Roma Capitale

Santa Maria della Pietà. Appello al Sindaco Gualtieri: “ Va restituito ai cittadini di Roma”

“Sono riuscito a liberare i pazienti piuttosto che a liberare me stesso. È stato più facile capire come slegare Giuseppina, toglierle il contenimento forzato e farle vivere una vita dignitosa, piuttosto che capire cosa ho ricevuto io da quella situazione”. Un racconto fitto, serrato quello di Tommaso Losavio all’Agenzia Dire, ‘l’uomo della chiusura del Santa Maria della Pietà’, psichiatra, autore del suo ultimo libro ‘Fare la 180’, stretto collaboratore sin dagli anni ’70 di Franco Basaglia, ora membro del comitato scientifico della Fondazione Basaglia. Dopo un’esperienza a Trieste ritorna a Roma e partecipa alla progressiva dismissione del manicomio, affrontando tutte le difficoltà legate al ricollocamento dei pazienti.La storia dell’ospedale psichiatrico più grande d’Europa termina ufficialmente nel gennaio del 2000, è recente ma ci appare lontana. Il Santa Maria della Pietà ora ‘terra di nessuno’ nell’incuria, trasuda memoria di anime dimenticate che lo hanno attraversato, ma soprattutto è il luogo dove la malattia mentale si è trasformata in reclusione, emarginazione. Con i suoi 37 padiglioni in una superficie di 270 mila mq Il Santa Maria della Pietà raccoglieva più di tremila pazienti ‘dalle donne agitate, ai tranquilli’ divisi in base alle famose tre diagnosi: pericoloso per sé, per gli altri e pubblico scandalo. Dal 1913 al 1974 nel manicomio di Roma sono stati internati 293 bambini con meno di 4 anni e 2.468 minori tra i 5 e i 14 anni. La maggior parte aveva problemi a carico dello sviluppo psichico, deficit dovuti a malattie organiche con sintomi neurologici (come l’epilessia) con sordità, cecità e con la sindrome di Down. Se non morivano entro pochi anni dall’ingresso in manicomio, diventavano ospiti cronici passando ai padiglioni degli adulti.

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