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Vittime della pace: la storia dei nostri militari morti per dovere

 

Vittime del doveresono i nostri militari impiegati nelle cosiddette missioni di pace così come quelli che hanno svolto i loro compiti in Patria. Di questa lunga e travagliata vicenda, che ha raggiunto il punto più alto con lemissioni all’estero,se ne occupa, in Italia, l’Osservatorio Vittime del Dovere. Sono migliaia i nostri soldatideceduti in seguito a malattie provocate da esposizione a nanoparticelle di metalli pesanti piuttosto che da radiazioni, rischi spesso legati all’uso di proiettili all’uranio impoverito. Sono più di 400 i militari italiani morti solo per l’uso di tali munizioni nell’Ex Jugoslavia, in particolare nel Kosovo. Una epidemia che a distanza di anni continua a mietere vittime e a incidere pesantemente anche sulle famiglie dei militari. Raccontiamo alcuni casi che sono diventati dei veri e propri manifesti di questa problematica, e iniziamo con la storia di Nicola Panei, sottoufficiale dell’Aeronautica Militare che ha prestato servizio al nucleo antincendi, un servizio che implicava l’uso quotidiano di guanti e tute contenenti amianto. L’asbestosi, questo il nome della sua malattia,  gli toglie il respiro, gli toglie la vita, gli toglie la serenità. Convive con questo male ormai da molti anni. La bomba che ha nei polmoni e nella pleura rischia di esplodere da un giorno all’altro, scatenando la forza subdola di quel cancro terribile e mortale. Panei, che è stato uno dei fondatori dell’Osservatorio Nazionale Amianto, sopravvive all’asbestosi ma la sua vita è una continua altalena tra fame d’aria e voglia di esistere. Ma il rischio di contrarre malattie asbesto correlate, contaminazione da metalli pesanti e da radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, è diffuso anche nel settore elicotteristico militare. Particolare è la storia del 1° maresciallo AlfredoCesini, pilota osservatore di elicotteri dell’Esercito Italiano, protagonista di numerose missioni sia in Patria che all’estero tra cui l’Operazione “Pellicano” in Albania, l’Operazione “Unifil” presso la città di Naquora nel sud del Libano, presso la base militare di Rajlovac-Sarajevo e quella di Petrovec in Macedonia, insieme all’Operazione “Joint Guardian” in Kosovo, “Antica Babilonia” in Iraq e “Isaf” in Afghanistan. La storia del maresciallo Alfredo Cesini è comune a quella di tanti suoi commilitoni impiegati nelle missioni estere. In maniera anomala ha contratto, alla sola età di 53 anni, un carcinoma prostatico che l’ha portato alla prematura morte. Questo in seguito all’uso di proiettili all’uranio impoverito. La battaglia giudiziariache viene in questi casi intrapresa dà dignità e giustizia alle vittime e ai familiari, soprattutto quando avvengono i decessi per esposizioni a sostanze cancerogene e tossico-nocive per motivi di servizio. Uno dei veri e propri alfieri di queste battaglie è il colonnello del ruolo d’onore dell’Esercito Italiano, CarloCalcagni, vero esempio di resilienza e forza. Pur provato dalle nanoparticelle di metalli pesanti e da radiazioni e contaminazioni radioattive, resiste per sé e per i suoi commilitoni. Calcagni nonostante abbia avuto il riconoscimento della sua malattia come causa di servizio e vittima del dovere, lotta ancora oggi, e a distanza di anni, per ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Ma ci sono anche i casi in cui le iniziative per il riconoscimento della causa di servizio e di vittima del dovere vengono portate avanti dai familiari dei militari. Questo è il caso di Paola, una mogliefedele, innamorata del marito e della patria. Un amore che l’ha portata a condividere l’asbestosi del compagno di vita, Militare della Marina, esposto all’amianto e all’uranio impoverito per i quali si è ammalato gravemente di asbestosi. La storia di Paola è caratterizzata per la sua esposizione domestica a metalli pesanti, polveri e fibre di amianto. Una esposizione che possiamo definire di riflesso, in quanto si è ammalata per respirare queste nanoparticelle che erano depositate sui tessuti delle divise del marito e che lei lavava a casa. Paola lotta giudiziariamente per ottenere giustizia, anche in nome di tutte le mogli di militari che come lei si sono ammalate per via delle modalità di servizio dei propri mariti. La causa di servizioaltro non è che il riconoscimento di malattia professionale per il personale militare e per il comparto sicurezza. Per gli altri dipendenti pubblici, invece, in seguito alla privatizzazione del rapporto di pubblico impiego si fa riferimento direttamente all’INAIL, così come per i dipendenti del settore privato. Una specificità propria in caso di esposizione da uranio impoverito, con riferimento alle domande di riconoscimento di vittima del dovere, è l’inversione dell’onere della prova, perché in questo caso il militare interessato non deve dimostrare l’esistenza di un nesso eziologico fra esposizione all’uranio impoverito o ad altri metalli pesanti e la patologia. Così il Consiglio di Stato, II sezione, con la sentenza n. 5816/2021. La causa di servizio presuppone di dimostrare che l’infermità (danno biologico) ha origine dal servizio, ovvero dalle attività istituzionali. L’Avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, è riuscito a dimostrare, in molti casi, che l’origine di questi danni alla salute risiede proprio nelle esposizioni a metalli pesanti sotto forma di nanoparticelle, agenti chimici e altri veleni, tra i quali l’amianto. La regola di riferimento è quella dell’art. 64 del DPR 1092/73, che fa riferimento alla “causa di servizio” come efficiente e determinante. Questa norma si coniuga con l’art. 7 del DPR 461/2001, che è la specifica norma sul nesso causale in ambito previdenziale (art. 38 della Costituzione Italiana). È sufficiente anche la semplice concausa: cioè l’anticipazione dell’insorgenza della malattia, piuttosto che il suo aggravamento. Anche ove il servizio abbia determinato l’anticipazione della data della morte, si configura l’evento e il nesso causale (concausa). La regola propria della concausa è quella che si ricava sulla base del principio della pensione privilegiata,quindi della rilevanza di qualsiasi causa che abbia anche solo contribuito ad anticipare l’insorgenza, ovvero aggravare le infermità, ovvero anticipare la data della morte, come causa efficiente e determinante anche a titolo concausale. La tutela delle vittime del dovereattiene al riconoscimento dello status di vittima del dovere, per il quale è  necessario dimostrare il nesso causale ma nel nostro caso, oltre alla causa di servizio, occorre dimostrare anche lo svolgimento di particolari attività, come quelle delle Forze dell’Ordine. Questo diritto, che comporta la liquidazione della speciale elargizione, speciale assegno vitalizioe assegno vitalizio mensile, presuppone un qualcosa in più, nel caso dei cosiddetti equiparati alle vittime del dovere, come ad esempio coloro che hanno svolto particolari missioni all’estero quali ad esempio nell’ex Jugoslavia.

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