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La Superlega Calcio, la grande “americanata” che ci mancava

Sono passati molti anni ma l’americanata che mancava è “finalmente” giunta in Europa. Nasce la Superlega del calcio, il cui progetto verrà sostenuto con 3,5 miliardi da JPMorgan, multinazionale di servizi finanziari con sede a New York. Garantendo soldi a volontà a grandi società calcistiche che riusciranno a sanare i loro bilanci, JPMorgan ha tuttavia “ucciso il calcio”. 

Per Gianni Vrenna, Presidente di una piccola società di serie A, il Crotone, “è la fine del calcio Italiano”. Proprio così, diciamo che tutto era cominciato con la legge Melandri, quando solo in Italia i finanziamenti sportivi erano stati suddivisi favorendo le grandi società a discapito delle “provinciali”. In Italia, infatti, diversamente dagli altri Paesi, era stato equamente suddiviso solo il 50% dei finanziamenti. Le grandi società avevano fatto ostruzionismo, riuscendo a spuntare ulteriori vantaggi utilizzando parametri subdoli come quello, ad esempio, basato sul bacino d’utenza e favorendo una governance adeguata alle loro esigenze. 

Nonostante ciò, le società titolate non sono riuscite a superare le loro difficoltà economiche. Ecco perché, affidando le speranze di crescita economica nella Superlega e nei grandi finanziamenti e finanziatori, esse ritengono di sanare e ingigantire i loro bilanci. In tal modo il campionato europeo di Superlega che andrà a nascere nella prossima stagione sarà un’americanata con ragazze pompon con bandierine, balli pre-spettacolo e vari spettacoli connessi di intrattenimento a sorpresa, basati sulla partecipazione delle grandi squadre avulse dal merito sportivo.  

L’allenatore del Sassuolo Roberto De Zerbi è stato capace di sintetizzare l’avvento dalla Superlega come un “colpo di stato” nello sport calcistico e bene ha fatto ad esprimere questa connessione per rendere l’idea di un’azione disvelata alla luce tenebrosa della mezzanotte, quasi per nascondere il volto della vergogna.  

In Italia non c’è cultura americana dove tutto è spettacolo ma, qualora fosse, il calcio italiano è basato soprattutto sulla “meritocrazia”, altra felice locuzione espressa “a pennello” dallo stesso allenatore del Sassuolo. Ma De Zerbi ha aggiunto ancora che in Italia “il calcio è di tutti”, il calcio è quello “dell’oratorio”, esattamente così, alla cui base c’è la socialità, ma anche il merito della promozione e il demerito temporaneo della retrocessione. 

La Superlega sarebbe puro divertimento da consumare all’istante e mai vi saranno il pathos, la speranza di vincere lunga un’intera settimana, la paura di retrocedere lunga un’intera stagione, le animate discussioni da bar in cui ognuno di noi è cresciuto nella gioia della vittoria, nella “disperazione” per la sconfitta della propria squadra e negli sfottò degli amici.  

Rimarranno le spallucce di chi ha rimosso sentimenti e tradizione per andare avanti seguendo bilanci, badando ai titoli, alle proprie tasche e alla ricchezza delle multinazionali. Certo, il calcio in Italia non morirà e neppure sarà la “fine del calcio italiano” ma quasi. Juventus, Milan e Inter andranno via dal campionato italiano; resterà il Genoa squadra più titolata del campionato italiano per gli scudetti vinti chissà quanti anni fa e ci saranno partite come Spezia-Crotone che infiammeranno il cuore. 

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