Esteri

Africa centrale: i francesi lasciano, entrano i russi?

 di Giuliano Longo

L’ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Centrafricana (RCA) presso la Federazione Russa Leon Dodonu-Punagaza ha dichiarato alla fine di maggio che il suo Paese è “interessato alla base militare russa” che “contribuirà a rafforzare l’indipendenza della Repubblica centrafricana e dei suoi vicini e segnerà una nuova tappa nelle relazioni tra l’intera Africa centrale e la Russia”.

 

Un altro segnale dell’influenza della Federazione su alcuni Paesi africani senza considerare il ruolo della Cina con effettua enormi investimenti in altri.

 

La Repubblica Centrafricana – colonia della Francia fino al 1960 – rimane ancora un’appendice di Parigi per la fornitura di materia prime alll’ex metropoli. Le società francesi controllano direttamente o indirettamente la maggior parte dei settori dell’economia ex coloniale quali:  l’estrazione dell’ oro, diamanti, uranio, l’esportazione del legno tropicale di alto valore (red, logwood, pink, okume, ebony).

 

Secondo alcune rilevazioni di fonte occidentale  nella Repubblica Centrafricana si concentra almeno un terzo delle risorse più preziose del mondo,ad esempio  i diamanti neri che su scala planetaria rappresentano  la metà dell’estrazione mondiale.

 

L’esportazione di varie materie prime dalla Repubblica Centrafricana è solo formalmente di proprietà statale, ma in realtà vi dominano gli interessi  francesi anche se l’attuale Governo ne prevede la completa nazionalizzazione entro il 2030. 

 

Il Paese non ha ancora una sola ferrovia, in termini di livello di povertà e mortalità della popolazione della Repubblica Centrafricana, è tra i leader in Africa. E la valuta locale – il franco centrafricano – è stata “introdotta” dal Tesoro francese nel 1960 non solo nella Repubblica Centrafricana, ma anche in altri 4 paesi della regione, le ex colonie di Parigi: Congo, Gabon, Camerun e Ciad.

 

Questo consente a Parigi di controllare il sistema finanziario di questa vasta regione,anche se dal 2010, la Repubblica Centrafricana, insieme a Congo e Camerun, ha lavorato su opzioni per la creazione di una valuta regionale indipendente anche, almeno in un  primo momento, per la circolazione non in contanti.

 

Il rapporto fra questa Repubblica e la Russia si è sviluppato dal 2015 con 10 progetti fra i quali il più importante quello per  l’energia idroelettrica per un Paese che dispone di risorse idriche colossali di cui vengoono utilizzate per non più del 15%.

 

 I progetti congiunti riguardano anche l’industria mineraria, la lavorazione del legno e delle materie prime agricole, lo sviluppo della coltivazione del cotone e il trasporto fluviale e ferroviaria oltre all’assistenza per la formazione del personale  sanitario, industriale e militare.

 

La presenza russa in questa Repubblica  e in altri Paesi del Continente preoccupa l’Occidente che non solo esercita pressioni, ma anche imposto sanzioni soprattutto per la ventilata presenza di una base militare russa.

 

L’ambasciatore della Repubblica Centrafricana a Mosca ha dichiarato “Qui potrebbero esserci da 5000 a 10 soldati. Inoltre, potrebbero, se necessario, essere utilizzati in altri paesi della regione. Quando il capo del parlamento della Repubblica Centrafricana, Simplis Sarandji, ha visitato la Federazione Russa (nell’ottobre dello scorso anno, ndr), ha confermato alla parte russa che abbiamo bisogno di un tale progetto”.

 

 

Osservando che non senza l’aiuto di forze esterne nella repubblica è quasi impossibile controllare terroristi islamici infiltrati  e contrabbandieri “interessanti depositi di materie prime, in particolare oro e diamanti”. Di conseguenza, le materie prime, secondo l’ambasciatore vengono “saccheggiate in volumi crescenti” ed esportate , inoltre dal paese da parte di aziende francesi.

 

“La presenza di istruttori militari russi nella Repubblica Centrafricana (dal 2018, ndr) – ha concluso- ha permesso al nostro Paese di diventare il primo in Africa che è riuscito a resistere alla presenza militare francese”.

 

Su insistenza delle autorità della Repubblica gli ultimi 130 militari francesi hanno lasciato il Paese a metà dicembre 2022 , ma  anche il Mali nell’Africa occidentale e il Burkina Faso (ex Alto Volta) hanno ottenuto il ritiro delle basi militari francesi.

 

Basi Francesi  sono ancora presenti nel Gabon e nelle ex colonie francesi della Costa d’Avorio, Niger, Senegal e Gibuti. Nel dicembre 2020, la Russia ha inviato alla Repubblica Centrafricana  altri 300 istruttori militari, su richiesta delle sue autorità.

 

Gli esperti americani del Carnegie Moscow Center sottolineano che “gli specialisti militari russi stanno aiutando il governo della Repubblica Centrafricana a mettere in ordine le proprie forze armate e lo stanno facendo con il sostegno delle Nazioni Unite. La loro presenza ha contribuito a stabilizzare la situazione e ha rafforzato la posizione del governo centrale del Paese”.

 

Indubbiamente il governo della RCA teme una reazione della Francia anche i in termini militari e la presenza di Mosca dovrebbe avere un effetto dissuasivo.  Ricordiamo che la Francia effettua spesso tali interventi come nella sua “ex” colonia Costa d’Avorio, Ciad, Mali e negli anni ’60 – ’80 in Gabon, Burkina Faso (ex Alto Volta), Benin (ex Dahomey), Repubblica delle Comore.

 

La base militare sovietica nella Repubblica Centrafricana fu proposta anche dal suo presidente, un ex ufficiale (capitano) dell’esercito francese, un buongustaio cannibalista Jean-Bedel Bokassa, che divenne imperatore centrafricano dal 1977 fino a quando fu rovesciato dalle forze speciali francesi  nel 1979.

 

Il sanguinario dittatore fece visite di più giorni in URSS nel 1970 e nel 1973 e delegazioni sovietiche si recarono nella RCA dall’inizio degli anni ’70, da lì in poi quasi ogni anno – fino alla prima metà degli anni ’80.

 

Bokassa si lamentò con la leadership sovietica del dominio militare ed economico dei francesi e suggerì che l’URSS “sostituisse” le basi militari francesi con basi militari sovietiche  vicino alla capitale Bangui e al confine con il Ciad, promettendo a Mosca condizioni favorevoli per lo sviluppo dell’estrazione di diamanti, oro, uranio e rame.

 

Il Cremlino, allora, considerò queste proposte suggerite da Parigi per testare la prontezza dell’URSS ad “invadere” la zona controllata dai francesi. Bokassa quindi non insistette nella sua proposta praticamente rassicurando Parigi sulle sue intenzioni.

 

Come riportato dai media francesi allora, prevalse l’interesse di Parigi a “proteggere” le sue ex colonie a sud del Sahara in accordo con  Stati Uniti e Gran Bretagna. Inoltre allora  la cooperazione con l’URSS con la maggior parte di queste colonie (Benin, Guinea, Mali, Alto Volta, Congo, Madagascar) non prevedeva il loro “rifiuto” del controllo Francese.

 

Secondo alcune fonti dell’intelligence locale, molti immigrati clandestini antifrancesi furono anche indirettamente finanziati dagli “alleati” occidentali della Francia, una strategia che è stata confermata anche dal fatto che Washington e Londra non hanno invitato – fino ad oggi – Parigi al loro comando congiunto nel bacino dell’Oceano Indiano.

 

Di conseguenza, le truppe francesi non sono incluse nella base militare statunitense-britannica stabilita alla fine degli anni ’60 nell’arcipelago britannico di Chagos nel mezzo dell’Oceano Indiano, sebbene la Francia abbia ancora numerosi possedimenti in questo bacino.

 

È anche caratteristico il fatto che nelle ex colonie francesi solo in Congo esistesse un Partito Comunista filo-sovietico (“Partito del Lavoro”) al governo, mentre nel resto non esistevano affatto tali partiti. E nessuno di questi paesi, sviluppando l’amicizia con l’URSS, ha pianificato di ritirarsi dalle zone del franco francese dell’Africa occidentale e centrale create a cavallo degli anni ’50 / ’60, che sono effettivamente regolate dal Tesoro francese fino ad oggi.

 

Alcuni esperti allora sostennero anche che ci fosse un tacito accordo tra Mosca e Parigi per una sorta di contrasto a Washington e Londra negli stessi paesi “ex francesi”. Ipotesi attendibile considerando i trascorsi della politica estera di De Gaulle.

 

Oggi le condizioni e gli assetti globali sono cambiati e l’iniziativa di Mosca oggi non ha nulla a che vedere  con l’influenza esercitata dal’URSS nei Paesi africani, in funzione apparentemente, anticolonialista, ma inserita nel quadro dei rapporti di forza nel corso della Guerra Fredda.

 

L’influenza dell’Occidente sull’Africa appare comunque indebolita   tanto che qualche mese fa Biden ha convocato urgentemente a Washington un meeting con i governati più fedeli dei Paesi africani, alla presenza di esponenti di potenti multinazionali, promettendo investimenti e sostegno finanziario.

 

Un gioco che tuttavia dovrà tener conto della Cina, il convitato di pietra potrebbe avere l’intenzione di surclassare i due contendenti.

Gielle

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