Lunedì 6 gennaio il primo ministro canadese Justin Trudeau ha annunciato ai giornalisti le sue dimissioni dalla sua residenza a Ottawa. Il 53enne, icona del moderno movimento progressista, ha annunciato che si sarebbe dimesso dall’incarico dopo aver perso il sostegno sia degli elettori canadesi e di esponenti del suo stesso partito liberale, sulla via della sconfitta alle elezioni nazionali di ottobre.
Trudeau era salutato come una figura d’avanguardia nella politica internazionale, ambientalista, femminista e sostenitore dei diritti dei rifugiati e degli indigeni, era diventato un leone liberale nel mondo occidentale quando fu eletto alla fine del 2015.
Ma già nel 2017, sulla sua immagine pesavano un numero crescente di scandali e controversie attenuati dai problemi della pandemia Covid in corso. Nelle successive elezioni del 2019 e del 2021, i liberali persero seggi in Parlamento e Trudeau fogoverni di minoranza che facevano affidamento sul sostegno di un partito di opposizione di sinistra.
Infatti senza una maggioranza in Parlamento I liberali di Trudeau erano sostenuti dal New Democratic Party (NDP), ma questa alleanza si è andata lentamente sgretolando e il leader dell’NDP Jagmeet Singh il mese scorso ha dichiarato che il suo partito voterà per far cadere il governo di Trudeau con gli altri partiti di opposizione. Così Trudeau ha tirato i remi in barca convinto ormai che il suo partito non vincerà le elezioni di quest’anno.
La sua caduta ha immediatamente eccitato le fantasie megalomiche di Trump il quale sul social ha dichiarato pubblicamente che “molte persone in Canada vorrebbero essere il 51° stato. Gli Stati Uniti non possono più sopportare l’enorme disavanzo commerciale e i sussidi di cui il Canada ha bisogno per rimanere a galla. Justin Trudeau lo ha capito e si è dimesso”.
E già che c’è delinea i vantaggi che il Canada avrebbe se si unisse agli Stati Uniti
“Non ci sarebbero dazi, le tasse scenderebbero e sarebbero completamente sicuri dalle minacce delle navi russe e cinesi che, costantemente, li circondano. Insieme saremmo una grande nazione”.
Secondo il neopresidente eletto, le tasse per i cittadini canadesi sono decisamente troppo alte ma, diventando il 51° Stato degli USA, verrebbero tagliate di oltre il 60%. Il volume d’affari delle attività, inoltre, raddoppierebbe immediatamente.
Non è la prima volta che Trump considera l’ipotesi di far diventare il Canada parte degli Stati Uniti. A dicembre aveva affermato che “molti canadesi” fossero per la fusione, ma come al solito mente spudoratamente poiché un recente sondaggio indica che questa percentuale si aggira solo intorno al 13% dei canadesi.
In ogni caso la ministra degli Ester Esteri Melanie Jolie ha subito risposto alle minacce di dazi da parte del Tycoon presidente scrivendo su X che non “farà nessun passo indietro. Le dichiarazioni del presidente eletto Trump dimostrano una totale incomprensione di ciò che rende il Canada un paese forte. Non ci arrenderemo mai di fronte alle minacce“, aggiungendo “Mai e poi mai il Canada farà parte degli Stati Uniti”.
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