Politica

Brunetta si promuove: “La mia riforma è una svolta per lo Stato”

“Se si sta appiccicati con gli occhi a pochi centimetri da un dipinto, si finisce per perdere di vista il quadro e, inevitabilmente, deformare il particolare osservato. Questo è il torto che Carlo Cottarelli fa non solo a quanto il mio ministero con tutto il governo ha prodotto e sta producendo per dare forma a una vera e propria rivoluzione, sia pure gentile, della pubblica amministrazione. Fa un torto a se stesso.Comunque sia lo ringrazio. Non posso tuttavia non contestare il suo approccio riduzionistico: si limita a commentare una parte, minima, senza considerare il tutto. E così facendo travisa, allo stesso tempo, il frammento e l’insieme”. E’ quanto scrive il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, in un intervento pubblicato dal quotidiano La Stampa.
“Cottarelli dimentica innanzitutto un passaggio fondamentale – afferma – il 10 marzo, assieme al presidente Draghi, abbiamo siglato con i sindacati il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale. Tra i punti dell’accordo ci sono proprio la valorizzazione della contrattazione decentrata per la valutazione della produttività, la revisione delle progressioni di carriera e la rivisitazione degli ordinamenti del personale per adeguare la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze, nonché il riconoscimento della formazione come ‘diritto soggettivo’ del dipendente pubblico”. Brunetta ricorda che “quel Patto è la cornice che ha inaugurato la stagione dei rinnovi contrattuali, linfa vitale per il cambiamento della P.A. La materia in cui Cottarelli ci rimprovera di non aver fatto abbastanza è regolata dai contratti collettivi di lavoro più che dalle norme. E’ talmente vero che la mia riforma del 2009, quella che cita positivamente per aver introdotto in Italia il ‘ciclo della performance’ e i premi di produttività, è rimasta in parte inattuata proprio a causa del blocco della contrattazione, dovuto alla crisi finanziaria.
Richiamando la legge 150/2009, Cottarelli ammette che le norme già ci sono: scritte e mai abrogate, recepite peraltro in diversi contratti”. L’esponente di governo sottolinea che per questo “nel Pnrr abbiamo deciso di imboccare la strada che ci sembrava più giusta ed efficace: fare tesoro di ciò che abbiamo imparato in questi anni e lavorare sull’ultimo miglio, per rimuovere i colli di bottiglia che hanno lasciato inattuate quelle norme. La nostra diagnosi – suffragata sia dal gruppo di lavoro di cui ha fatto parte lo stesso Cottarelli, sia dalla ‘Commissione tecnica per la performance’ – è stata lucida: finché le amministrazioni pubbliche non avranno una misurazione più chiara di cosa e quanto producono, ancorare la valutazione dei singoli a misure di risultato finisce con il generare indicatori di processo molto modesti. Memori dell’esperienza precedente, abbiamo allora deciso di partire dalla misurazione di quello che una amministrazione produce, o dovrebbe produrre, ossia di uscire dall’autoreferenzialità dell’azione amministrativa per guardare a cosa succede realmente ai cittadini, alle famiglie e alle imprese. Allineare i sistemi di valutazione individuale alle performance organizzative, poggiando su dati di realtà più solidi e significativi: questo è l’ultimo miglio”.

Dopo il Patto Governo-sindacati del 10 marzo e dopo il riavvio dei tavoli per i rinnovi dei contratti “abbiamo approvato quattro riforme fondamentali per la P.A. con tre decreti – aggiunge – la digitalizzazione e lo sblocco dei concorsi pubblici, la governance del Pnrr e le semplificazioni per rendere fluide le procedure amministrative, le modalità per il reclutamento del personale che lavorerà ai progetti del Piano e nuove regole sulle carriere. Non esattamente le sei righe e mezza del Pnrr citate da Cottarelli, ma il più grande piano di investimento sul capitale umano pubblico nella storia della Repubblica. Indispensabile anche perché, tra le assunzioni a tempo indeterminato per il ripristino del turnover al 100% e quelle a tempo determinato legate al Next Generation Eu, stimiamo dai 100mila ai 150mila ingressi nella pubblica amministrazione nel prossimo quinquennio”.

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