale applicata alla retribuzione imponibile annua per calcolare il montante contributivo da rivalutare ai fini della pensione. Un parametro fondamentale, che assieme ai versamenti effettivi permette di accumulare il “gruzzoletto” necessario per maturare la pensione. Tanto più che, per potersi ritirare secondo i requisiti Fornero a 67 anni con la pensione di vecchiaia, è necessario aver messo da parte almeno un assegno pari a 1,5 il minimo. E se si cominciano a erodere versamenti contributivi, c’è il rischio di far allontanare la pensione maturandola a 70 anni.

 

Effetti previdenziali e fiscali del taglio

Il taglio del cuneo fiscale (in questo caso il taglio è contributivo) è una sorta di anticipazione in busta paga di quanto invece di norma si mette da parte per garantirsi un assegno pensionistico dignitoso. Sulla quota di versamenti mancanti interviene il Governo. Sono stati stanziati allo scopo 3 miliardi, a copertura dei 4 punti aggiuntivi per il 2023 da luglio a dicembre.

Come è composto il cuneo fiscale

Il cuneo fiscale  è composto il cuneo fiscale stesso: per quasi la metà del suo importo è dato da contributi previdenziali e assistenziali che il datore di lavoro e il dipendente versano obbligatoriamente proprio per costruire la pensione ed eventuali prestazioni assistenziali per il dipendente.

L’altra metà è invece costituita da imposte dirette e indirette sul reddito, trattenute sempre in busta paga e in parte conguagliate a fine anno con la dichiarazione dei redditi. Il sistema contributivo che regola la pensioni italiane è strettamente connesso ai versamenti effettuati durante la carriera lavorativa, su cui poi si calcola l’assegno. Più contributi accumulati significano pensioni più alte, meno contributi versati produrranno assegni più poveri. Da qui la necessità di “compensare” la quota di versamenti non trattenuti in virtù del beneficio concesso.

Fonte Pmi.it

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